Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Giuseppe Graviano

• Palermo 30 settembre 1963. Mafioso, reggente dal 91 del mandamento di Brancaccio, quartiere alla periferia di Palermo.
• Soprannominato “Madre natura”.
• Dopo l’arresto di Totò Riina fu tra i mafiosi (Leoluca Bagarella in testa) che decisero di perseverare nella strategia stragista.
• In carcere dal 27 gennaio 1994, al 41 bis dall’8 marzo successivo. Latitante, fu arrestato insieme al fratello a Milano dai carabinieri del Nucleo operativo di Palermo nella trattoria “Da Gigi il cacciatore”.
• Condannato fin dal 2001 all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio, negli anni, a mano a mano che subiva altre condanne all’ergastolo (per strage e omicidio), veniva sanzionato ulteriormente con qualche mese di isolamento diurno.
• Riconosciuto dai giudici facente parte della commissione provinciale di Cosa Nostra, è stato condannato come mandante delle stragi di Capaci e via D’Amelio del 92 (sentenze definitive nel 2003), e come responsabile della fase operativa nelle stragi di Roma (piazza San Giovanni e San Giorgio al Velabro), Firenze (via dei Georgofili) e Milano (via Palestro), avvenute nella primavera-estate del 93 (sentenza definitiva nel 2002). Per tutte le stragi fu accertata la partecipazione alla fase esecutiva di uomini di sua fiducia.
• Nel 2002 è stato condannato in via definitiva a 28 anni di reclusione per concorso (con Salvatore Riina, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella), nel tentato omicidio del vicequestore Calogero Germanà, dirigente del Commissariato di Polizia di Stato di Mazara del Vallo (fatto commesso sul lungomare Fata Morgana, in Mazara del Vallo il 14 settembre del 1992). In questo caso il Graviano fece parte del commando, ma l’attentato non riuscì, in parte perché il Germanà, che guidava una Fiat Panda bianca, quando fu affiancato dalla Fiat Punto azzurra dei killer, riuscì a schivare i colpi e sparò a sua volta dopo essere sceso dall’auto, in parte perché il mitragliatore, imbracciato proprio dal Graviano, s’inceppò.
• Secondo il pentito Salvatore Grigoli (già sicario alle sue dipendenze), organizzò il sequestro del bambino Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino Di Matteo (vedi scheda) mandando i suoi uomini vestiti da poliziotti a prelevarlo nel maneggio dove andava a lezione di equitazione. Gli fecero credere di essere venuti per portarlo dal padre e invece lo fecero scendere per l’ultima volta dal suo cavallo, un purosangue di 35 milioni di lire, che gli aveva regalato proprio il Graviano.
• Come il fratello Filippo, fu condannato come mandante dell’omicidio di don Giuseppe Puglisi (vedi GRAVIANO Filippo). Anche lui indagato nel procedimento “Sistemi criminali”, con l’accusa di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico, mirata a ottenere la secessione della Sicilia e di altre regioni meridionali dal resto d’Italia (reato di cui all’art. 270 bis codice penale). Procedimento archiviato (vedi scheda del fratello), ma le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza confermerebbero che il progetto neo-secessionista sarebbe stato solo sospeso per via delle intese col nuovo referente politico (Forza Italia): «Nel 1994, al bar Doney di Via Veneto a Roma, incontrai il boss Giuseppe Graviano. Mi fece i nomi di Berlusconi e Dell’Utri. Aggiunse che grazie alla serietà di queste persone, ci avevano messo il Paese nelle mani» (udienza del 4 dicembre 2009, processo di appello nei confronti del Senatore Marcello Dell’Utri). In videoconferenza dal carcere di Opera, il 12 dicembre 2009, «Giuseppe Graviano non parla “perché il mio stato di salute non mi consente di rispondere all’interrogatorio”. Però fa sapere: “Quando potrò informerò la Corte”. È il messaggio. È il silenzio che diffonde la minaccia e la paura. Come quell’altro messaggio che aveva voluto lanciare ai magistrati di Firenze, che lo interrogavano sulle stragi: “Io sono disposto a parlare... io sono disposto a fare confronti... se noi dobbiamo scoprire la verità io posso dare una mano d’aiuto. Io dico che uscirà fuori la verità delle cose. Trovate i veri colpevoli. Si parla sempre di colletti bianchi, colletti grigi, colletti... e sono sempre innocenti questi... ve la faccio dire io da chi sa la verità”» (Attilio Bolzoni).
• Il gratuito patrocinio, a cui fu ammesso nel 2003 e nel 2005, gli fu revocato in seguito alle indagini che provarono l’effettiva disponibilità di capitali. Avendo falsamente dichiarato di essere nullatenente, nel 2008 fu condannato a un anno e quattro mesi per tentata truffa e falsa dichiarazione.
• Durante la detenzione si è diplomato in Ragioneria e iscritto all’Università (Biologia molecolare). Con Sergio D’Elia e Maurizio Turco, che gli andarono a fare visita in carcere nel 2002, si lamentò del fatto che la media dei voti si era abbassata a causa dello scarso rendimento in inglese e in informatica (dovuto alla privazione di walkman e computer in carcere).
• Sposato, avrebbe continuato a fare figli anche dopo la carcerazione, ricorrendo all’inseminazione artificiale (dunque facendo uscire il proprio seme dal carcere). (a cura di Paola Bellone).