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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Pietro Grasso

• Licata (Agrigento) 1 gennaio 1945. Ex magistrato. Dal 16 marzo 2013 presidente del Senato. Nel febbraio 2014, nonostante il voto contrario del Consiglio di presidenza, decide di far costituire parte civile il Senato al processo per la compravendita dei senatori da parte del centrodestra ai tempi del governo Prodi in cui sono imputati Silvio Berlusconi, l’ex parlamentare Sergio De Gregorio e il faccendiere Walter Lavitola. «Per 43 anni sono stato magistrato, quindi ho particolarmente a cuore i temi della Giustizia: nella mia nuova veste, con altri mezzi, continuo a perseguire gli stessi obiettivi di legalità e verità. Il giorno dell’approvazione in Senato della legge sul voto di scambio politico-mafioso, essenziale per combattere la criminalità organizzata e i suoi rapporti con la politica, è stato per me davvero emozionante». Dal 2005 al 2012 superprocuratore antimafia. «Ho sempre rappresentato l’organizzazione mafiosa con l’immagine dei cerchi concentrici. C’è una cellula originaria di persone organicamente inserite, che hanno fatto il giuramento con tutte le regole, i rituali, i santini e tutto quello che sappiamo. Queste persone, tutte di sesso maschile, vengono definite con parole non scelte a caso, “la stessa cosa”, per indicare appunto che sono legate da un vincolo indissolubile».
• Nel 2012 ha condotto su Rai Storia Lezioni di Mafia, un progetto di educazione alla legalità in cui spiegava tutti i segreti di Cosa Nostra.
• In vista delle elezioni politiche del 2013, si candida nelle liste del Pd e si dimette dalla magistratura. Il 16 marzo 2013 viene eletto presidente del Senato. Come prima cosa, assieme al presidente della Camera Laura Boldrini, si è ridotto lo stipendio del 30 per cento. Da lui il nome “metodo grasso”. «La sera mi sono addormentato Pietro e il mattino seguente, leggendo i giornali, mi sono svegliato “metodo”» [Lirio Abate, Esp 22/3/2013].
• Pietro (Piero per gli amici) «per caso è nato a Licata (“mi considero però palermitano al cento per cento”); tutto il resto lo ha fatto per scelta. A cominciare dalla carriera in magistratura a discapito di quella di calciatore. Pietro Grasso da ragazzino giocava a pallone, tre allenamenti settimanali, la riunione del sabato e la partita domenicale. Un po’ troppo impegnativo per essere solo un hobby. Gli studi ginnasiali cominciavano a risentirne. E a un certo punto il padre gli chiese di prendere una decisione: “Se pensi di poter diventare un campione allora chiudi i libri, mi disse, altrimenti butta via il pallone. Non ebbi alcun dubbio giacché sapevo sin da bambino di voler fare il magistrato”» (Francesco Caruso). Giocava da centrocampista nella Bacigalupo (vedi Marcello Dell’Utri).
• In magistratura dal 1969, a Palermo dal 1972 come sostituto procuratore, nell’89 fece parte della Commissione parlamentare di inchiesta sulla mafia. Amico e stretto collaboratore di Falcone, lo affiancò nel primo maxi processo. Fino al 1999 vice di Vigna alla Procura nazionale antimafia, fu nominato procuratore capo del Tribunale di Palermo al posto di Caselli. «Giudice a latere della Corte di Assise del più grande processo mai celebrato contro l’organizzazione criminale chiamata Cosa Nostra. Quando entrò nell’aula bunker gli mancò il respiro. “Ho sentito un nodo alla gola. L’emozione è durata solo un istante”. Si stava processando per la prima volta la mafia. Pietro Grasso aveva allora 41 anni, aveva lo stesso sguardo un po’ romantico, la stessa quiete che qualcuno, a volte e a torto, ha scambiato per debolezza o peggio per rinuncia. Era il 10 febbraio dell’86» (Attilio Bolzoni).
• «Sono fatalista. Se non avessi trovato un posto sull’aereo Roma-Palermo venerdì 22 maggio 1992, il giorno dopo sarei volato in Sicilia con Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Stesso aereo, stessa auto...» (da un’intervista di Giuseppe D’Avanzo).
• Dietro la cattura di Bernardo Provenzano, nel 2006, ci sono anche anni di sue indagini.
• Nel 2007 vivace scontro con Giancarlo Caselli, di cui nel 1999 aveva preso il posto a Palermo. Nel libro Pizzini, veleni e cicoria, la mafia prima e dopo Provenzano (Feltrinelli, scritto con Francesco La Licata) ha descritto la struttura interna della mafia senza ignorare la «rissosità interna all’ambiente dell’antimafia, la volontà di esaltare i propri risultati a discapito di quelli ottenuti da altri (...) Cos’altro può portare (...) a sostenere che la cattura di Bernardo Provenzano sia poca cosa, e che la vicenda sia stata utilizzata come una “colossale arma di distrazione di massa” per spostare l’attenzione dalla “vera lotta alla mafia”, che non si capisce a questo punto quale sia?». Giovanni Bianconi: «I suoi riferimenti sono fin troppo espliciti, e si rivolgono proprio a quei magistrati definiti “caselliani” che durante la sua gestione si lamentavano di come lui governava l’ufficio».
• Scontri anche col procuratore di Palermo Francesco Messineo che aveva suddiviso le inchieste sugli uomini d’onore tra sette procuratori aggiunti. Antonio Ingroia (pm tra i più vicini a Caselli): «Durante la gestione Grasso c’è stato un clima difficile, segnato da spaccature interne che non c’erano prima e non ci sono dopo. Spaccature accompagnate da una fortissima scelta di centralizzazione di processi importanti nelle mani di pochi magistrati e dalla mancanza di circolazione di notizie all’interno dell’ufficio».
• L’inchiesta su Salvatore Cuffaro conclusa poi con una condanna a cinque anni in primo grado, partì da lui che la orientò subito in direzione del favoreggiamento alla mafia (che i giudici però negarono in quanto favoreggiamento all’intera organizzazione).
• Polemiche quando nel 2010, alla ricorrenza della strage di Via dei Georgofili a Firenze (1994), dichiarò ai parenti delle vittime che la mafia aveva messo le bombe per «agevolare l’avvento di nuove realtà politiche che potessero esaudire le sue richieste». Accusato di aver alluso a Forza Italia e a Berlusconi, dichiarò di essere stato frainteso.
• Sposato dal 1970 con Maria, insegnante. Padre di Maurilio, vicecapo della squadra mobile di Padova. Un nipote, Riccardo.
• Ha attaccato la fiction L’ultimo dei Corleonesi, in quanto a suo dire i vari Navarra, Liggio, Riina, Provenzano ne uscirebbero mitizzati. Critiche anche a Prodi e Berlusconi «che hanno cancellato la parola mafia dai programmi di governo».
• Tifa per il Palermo.
• Il suo sogno: «Tenere un nipotino sulle ginocchia e cominciare una storia di mafia dicendo: “C’era una volta la mafia”...».