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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Erminia Giuliano

• Napoli 31 dicembre 1955. Camorrista, reggente del clan omonimo dopo che erano finiti in carcere i fratelli Luigi, Salvatore e Carmine (Nunzio, il primogenito, ucciso nel 2005, si era dissociato nel 1989). Detenuta nel carcere di Rebibbia dal 23 dicembre 2000, al 41 bis dal maggio 2002. Condannata in primo grado il 19 aprile 2006 a dieci anni di reclusione, per associazione camorristica, nel ruolo di capo del clan Giuliano (l’accusa aveva chiesto quindici anni).
• Detta “Celeste” per il colore degli occhi.
• Capelli tinti biondo platino, quando fu arrestata (a casa della figlia, a Forcella, dove viveva), la sua prima preoccupazione fu chiedere ai carabinieri, che l’accontentarono, di poter chiamare il suo parrucchiere per farsi pettinare. La trovarono nascosta dentro un cunicolo ricavato dietro la colonna del forno della cucina, con indosso una tuta leopardata attillata.
• «Gestiva gli indotti economici e legali del clan. Nel 2004 furono confiscati ai Giuliano i beni nati dall’attività imprenditoriale, ventotto milioni di euro, il vero polmone economico del clan. Avevano un insieme di catene di negozi, a Napoli e provincia, e un’azienda titolare di un marchio divenuto notissimo, attraverso l’abilità d’impresa e la protezione militare ed economica del clan. Un marchio che ha una rete in franchising composta da cinquantasei punti vendita in Italia e a Tokyo, Bucarest, Lisbona e Tunisi» (Roberto Saviano).
• Ultime Sposata con Giuseppe Roberti (detto “capa vacante”, testa vuota), a dire del fratello Luigi, aveva come amante Patrizio Bosti (vedi). Luigi lo ha dichiarato agli inquirenti nel 2010, quando ha svelato i responsabili dell’omicidio di Nicola Gatti, ucciso nel 93 all’età di 17 anni, colpevole di avere fatto l’amore con entrambe le figlie di Celeste (Gemma e Milena), invece di proteggerle, come gli avevano detto di fare (secondo l’ordinanza di custodia cautelare, padre, fratello e zio delle svergognate, lo invitarono a fare un giro in motoscafo, ma una volta al largo lo colpirono più e più volte al capo finché non lo stordirono, quindi lo assicurarono a un’ancora e lo gettarono in mare). Luigi, nel dichiarare agli inquirenti che Giuseppe Roberti aveva chiesto anche a lui di eseguire l’omicidio, raccontava anche delle corna che gli faceva la sorella: «Già nel 1984 mia sorella Celeste divenne l’amante di Bosti Patrizio; io lo venni a sapere, ne parlai nella mia famiglia e tutti mi dissero che io ero pazzo a dire una cosa del genere, che si trattava, da parte mia, di un’insinuazione calunniosa, perché non era possibile questo fatto. Celeste giurava che non era vero; ma poi il tempo mi ha dato ragione. In pratica io non mi fidavo né di lui nè di mia sorella. Quanto a lui Giuseppe, si trattava di un confidente dei carabinieri, poi faceva trovare le armi alla polizia, facendo arrestare gente innocente; poi si è fatto i miliardi. Insomma, quando vedevo lui e la moglie, cioè mia sorella, mi veniva voglia di fuggire, perché per me loro due erano la stessa cosa. Insomma, lui mi diceva che, a causa di quel ragazzo, era entrato il disonore a casa sua, ma io pensai che lui, l’onore, non lo aveva mai avuto, proprio a causa di quello che ora ho raccontato a proposito di sua moglie» (Il Mattino) (a cura di Paola Bellone).