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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Luciano Gaucci

• Roma 28 dicembre 1939 – Santo Domingo 1 febbraio 2020. Imprenditore. «Guidare una squadra di calcio è come fare l’amore: sono capaci quasi tutti».
• Figlio di piccoli proprietari terrieri, primi soldi con il business dei cavalli, li reinvestì in un’impresa di pulizie battezzata La Milanese («dà un’idea di efficienza») ma con sede a Roma: «Un appalto dopo l’altro, l’aziendina arriva a tremila dipendenti e produce abbastanza utili per consentire a Gauccione di tentare la scalata al mondo del calcio» (Alessandro Gilioli).
• Già socio della Roma di Dino Viola, grazie all’appoggio della Banca di Roma (poi Capitalia e infine Unicredit) comprò il Perugia, il Catania ecc. segnalandosi per «l’allenatore femmina (Carolina Morace, poi cacciata come un uomo qualsiasi), il fantasista giapponese (Nakata, però bravo), lo stopper iraniano (Rezaei), il figlio di Gheddafi, persino la promessa di ingaggiare una donna come numero nove del Perugia, una “centravanta” che i regolamenti non avrebbero ammesso, al contrario della vena provocatoria di Gaucci, sempre eccessivo, sovente ridicolo, a volte profetico. Prima di darsi alla macchia, il faraone di Perugia ne ha combinate di tutti i colori. Ha vinto un “Arc de Triomphe” con Toni Bin (i cavalli e il ciclismo le sue grandi passioni, a parte il sushi di allenatore). Si è messo con una compagna di scuola del figlio, la biondissima Elisabetta, la Betti (vedi TULLIANI Elisabetta - ndr). Ha sostenuto la campagna elettorale di George W. Bush appendendo surreali striscioni negli stadi di Perugia e Viterbo (“George Bush for president”) e ottenendo in cambio una lettera del collega (“Dear Luciano, il mio cuore è pieno di gioia”) più un invito a cena alla Casa Bianca, lui, la Betti e Anthony Scalia, capo della Corte Suprema, il quale non poteva immaginare di dividere il desco con un famoso, futuro bancarottiere. Nel 2003 Luciano Gaucci è stato protagonista della più lunga serie di ricorsi che la storia del pallone ricordi. Alla fine ottenne che il pilatesco governo del calcio intruppasse una serie A con venti squadre e una B con ventidue solo per fare posto a lui e al suo Catania» (Maurizio Crosetti).
• Nel febbraio del 2006 i figli Alessandro (Roma 20 febbraio 1973) e Riccardo (Roma 3 dicembre 1976) furono arrestati con altre cinque persone per il fallimento del Perugia. Gaucci sr., già a Santo Domingo, evitò l’arresto. Il 24 marzo 2007 i tre Gaucci e altre sette persone sono stati rinviati a giudizio per reati tributari, truffa, bancarotta fraudolenta, favoreggiamento, riciclaggio e diffamazione a mezzo stampa (il crac è stimato in oltre cento milioni di euro). Latitante a Santo Domingo (dove si fidanzò con una donna più giovane di 42 anni e aprì un’azienda) dopo che nei suoi confronti era stato chiesto l’arresto per bancarotta fraudolenta, nel novembre 2008 ottenne dal gup del Tribunale di Perugia, Paolo Micheli (con il parere favorevole del pubblico ministero Antonella Duchini ) la revoca l’ordinanza di custodia cautelare in nel marzo successivo rientrò in Italia. Ha patteggiato tre anni di reclusione (coperti da indulto), mentre i figli un anno e otto mesi ciascuno.
• Trascorse la latitanza in «un buen retiro, nella villetta numero 23, color pastello, a due piani, nella lottizzazione di Bavaro Beach, a 20 chilometri da Punta Cana, sulla parte orientale dell’isola» (Michele Focarete) [Cds 13/9/2012].
• In collegamento telefonico da Santo Domingo, a Chiambretti Night disse: «Con Calciopoli hanno dato solo una spolveratina ma c’era tanta immondizia che non è stata spostata. Hanno colpito solo gente come me, i grandi sono ancora al loro posto».
• Nel 2006 una richiesta di danni per 75 milioni alla famiglia Geronzi: oltre 51 milioni per danni morali, il resto come restituzione di denari e beni a suo dire estorti dal banchiere romano: un quadro di Guttuso (1 milione di euro), due di Campigli (1 milione e mezzo), uno di Carra (1 milione), un Rolex d’oro (25 mila euro), gioielli per 745 mila euro, una fontana dell’Ottocento (50 mila euro), due statue d’epoca (50 mila euro) ecc. Il ricordo di Cesare Geronzi: «Ho conosciuto Luciano Gaucci nel 1986, 1987. Ero direttore generale della Cassa di Risparmio di Roma, telefonò Andreotti e mi disse: ”Ricevilo, è persona rozza ma intelligente”. Era titolare di un’impresa di pulizia e lo introdussi agli uffici del credito. Megalomane, invadente, Gaucci presto mi considerò suo amico, del tutto unilateralmente. Iniziò, e non perché glie lo avessi chiesto, ad omaggiarmi ogni Natale e Pasqua di cibo, vini e generi alimentari» (Rep).
• I suoi rapporti con la Libia non si limitarono alla presenza di Gheddafi nel Perugia: attraverso la libica Ubae si fece finanziare una società, concedendo ai libici un pegno sul 100% del capitale societario, e l’acquisto di un appartamento a Roma.
• Tra le sue proprietà una casa in via Erode Attico, nel parco dell’Appia Antica, a Roma, il cui ampliamento fu giudicato abusivo e abbattuto (Rosaria Maria Spadaccino) [Cds 12/8/2009].
• Finita la relazione con la Tulliani, ha avviato un contenzioso legale per alcune proprietà immobiliari (cinque appartamenti a Roma, tra cui tre a Via Veneto), gioielli, quadri (tra cui un De Chirico e un Guttuso) e una vincita dell’Enalotto da 2 miliardi e 204 milioni di lire, tutti bei che Gaiucci sostiene di aver affidato ai Tulliani perché non finisse nelle mani del Fisco e dei creditori. Nell’aprile 2013 il Tribunale civile di Roma ha dato torto a Gaucci, stabilendo che non ci sono prove, non avendo Gaucci «depositato alcun documento» che attesti l’assegnazione dei beni per evitare guai giudiziari.
• «Elisabetta non aveva né proprietà né redditi… Le ho dato tutto io... Sia a lei che alla famiglia». «La schedina l’ho compilata e l’ho giocata io, ho vinto 2 miliardi e 400 milioni di lire e, siccome sono generoso ed ero perso d’amore, le ho regalato la metà della vincita». Sostenne di essersi adoperato anche per il fratello di lei, Giancarlo (quallo della casa a Montecarlo, vedi Gianfranco Fini): «L’ho nominato presidente della Viterbese e oggi mi piacerebbe andare a rivedere i bilanci di allora, le compravendite dei giocatori... Era un furbetto, ma io non ero un cretino». Ancora sui Tulliani: «Ti innamoravi di Elisabetta, e prendevi anche il fratello. Gli ho comprato la Porsche. E al padre una Bmw. Poi ho capito che lei mi tradiva. Ma io li rovino, ’sti morti di fame...» (Aldo Cazzullo) [Cds 17/8/2010].
• Nel libro Latitante ai tropici (Armando Curcio editore, 2009) racconta come è nato l’amore tra Fini e la Tulliani. Mentre lui era a spasso per Roma con lei, Fini «attraversò via del Corso, fermandosi quasi al centro della carreggiata per salutarci e abbracciarci. Meglio, per abbracciare lei! Le macchine suonavano all’impazzata i clacson, i due però non si facevano infastidire da niente». «L’ho presentata io a Fini, che è un mio amico. Siamo stati insieme anche alla festa del centenario della Lazio nel 2000. Eravamo seduti vicini, io, Elisabetta, Gianfranco e Daniela Fini».
• Dal 23 febbraio 2009 sposato con Yayaira, ex croupier, da cui ha avuto due figli: Christian e Beatrice.
• Quando si presentò con la moglie dominicana alla Questura di Roma per regolarizzare la signora provò a saltare la coda. «Alza un braccio e fa un cenno a uno dei militari che presidiano le file. Da lontano gli mostra un paio di banconote da cinquanta euro. Quando l’ufficiale lo raggiunge, gliene mette in mano una, convinto che sia sufficiente per avere una corsia preferenziale. Cinquanta euro per il disturbo . La versione da ricchi della fila all’italiana. E invece il giovane caporale, Ciro Nazario, rifiuta la micro mazzetta e denuncia l’improbabile tentativo di corruzione» (Il Fatto Quotidiano).
• Appassionato di Mercedes, secondo il suo ex collaboratore Ermanno Pieroni, «perché avevano i tasconi laterali enormi e lì poteva sistemare pacchi di banconote con cui poi si ingraziava burocrati, ministeriali, uomini di sport».