30 maggio 2012
Tags : Rino Gattuso
Biografia di Rino Gattuso
• (Gennaro Ivan) Corigliano Schiavonea (Cosenza) 9 gennaio 1978. Ex calciatore. Allenatore. Con la Nazionale ha vinto i Mondiali del 2006, con il Milan due Champions League (2003, 2007), un Mondiale per club (2007), due scudetti (2004 e 2011) ecc. Cresciuto nel Perugia (con cui vinse gli scudetti Primavera del 1996 e 1997), ha giocato anche con la Salernitana e in Scozia con i Glasgow Rangers. Da ultimo nella squadra svizzera Sion, di cui è stato anche allenatore-giocatore nel 2013 (esonerato dopo poche partite). Nella stagione 2013/2014 ha allenato il Palermo in Serie B (esonerato dopo sei giornate). 14° nella classifica del Pallone d’oro 2006, 19° nel 2007.
• Figlio di Franco, maestro d’ascia come il nonno a Corigliano Schiavonea, nella provincia di Cosenza affacciata sul Mar Ionio, milanista sfegatato. «Per tutti papà era un falegname, ma nell’anima era un calciatore, e non certo un appassionato da salotto, di quelli tutti divano e televisione: era arrivato pure a giocare nella quarta divisione calabrese come centravanti di svariate formazioni della zona, ed è stato il mio primo maestro. Ricordo che un anno giocò nel Corigliano, rivale per eccellenza dello Schiavonea, la squadra per cui tifava mio nonno. Quando arrivò il giorno del derby, nonno si posizionò dietro alla porta e per tutta la partita non fece altro che insultare suo figlio, reo di giocare contro la squadra del suo paese: “Carne venduta” gli urlava, e poi si rivolgeva all’arbitro sbraitando: “Signor camicia nera, cacci fuori questa carne venduta”. Quante ne ha dovute subire papà, lui che giocava da attaccante, ma era grintoso come un terzino. Credo trovasse insopportabile il pensiero che il mio modello fosse Salvatore Bagni, che sul suo passato aveva la grossa macchia di aver giocato nell’Inter, e però a me piaceva da impazzire perché aveva un cuore grosso quanto un pallone, perché si caricava sul groppone la squadra, si assumeva le sue responsabilità. Tra i piedi e il cuore, poi, mi ero innamorato del modo in cui portava i calzettoni, sempre arrotolati sulle caviglie: oggi con le nuove regole non è più possibile».
• «Lasciai la famiglia a 13 anni, per fortuna i miei genitori mi fecero partire. Gaucci mi trattò bene, ma a quell’età è dura vivere lontano da casa. A 17 anni non giocavo, non avevo un contratto e scappai dalla finestra alle 3 di notte per andare a Glasgow. I primi mesi furono difficili: mi chiudevo in bagno a piangere, ma non volevo mollare».
• «Atterrò a Glasgow da Perugia, a 19 anni. Scappato, dissero quelli del clan Gaucci. C’era stata una trattativa di un mese e mezzo, prima. Contatti, chiamate, offerte telefoniche. Gennaro era del Perugia da diverso tempo, da quando aveva 12 anni e l’avevano preso direttamente da Schiavonea. L’anno dei Rangers fu il 1997: gli scozzesi se lo presero perché non aveva un contratto da professionista e costava due lire. A lui offrivano due miliardi in quattro anni. Caos e caso. L’Italia parlò di nuovo Bosman, di disastro, di scippo. Gaucci esagerò: “Abbiamo denunciato la scomparsa di Gattuso. Da due giorni non è a casa e non si presenta agli allenamenti. E noi abbiamo una responsabilità morale nei suoi confronti, perché vive in un appartamento messo a disposizione dalla società”. Se ci pensa adesso, Rino si fa una risata. Perché lui al centro di un affare internazionale è quasi una barzelletta. Si trascina un’autoironia che lo rende simpatico in una pletora di presuntuosi: “Il pallone d’oro a me? Vuol dire che è finito il calcio”. La fortuna è questa: piacere perché si è se stessi. Piacere perché non si è perfetti. La pubblicità fa a pugni per prenderselo: un integratore di sali minerali, le enciclopedie abbinate ai giornali, oppure una compagnia di telefonia mobile. “Francé, ma l’ammorbidente l’hai messo o no?”. È la vittoria dell’orgoglio umile e un po’ terrone. È il trionfo di chi vuol pensare che c’è sempre un’occasione per tutti: Gennaro dice di sé che ha imparato a migliorare. È la teoria del “mazzo tanto”, altro caposaldo del suo carattere e della carriera. “Sì, ma io l’ho imparato quando ho visto gente come Maldini che alla fine degli allenamenti si fermava a calciare i cross per migliorarli”. Però pure prima a Glasgow, un giorno che si trovò di fronte un avversario vent’anni più vecchio. Giocava contro l’Aberdeen: “Vidi di fronte a me uno di 37 anni. Dissi a me stesso: ‘sto vecchietto me lo mangio’. Passai un pomeriggio di inferno. La prima regola del calcio è non sentirsi mai superiori a nessuno”» (Beppe Di Corrado).
• «Detto Ringhio, ma il soprannome è già di troppo. Basta il cognome ormai, denso e sferzante come un insulto meridionale, a indicare le qualità di mastino faticatore antifighetto che albergano nei piedi e nel cuore di questo ragazzo di Calabria (oltretutto). Qualcosa del genere capitò a Benetti prima di lui, all’incirca nel suo ruolo» (Alberto Piccinini).
• Sull’arrivo al Milan: «Ricordo una foto sulla Gazzetta dello Sport e io indosso la mia maglietta Robe di Kappa. Peccato che il Milan avesse Adidas come sponsor tecnico: quelli dell’ufficio marketing mi fecero un mazzo così».
• Sull’addio al Milan: «Mi sentivo un gagliardetto. Tante volte mi sono sentito dire che ero importante per lo spogliatoio. Una volta va bene, due pure ma poi. Ero un gagliardetto, mancava solo che mi scambiassero con il capitano avversario».
• «Rivera resta la Gioconda del calcio, mentre io sono stato soltanto la brutta copia della Gioconda, di quelle che i vu cumpra’ vendono sulla spiaggia al mio paese».
• «Berlusconi l’ho votato. Come fai a non votarlo?».
• Si disse d’accordo con Bossi sul federalismo fiscale, pur precisando di non votare Lega.
• Ha manifestato apprezzamento per Angelino Alfano alla vigilia dell’addio di quest’ultimo al partito di Berlusconi.
• Il suo nome era circolato sia per il Milan del dopo Allegri che come possibile candidato del partito berlusconiano.
• Due libri: Se uno nasce quadrato non muore tondo (2007) e Il codice Gattuso (2008), entrambi editi da Rizzoli.
• «Il mio sogno da bambino era quello di fare il pescatore». Ha una pescheria in Calabria e una a Gallarate che rifornisce sia il centro di Milanello che il ristorante Da Giannino di Milano. Ha un ristorante in zona Certosa a Milano 3 jolie e uno a Montecarlo, Osteria del mare (sopra il locale abita la principessa Stefania).
• Ha dato vita alla Fondazione “Rino Gattuso Forza Ragazzi”. Nel 2008 la Commissione europea giudicò «inammissibile» l’erogazione di 500 mila euro di fondi alla stessa onlus.
• È stato testimonial della campagna pubblicitaria per la promozione della Regione Calabria «Noi ci mettiamo il cuore».
• Negli 2012 rimase fermo per circa sei mesi per un grave disturbo all’occhio sinistro: paralisi del sesto nervo ottico. «All’inizio è stata durissima, specie al mattino quando mi svegliavo. Aprivo l’occhio buono, poi quello paralizzato sperando in un miracolo. In quelle condizioni non puoi accompagnare i figli a scuola, non puoi guidare. Non fossi stato così forte, di testa, sarebbe stata durissima superare la prima fase. Anche perchè ho pensato a tutti quelli che non hanno i soldi per pagare gli specialisti, a quelli che non hanno dietro il Milan».
• Nel 2013 è stato coinvolto nell’inchiesta Last Bet avviata dalla magistratura di Cremona sul calcio scommesse. Tirato in ballo da Francesco Bazzani, è accusato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva per tre partite del Milan 2011 (quando la squadra vinse il campionato). «Truccare una partita non è nel mio Dna, non fa parte del mio modo di essere. Se venisse dimostrata una cosa del genere per me non avrebbe più senso vivere: andrei in piazza e mi ammazzerei» dichiarò, negando di conoscere il suo accusatore.
• Sposato con Monica, figlia di un napoletano conosciuta quando giocava in Scozia. Due figli: Gabriela (20 giugno 2004) e Francesco (8 novembre 2007).
• «Una volta confessai che mi sembravano strane le nozze fra due uomini e l’Arcigay mi ha massacrato. Mi sono sognato Grillini per due mesi» (Monica Colombo) [CdS 20/3/2009].
• Guai con la moglie per una campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana in cui compariva in mutande: «Le avevo raccontato una bugia. Le avevo detto che sarebbe stata una foto “intima”, senza dirle quanto. Poi quando le ha viste diciamo che c’è stato un po’ di nervosismo a casa mia» (Vanity Fair).
• «Come si vede? “Mi sento più vecchio di quanto non sia. Ho dolori muscolari, ci vuole il carro attrezzi per tirarmi su”. Ma si piace o no? “Non mi vedo né bello né brutto. Non mi specchio mai”. Primi gesti quando si sveglia? “Mia moglie mi porta il caffé a letto, senza non mi muovo, scendo con il piede sinistro perché ho problemi al ginocchio destro, quindi doccia e denti”. Perché tiene la barba? “Senza non riesco a vedermi perché ho la scuffia, il mento sporgente. La taglio una volta all’anno con la lametta e ogni 15 giorni l’aggiusto con il rasoio o dal barbiere” .Capelli bianchi? “Sì ne ho. Sono arrivati dopo Palermo”. Fa ginnastica? “Da quando mi hanno esonerato da allenatore corro 7 km per 4 volte la settimana perché ero preoccupato vedendo certi miei colleghi che quando hanno smesso di giocare hanno messo su una pancia da cumenda”. Che dieta fa? “Per 20 anni ho mangiato riso e petto di pollo o pesce alla griglia. Ora sto attento ma la sera due bicchieri di vino me li concedo. E se c’è una bella tavolata non dico no”. Come è il suo guardaroba? “Ho buttato un bel po’ di jeans con i buchi. Ci sono più giacche nere, camicie con colli importanti, cravatte no perché sembro una caricatura. Mi piacciono i mocassini ma non mi entrano per via del collo del piede”. Vezzi? “Sono un amante dei profumi. Alterno 3 o 4 essenze di Jo Malone. Non esco mai senza”» (a Maria Teresa Veneziani) [Cds 19/10/2013].