30 maggio 2012
Tags : Caio Mario Garrubba
Biografia di Caio Mario Garrubba
• Napoli 19 dicembre 1923 – Spoleto 2 maggio 2015. Fotografo. «Uno dei grandi fotografi non solo italiani» (Stefano Malatesta).
• Il primo giornale con cui collaborò è Il Mondo, altri suoi reportage famosi sono quello sulla Polonia del 57, l’Urss di Krusciov. Fu il secondo fotografo, dopo Cartier-Bresson, ad entrare nella Cina di Mao nel 1959. Autore di vari libri fotografici, a partire da Le due Germanie (1963). Pubblicò anche due cartelle di grande formato sui manifesti della rivoluzione russa e su quelli del cinema degli anni Venti. Da una decina d’anni ha smesso di usare la macchina fotografica, semplicemente perché si è stancato. «”A casa, in Calabria, avevamo una biblioteca d’arte molto vasta. In quei quattro, cinque anni che ho vissuto a Strongoli, l’antico paese della Magna Grecia, in provincia di Catanzaro, non facevo che cibarmi dalla mattina alla sera di libri d’arte. Poi, negli anni Cinquanta, conobbi De Martiis che all’inizio faceva il fotografo, poi ha dato vita alla Galleria La Tartaruga a Roma. Gli comprai anche alcune foto dell’alluvione del Polesine. Plinio, però, era più interessante come gallerista che come fotografo. Tutta l’arte contemporanea è venuta dalla sua galleria, da Ceroli a Schifano. Anche gli americani sono stati esposti lì per la prima volta, Rauschenberg e gli altri protagonisti della pop art. Insieme creammo una cooperativa di fotografi di tipo sovietista, dove ognuno lavorava quanto poteva e prendeva quello che gli serviva. Eravamo io, De Martiis, Nicola Sansone e Franco Pinna. Fu una cooperativa notevole per l’epoca. Durò un anno».
• Uomo schivo, era solito ironizzare sulla sua arte.
• «L’incontro più significativo? “Con mia moglie Alla Folometova, mia compagna, amica, assistente da 43 anni. Sul lavoro? Devo dire la verità che le persone importanti che ho fotografato mi stavano sempre antipatiche. Tant’è vero che ho tutta una serie di scatti, ad esempio di Breznev, che se lui li avesse visti mi avrebbe preso a calci nel sedere... Cercavo di fotografarlo nei momenti più fetenti. Se invece parliamo al di fuori dell’aspetto professionale, mi è capitato spesso di fare incontri significativi. Soprattutto a Napoli, sarà pure un fatto sentimentale perché sono nato lì. Incontri di strada, camminando con la macchina fotografica”. È stato definito il fotografo del comunismo. “è molto vago. In che senso? Nel senso di propagandista del comunismo o di un critico del comunismo? Lei si riferisce alla frase di Goffredo Parise, ma lui aveva specificato che era il comunismo della speranza, non quello reale”. (...) Perché in Italia non ha avuto successo, invece all’estero era molto conosciuto? “Chi è che ha avuto successo in Italia? Bavagnoli e Cagnoni erano conosciuti soprattutto all’estero. Chi sono gli altri? L’unico giornale che usciva con le foto era il grande Espresso di Benedetti. Forse anche L’Europeo. C’è stato un tentativo quando Mondadori ha fatto Epoca, chiamando fotografi americani. Voleva essere una sorta di Life. Ma dopo poco si rivelò un fallimento economico totale. L’Italia non ha avuto una cultura fotografica. Non ce l’ha tuttora. In Italia non sono esistiti i picture editor. Il fotografo è stato considerato sempre un mezzo paparazzo, o comunque uno che fa clic (...) Insomma in Italia il reportage classico non è mai stato fatto. Anche perché non c’è stato mai alcun responsabile dell’immagine che abbia dato delle direttive al fotografo. Perché di solito i grandi reportage sono suggeriti dal photo editor. Mai in Italia sarebbe potuto succedere come in Germania, dove un giornale come Stern è stato diretto per anni - anche molto bene - da un fotografo, Gilhausen”» (Manuela De Leonardis).
• Da qualche anno non usciva più da casa. Aveva eletto Spoleto a suo luogo di residenza, rinunciando ad abitare a Parigi dove aveva acquistato una mansarda. È morto a 92 anni.