30 maggio 2012
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Biografia di Gillo Dorfles
• Trieste 10 aprile 1910 – Milano 2 marzo 2018. Critico d’arte (pittore, medico-psicoanalista, saggista, poeta). Tra i suoi libri: Le oscillazioni del gusto (1958), Ultime tendenze nell’arte di oggi (1961), Il kitsch (1970), Moda e Modi (1979), La moda della moda (1984), Elogio della disarmonia (1987), Itinerario estetico (1988), Horror pleni. La (in)civiltà del rumore (2008), Irritazioni – Analisi del costume contemporaneo (2010).
• «L’ombra è una delle prime coincidenze tra natura e arte».
• «Per qualche anno sono stato cittadino dell’Impero. Poi quando è scoppiata la Guerra mi trasferii a Genova, la città di mia madre. Restammo lì alcuni anni» (ad Antonio Gnoli).
• «Ha vent’anni Dorfles quando, nel 1930, dalla natia Trieste, piomba a Milano per studiare Medicina. Qui, ritrova gli amici d’infanzia Ernesto Rogers e Bobi Bazlen. Il primo, lo presenta agli altri architetti del gruppo Bbpr; a quelli razionalisti come Figini e Pollini, Albini, Zanuso, Viganò, Canella; ad artisti come Soldati, Fontana, Bucci. Il secondo, a letterati come Gadda Conti e Titta Rosa (che lo fa subito collaborare a La Fiera letteraria). Su un altro versante, la frequentazione fiorentina di Dorfles con Montale, Bonsanti e Loria lo spinge a scrivere versi. Ma, una volta rientrato a Milano, dirà: “Mi resi conto che non ero all’altezza di Montale o Ungaretti e preferii gettare la spugna. Un po’ di modestia...”. Non scrive più poesie? No, no. Continua a farlo, solo che ogni volta finge di avere nel cassetto inediti che risalgono alla stagione fiorentina: la stessa atmosfera di allora e lo stupore dinanzi alla vita, una certa limpida e apparente semplicità e anche l’invenzione di qualche neologismo. Così, per i suoi 90 anni, ne tira fuori sette con le quali il Fiorin della Colophon confeziona un volume d’arte. Contributi grafici di Baj, Bonalumi, Castellani, Kounellis, Paladino, Paolini e Arnaldo Pomodoro. Quando va via da Trieste, Dorfles si lascia alle spalle anche una città mitteleuropea. C’erano Svevo, Saba, Weiss, Nathan (presente alla Biennale del 28). Il suo esordio in galleria avviene nel 1935. La pittura tiene conto delle letture, dell’influenza surrealista, dei seminari svizzeri di Steiner. Gli anni successivi vedranno nascere il sodalizio di Dorfles con Monnet, Soldati e Munari: vanno alla ricerca di forme libere, primordiali. Così, nel 48, danno vita al Movimento arte concreta (Mac). Dal 60 all’80, l’artista ha, per così dire, una battuta d’arresto. L’insegnamento universitario, la critica militante (oltre 30 libri) non gli lasciano tempo di dedicarsi alla tavolozza. Solo dopo l’80, Dorfles torna all’antico amore. Ma con sostanziali differenze. Da studioso dell’evoluzione artistica del tempo, aggiorna anche il suo linguaggio pittorico. Vi entrano a far parte nuovi elementi; o quelli vecchi subiscono modifiche radicali. C’è sempre stata in lui una vena narrativa, ma questa non si è mai espressa in maniera, come dire?, realistica. Gli elementi della pittura di Dorfles sono fantastici, immaginari, onirici, visionari. Da surrealista, quasi: un surrealismo sui generis: aggiornato, attualizzato, che tiene conto dei cambiamenti avvenuti da Breton ad oggi» (Sebastiano Grasso).
• «La mia educazione vera avvenne tra gli intellettuali e gli artisti triestini: Italo Svevo, Umberto Saba, Bobi Bazlen. Da quest’ultimo ho appreso l’amore per la letteratura mitteleuropea. Passavamo le serate a discutere di Kafka e Wedekind. Decidemmo anche di prendere delle lezioni di Joyce, nel senso che un professore della Berlitz ci istruiva sulle pagine dell’Ulysses, un testo come si sa impervio, infestato dal gergo e pieno di concetti. Il primo incontro con Saba avvenne nella sua libreria antiquaria di via San Nicolò. Ricordo che entrai e vidi questo vecchio con la visiera che mi guardò e bruscamente mi disse: “Cos’ ti vol picio?” Mi sentivo a disagio. Poi vidi una magnifica edizione del Settecento del Fedone di Platone, cominciai a sfogliarla. E Saba, meno bruscamente: “No xe roba per ti”. Comunque quella libreria rappresentò per me qualcosa di straordinario. Vi incontrai il meglio della cultura triestina: da Svevo a Stuparich, da Marin a De Benedetti. La mia formazione è stata abbastanza singolare. Sono laureato in Medicina con una specializzazione in Psichiatria. Mi sarebbe piaciuto analizzare la mentalità del prossimo, rilevarne le stranezze e le anomalie. Ma alla fine hanno prevalso gli interessi estetici ed artistici. Ho scelto di fare il critico e non lo storico dell’arte perché ho una certa difficoltà a memorizzare le date. E poi il passato è una grande immensa nebulosa, occorre un talento particolare per saperlo attraversare. Preferisco il presente. È il motivo per cui mi sono interessato fra l’altro al design, una esperienza contemporanea della quale ho vissuto gli albori».
• «È il filosofo e critico che ha scoperto e fatto scoprire (forse tra i primi) il fascino indiscreto della modernità. Lo stesso filosofo e critico che avrebbe poi teorizzato (tra le righe di un saggio del 1970 poi ristampato a più riprese) quel kitsch successivamente scoperto anche da Abraham Molef» (Stefano Bucci).
• Nel 2008 pubblicò Horror pleni. La (in)civiltà del rumore (Castelvecchi), dove «descrive con semplicità l’orrore del troppo pieno di noi uomini contemporanei, in contrasto con l’orrore del troppo vuoto dell’uomo preistorico. Il nostro orrore oggi è il “rumore” visivo e auditivo che limita la nostra capacità informativa e comunicativa» (Il giornale dell’arte).
• Vedovo di Lalla Gallignani, figlia del direttore del Conservatorio di Milano, Giuseppe Gallignani, grande amico di Toscanini.
• Il 13 novembre 2012, a 102 anni, ha ricevuto presso l’Università di Cagliari la laurea ad honorem in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale (a cura di Lauretta Colonnelli).
• Nel novembre del 2015 il Macro di Roma gli ha dedicato la mostra “Gillo Dorfles / Essere nel tempo”, «curata da Achille Bonito Oliva e con il coordinamento e l’allestimento di Fulvio Caldarelli e Maurizio Rossi. Cento opere tra dipinti, disegni, opere grafiche, ceramiche, gioielli (anche la nuova Illy Art Collection, sei tazzine da caffè disegnate ultimamente per la famosa industria, triestina come l’artista: Dorfles nacque appunto a Trieste il 12 aprile 1910). E poi carteggi con mezzo mondo, da Henry Kissinger a Italo Calvino, da Lionello Venturi a Giulio Carlo Argan passando per Tomás Maldonado, Bruno Zevi e Lucio Fontana, una trasversalità che pochi intellettuali italiani possono vantare. Originali in bacheca, tante grafie geniali, inchiostri scuri, dattiloscritti a macchina, testimonianze dello spirito di un Novecento che ora appare luminoso e vivo come non mai rispetto all’oggi» (Paolo Conti) [Cds 27/11/2015].
• «Dorfles è goloso di dolci e ha due rossi prediletti, il Nero d’Avola e il Cannonau» (la governante Dina a Marisa Fumagalli) [Cds 13/4/2016].
• «Ama i colori, detesta soltanto il blu».
• Il 10 aprile 2016, giorno del suo 106esimo compleanno, è stata organizzata a Trieste la presentazione del volume Gli artisti che ho incontrato (Skira 2015), un’antologia completa dei suoi scritti (mancano soltanto gli articoli sulla Biennale di Venezia e quelli del Corriere della Sera, già ripubblicati), dal 1930 al 2015.
• «Ma le pare che le mie giornate siano diverse da quelle degli altri? Mi sveglio, lavoro, vado a dormire...» (così ha risposto Gillo Dorfles, 106 anni, quando gli è stato chiesto come si svolge la sua giornata).
• È morto a 107 anni: «La morte sembrava essersi dimenticata di lui. Così speravamo, in cuor nostro; così pareva, a sentirlo parlare, ancora di recente, con la consueta visionarietà e lucidità critica, forte di un vastissimo ed articolato bagaglio di saperi» (Andrea Bocelli).