30 maggio 2012
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Biografia di Francesco Di Stefano
• (Francescantonio) Massa d’Albe (L’Aquila) 1953. Editore televisivo. «Abbiamo 200mila decoder che consentono di trasmettere sul digitale terrestre con il DVBT2, che è la tecnologia del futuro. Un’astronave che consentirà addirittura di vedere le partite in 3D». «È sulla piazza editoriale dal 1999, quando, capitalizzando 12 miliardi dalla sua precedente attività di syndication (come si legge sulle sue biografie), partecipò alla gara pubblica per l’assegnazione delle frequenze televisive nazionali. Europa 7 vinse la gara al posto di Retequattro e Di Stefano preparò il suo piano: 700 dipendenti, un centro di produzione di 20 mila metri quadrati con 8 studi. Ma da allora la tv non ha mai ottenuto il suo posto. E basta leggere il sito www.europa7.it (“la tv che non c’è”) per capire come Di Stefano sia infuriato con tutti i governi, indipendentemente dai colori politici: D’Alema, Amato, Berlusconi, Prodi» (Paolo Conti). «La colpa è di tutte le istituzioni, di tutti i governi, di tutti i ministri che si sono succeduti in questi anni. Sono tutti ugualmente colpevoli di questa ingiustizia».
• «Faceva il contadino sulle terre paterne intorno ad Avezzano. Pochi ettari e molta fatica per coltivare patate e ortaggi, gli stessi con i quali Di Stefano ha tentato la sua prima intrapresa con un’azienda di succhi di frutta. Durò poco. Come l’università alla facoltà di Medicina a Roma: solo 12 gli esami sostenuti e senza mai frequentare. Il fatto è che a quei tempi (primi anni Settanta) Di Stefano aveva altre passioni: la velocità, che lo spinge troppo spesso sulla pista di Vallelunga; la politica e la Democrazia cristiana, nel cui movimento giovanile sostiene Marco Follini (lo stesso che in questi anni di battaglia non ha mai voluto riceverlo) contro Pier Ferdinando Casini; ma soprattutto ci sono le radio e le tv libere a scaldare il suo cuore. Alla fine sarà proprio l’amore per l’etere a trionfare. Abbandonate le baruffe del Biancofiore marsicano, con una trentina di milioni di lire messi insieme anche con l’aiuto della famiglia, Di Stefano fonda nel 1976 prima una radio poi una tv. Fa di tutto: mette in piedi gli studi, organizza programmi, pianta tralicci, raccoglie pubblicità. Pionierismo puro, ma arrivano anche i primi guadagni. La Marsica però gli sta stretta e Di Stefano cerca uno sbocco a Roma dove nell’83 rileva Tvr Voxon, proprietaria di una radio e di una tv. Prezzo: 1 miliardo 700 milioni di lire, pagato con i ricavi avezzanesi e con un finanziamento del Banco di Roma. Fu un periodo d’oro, con i fatturati pubblicitari che toccano i 6 miliardi di lire l’anno. Nel 94, dopo avere acquistato l’emittente toscana Teleregione, Di Stefano fa un altro salto organizzando un circuito di 14 tv che dalla Lombardia alla Sicilia raccoglie il meglio dell’emittenza locale. I fatturati lievitano ancora fino a 20 miliardi di lire, con Di Stefano che rifornisce il circuito di pubblicità, ma anche con programmi da lui stesso prodotti con la sua Centro Europa 7, la stessa società che si assicurerà la concessione pubblica nazionale. Il più grande successo è il Seven show, che ha dato i natali a comici come Teo Mammuccari e Max Giusti. Ma non produce solo comici: alimenta il circuito anche con tanti film, cartoni animati e trasmissioni di informazione che vedono sfilare personaggi come Fausto Bertinotti e Oscar Luigi Scalfaro, uno dei pochi che in questi anni ha speso parole in suo favore. È con questo background che il signor Nessuno arriva all’appuntamento del 1999 per la gara per le frequenze» (Primo Di Nicola).
• Nel gennaio 2008 la Corte europea ha riconosciuto i suoi diritti a vedersi assegnare le frequenze di Retequattro necessarie a trasmettere Europa 7. A fine maggio il Consiglio di Stato ha stabilito che il governo deve pronunciarsi sulla richiesta di Europa 7 e che Retequattro può continuare a trasmettere. «Tutti i tribunali gli hanno dato ragione ma le sentenze restano inapplicate. Com’è possibile? Lo Stato italiano e l’Unione Europea non applicano le loro stesse leggi e non rispettano le loro stesse decisioni. Vergogna! (…) Il 1° aprile 2008, sul finire del governo Prodi, ci fu la rincorsa a varare un pacchetto di provvedimenti dei quali l’Europa chiedeva conto. Il Consiglio dei Ministri deliberò su tutte le pratiche eccetto proprio quella di Europa 7. Un giornalista di Repubblica chiese a Emma Bonino, che aveva la responsabilità del settore, come mai non avessero approvato il provvedimento relativo a Europa 7, lei rispose: “Non è urgente”. Passano due anni e neppure il governo Berlusconi dà corso alle imposizioni della Corte di Giustizia Europea. È la prima volta che una sentenza della Corte di Giustizia Europea è inapplicata. Ed è a tutt’oggi l’unico caso» (Jacopo Fo) [Fat 10/2/2011]. Se c’è un editore che più di ogni altro in questo paese ha pagato e continua a pagare il monopolio televisivo e la spartizione delle frequenze che avviene per diritto di casta, nel completo disinteresse – come è logico che sia – della concorrenza, questo è Francesco Di Stefano: il simbolo degli effetti iniqui che un governo telecratico produce e della conseguente invisibilità di chi viene cancellato dal sistema» (Claudio Messora).
• «“Ho investito in questa disastrosa avventura in tutti questi anni oltre 120 milioni di euro”, racconta. E i soldi dove li ha presi? “Risorse personali, risorse familiari e guadagni dalle mie precedenti attività”, dice (...) “Aspettando le frequenze, abbiamo tirato avanti producendo format, affittando le sale di registrazione (...) Se non mi daranno le frequenze, però, chiederemo un adeguato risarcimento“» (Paolo Foschi).
• «“Avevo chiesto 800 milioni di euro fino al 2004, quando presentai il ricorso, se avessi ottenuto le frequenze che mi spettano. In caso contrario, tre miliardi di euro”. Ma se fosse costretto a scegliere, soldi o frequenze, che cosa sceglierebbe? “Non scelgo. Ho diritto ad avere sia il risarcimento sia le frequenze”. E la sua tv sarebbe pronta a trasmettere? “Siamo pronti dal 99. Abbiamo gli studi più grandi d’Italia, anzi d’Europa”» (a Giovanni Valentini).
• Il circuito televisivo già esistente prima della richiesta di concessione si è via via ridimensionato ed oggi conta cinque emittenti (Tvq, Canale 55, Rtc Telecalabria, Tvr Voxson, Teleregione Toscana) che coprono poco più di cinque regioni.
• Dal 2010 le trasmissioni del network sono sul digitale. Nel 2011 il gruppo offrì 5,2 milioni per acquisire i diritti del campionato di calcio, ma la Lega rifiutò e preferì Mediaset: «Ci hanno trattato come dei pezzenti». Nel giugno 2012 la Corte europea condannò l’Italia a pagare 10 milioni come indennizzo per danni materiali e morali, a fronte di una richiesta di 2 miliardi. Due mesi più tardi, il Tar del Lazio condannò il ministero dello Sviluppo economico a pagare 1.500 euro al giorno per le frequenze negate. Ancora due mesi e arrivò l’ok a trasmettere le partite della Serie B di calcio. [Fat 8/10/2012].
• Sposato, due figli.