30 maggio 2012
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Biografia di Danilo Di Luca
• Spoltore (Pescara) 2 gennaio 1976. Ex ciclista. Ha vinto il Giro d’Italia 2007 (il vincitore nato più a sud della storia), il Giro di Lombardia 2001, l’Amstel Gold Race e la Freccia Vallone 2005, la Liegi-Bastogne-Liegi 2007 ecc. Il 5 dicembre 2013 squalificato a vita dal Tribunale Nazionale Antidoping del Coni: era stato trovato positivo all’Epo in un test effettuato a fine aprile 2013 e, una volta accertata l’infrazione durante il Giro d’Italia dello stesso anno, espulso dalla corsa rosa. «Quando Moser vinse il Giro del 1984, a Verona, io e Danilo eravamo davanti alla tv. Mi commossi e lui mi disse: “Mamma, se piangi così per Moser, che cosa farai quando vincerò il Giro?”. Quelle parole non le ho mai dimenticate» (mamma Maria).
• «Le prime corse erano gite. Si partiva da Spoltore e si andava in giro per l’Abruzzo, le Marche e l’Umbria come si fa per i picnic. Lo accompagnava mamma Maria, perché Danilo aveva solo 8 anni e “serviva qualcuno che lo aiutasse a cambiarsi”. Lei guidava l’Alfasud, portando il thermos è caldo e una ciambella fatta in casa. Papà Alfredo, invece, seguiva il fratello Aldo, più grande di dieci anni, che correva già tra gli juniores. Fu per un litigio in famiglia, che il piccolo Di Luca decise di salire in bici. Era andato a fare il tifo a Lanciano. Aldo rinunciò alla volata per il 15° posto. Quando scese dal palco, trovò il fratellino ad aspettarlo arrabbiatissimo. “Se vuoi corri tu e fammi vedere come si fa”, lo provocò Aldo. E Danilo, che era uno scricciolo, rispose: “Ora corro io e ti faccio vedere”. Lo aiutò Mario De Nicola, un amico di famiglia che abita a pochi metri da casa Di Luca e da ragazzo andava a scuola con il padre. È stato il suo primo direttore sportivo e un maestro di sport. “Se vuoi correre — disse — ho una bici per te”. Il Killer mosse i primi passi nella Spiga Aurea, una squadretta di Spoltore. La prima gara il 29 aprile 1984 a Picciano: subito una vittoria. Era già un predestinato. Quando arrivava alle corse, da Giovanissimo, gli altri bambini dicevano ai genitori: “Oggi c’è ancora Di Luca, non si vince”» (La Gazzetta dello Sport).
• «Splendido “finisseur”: nel 1998 arrivò terzo al Mondiale under 23 di Valkenburg, Olanda, vinto da Ivan Basso, secondo un altro azzurro, Nocentini. Passato professionista, ha avuto una carriera in chiaroscuro, molto altalenante. Il suo nome risultava in molte intercettazioni telefoniche del dottor Carlo Santuccione, il medico pescarese denunciato e anche arrestato per doping, che fu suo preparatore personale. Per questi fatti gli organizzatori del Tour nel 2004 non lo hanno voluto. Quelle intercettazioni gli hanno precluso anche la maglia azzurra: niente Olimpiade e niente Mondiale» (Walter Gallone).
• Nel 2007 subì una squalifica di tre mesi legata all’inchiesta Oil for drug del 2004 e alla frequentazione del medico Santuccione (vedi). Di Luca: «Abita a poca distanza da casa mia, è stato il medico della nostra famiglia. Io vinco corse da quando sono salito in bicicletta. Col doping si esaltano i brocchi. Chi ha qualità ci rimette. Io sono uno dei più interessati alla lotta».
• Nel febbraio 2008 la Procura del Coni ne chiese la squalifica per 2 anni per i sospetti sul profilo ormonale emerso dai controlli dopo la tappa dello Zoncolan (30 maggio 2007: secondo l’accusa, la variazione della densità delle urine riscontrata tra il controllo dopo la tappa e quello “a sorpresa” effettuato la sera sarebbe stata causata dall’assunzione forzata di liquidi per via endovenosa, allo scopo di mascherare l’assunzione di altre sostanze rintracciabili nell’urina). Il 16 aprile 2008 fu assolto dal giudice di ultima istanza del Coni in materia di doping, «perché l’ipotizzato uso di un metodo proibito non ha raggiunto il grado di probabilità richiesto dall’articolo 3.1 del Codice Wada». Due anni di stop che termineranno il 21 luglio 2011. Una multa di 282 mila euro, pari al 70% dello stipendio ufficiale.
• Dopo la squalifica a vita del 2013: «Io il primo ciclista italiano radiato a vita? Ho fatto tante cose per primo e anche questa. La cosa chiara, che io so e che chi mi conosce sa per certo, è che quanto ho vinto nel ciclismo l’ho vinto per le mie doti e soprattutto non ho mai vinto qualcosa che non potevo vincere, come ad esempio una cronometro a 60 chilometri orari, qualcun altro sì e magari lo sta ancora facendo. Forse dovevo essere io il primo che doveva pagare per tutti e così è stato».
• In un’intervista alle Iene andata in onda il 22 gennaio 2014 ha dichiarato tra le altre cose: «Ho incontrato il doping per la prima volta a vent’anni. Ero sempre un vincente e vincevo spesso. Quando poi sono passato dilettante, ho visto dei corridori che avevano corso con me fino al mese prima, che il mese dopo diventavano più forti di me. (…) Il doping non dà dei problemi. Innanzitutto il doping non è una droga, quindi non si è dipendenti. Secondo, il doping fatto in maniera corretta non fa male all’organismo. (…) Sui 200 ciclisti che partecipano al Giro d’Italia, secondo me il 90% si dopa. C’è poi un 10% a cui non interessa in quel periodo il Giro d’Italia, che prepara altre gare e quindi non fa uso di doping. È impossibile non fare uso di doping e arrivare nei primi 10 al Giro d’Italia».
• Oggi ha un negozio di biciclette a Pescara.
• Sposato dal 28 dicembre 2003 con Valentina Giuliani: «Ci siamo conosciuti alle corse. Mio padre Stefano allora dirigeva la Mobilvetta, io mi occupavo della parte amministrativa e spesso lo seguivo. Per Danilo all’inizio c’è stata una particolare antipatia, perché appena passato professionista, nel 1998, faceva dichiarazioni troppo spavalde».