Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Giorgio Di Centa

• Tolmezzo (Udine) 7 ottobre 1972. Sciatore. Di fondo. Medaglia d’oro nella 50 chilometri e con la staffetta alle Olimpiadi di Torino 2006. Fratello di Manuela, prima di diventare olimpionico era «lo sciatore più sfortunato della terra: una volta un bastoncino rotto, un’altra volta una caduta, un’ennesima un raffreddore gli hanno sempre impedito l’exploit che meritava. Sceneggiatura da Fantozzi con la nuvoletta» (Paolo Rossi).
• Ha partecipato a nove campionati mondiali e a cinque edizioni dei Giochi Olimpici Invernali: Nagano 1998, Salt Lake City 2002, Torino 2006 (due ori: nella 50 km e nella staffetta), Vancouver 2010 e Sochi 2014.
• «Da bambino – rivela la sorella – soffriva di un’asma terribile. Doveva chiedersi come diavolo facessero gli altri a correre al prato mentre lui entrava e usciva dagli ospedali e non stava in piedi quando lo coglievano gli attacchi. Ci ha messo del tempo e non è guarito del tutto» (Marco Ansaldo).
• «Siamo gente semplice. Mio padre Gaetano ha fatto il fornaio per quarant’anni e nei ritagli di tempo insegnava a tutti lo sci da fondo. La mia passione è un trattore, che tengo a casa di mio padre. Lo uso per tagliare l’erba nei prati e il fieno, che neppure mi serve perché non ho bestie da sfamare, però in quel modo si tengono i campi puliti e poi si va a fare legna nei boschi. Mia sorella poteva essere una figura ingombrante, tra noi ci sono nove anni di differenza e io gareggiavo quando lei era ancora una campionessa di alto livello ma non mi sono mai sentito un fratello d’arte. Lei ha avuto i suoi momenti di sconforto e le stavo vicino, come lei ha fatto con me come sorella e come sportiva».
• Sposato con Rita, 4 figli.
• «“Sono convinto che nel mondo siano importanti anche le persone che sanno stare nell’ombra”. Quante volte, in vent’anni, era stato sul punto di uscire alla luce ed era stato ricacciato nell’angolo? Quando poteva agguantare una vittoria, era finito secondo. Quando era secondo, aveva concluso terzo. In una famiglia come la sua, c’è da sentirsi sfigati a non arrivare mai primo in una gara importante. Manuela, sua sorella, vinse due medaglie d’oro, e altre tre meno nobili nella stessa Olimpiade. Suo cugino Venanzio Ortis fu il campione europeo dei 5mila a Praga nel ‘78. Per lui un argento nella staffetta a Salt Lake City. Comunque secondo. Spontaneo, incantato. Forgiato da malanni che segnano l’anima. Da bambino – rivela la sorella – soffriva di un’asma terribile. Doveva chiedersi come diavolo facessero gli altri a correre al prato mentre lui entrava e usciva dagli ospedali e non stava in piedi quando lo coglievano gli attacchi. Ci ha messo del tempo e non è guarito del tutto. Pare uscito dal mondo di Heidi, montanaro felice e per scelta, uno che vive in un piccolo paese della Carnia, Treppo, e per darsi una botta di vita si è comprato una baita in un posto ancora più isolato dove porta la moglie e le figlie. L’ultima l’ha chiamata Gaia. Perché crescesse allegra» (Marco Ansaldo)
• È stato portabandiera azzurro alle Olimpiadi di Vancouver nel 2010: «Per una volta farà meglio della sorella Manuela, che ai suoi tempi dovette rinunciare allo stesso onore perché impegnata in una gara il giorno dopo la cerimonia di apertura». [Pan 14/1/2010].
• È stato costretto a rinunciare alla 50 km di fondo in chiusura dei Giochi di Sochi per un’ernia al disco. «Vedi Giorgio Di Centa e ripensi a quel che è stato il fondo, un secolo fa. I due ori di Torino, ma anche gli anni dei duelli coi norvegesi, i podi a ripetizione. Lui è l’ultimo di quella generazione, l’unico in attività ad assistere al disastro di Sochi. Con un dt, Paolo Riva, che annuncia con grande dignità: "Ho fallito. Mi assumo le responsabilità di come è andata tutta la stagione"» [Rep.it 17/2/2014].
• Era un altro fondo, ora è tutto esasperato. Magari una volta si beveva un bicchiere di vino in più, adesso devo stare attento anche a un wurstel. E io devo pure guardarmi dagli attacchi di asma». (Il portabandiera azzurro Giorgio Di Centa, quando gli hanno fatto notare che più o meno alla sua età Gunde Svan vinse due ori alle Olimpiadi di Calgary ’88).
• «Tante soddisfazioni, da credente sono grato per tutto quel che ho avuto» [Rep.it 17/2/2014].
• «Non mi sono mai iscritto al corso da allenatore, ho promesso a mia moglie Rita che quando smetterò resterò a casa. Altrimenti continuerei a girare per il mondo» [ibidem].