Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Gianni Dessì

• Roma 1955. Artista.
• «Amo catturare la scintilla dell’attimo».
• Considerato un esponente della Nuova Scuola Romana, insieme a Pizzi Cannella, Ceccobelli, Bianchi, Gallo, Tirelli e Nunzio, per avere lavorato negli anni Ottanta in studi realizzati sotto lo stesso tetto di un ex pastificio a San Lorenzo, Roma.
• «Sono nato a Roma da genitore sardo e mamma reatina, mio padre faceva l’intermediario edile, dell’arte avevo sentito parlare alla lontana ma ricordo che c’era in casa un libro, un’enciclopedia, Le meraviglie dell’arte, e c’era un paesaggio che mio padre aveva comprato, non so dove; mi sono esercitato a copiarlo per anni. Infatti la maestra di disegno diceva: ragazzo volonteroso ma con scarsa fantasia».
• Poi al liceo artistico fu allievo di Nicola Carrino che gli insegnò i modelli della psicologia della Gestalt, si interessò al teatro d’avanguardia, all’Accademia fu affascinato da Toti Scialoja, che gli fece scoprire la nuova arte, a cominciare dall’Espressionismo astratto americano.
• «Tra il 1974 e il 1976 entrai in contatto col gruppo teatrale di Giorgio Barberio Corsetti, La Gaia Scienza, e il teatro Beat 72 diventò lo spazio delle nostre sperimentazioni. Nel 1977 ci fu una manifestazione che si chiamava Le città, organizzata da Giuseppe Bartolucci e Simone Carella: ogni giorno si compivano eventi, azioni, io ne ho organizzato uno dentro il sottopassaggio della stazione San Pietro, una galleria lunga circa 100 metri. Avevo fatto inviti ad personam, ciascuno doveva entrare di notte nel tunnel, illuminato da sette planches di luce, alcune intermittenti, poste a 30-40 cm dal volto, colorate da un retino blu, e sopra c’erano incise delle frasi; chi passava nel tunnel doveva leggere le frasi ed era illuminato dai colori».
• «Poi viene la mostra Artemisia, prima a Parigi da Yvon Lambert e poi a Roma da Ferranti, omaggio ad Artemisia Gentileschi. Racconta Dessì: “Prendo una tela, la preparo a gesso, come un muro, al centro metto una carta giapponese dipinta, incastrata tagliando la tela, fermata con cera che aveva reso translucida la carta. Pensavo alla violenza subita da Artemisia nella sua esistenza, ma anche a Diana, vista nel bagno da Atteone, pensavo al mistero della visione”. L’idea è quella del rischio del vedere: dall’occhio tagliato di Buñuel allo sguardo senza tempo di Dalí, all’occhio privo di pupilla di Modigliani, l’occhio dello Spirituale. Dessì ha avuto un incidente da bambino, non vede da un occhio: “ho sempre pensato - dice - che quello era l’ occhio della pittura, sguardo interiore”» (Carlo Arturo Quintavalle).
• «Poi ho realizzato una ricerca diversa, che ho chiamata Camera Picta (1989-1991 e ancora 1993), in cui volevo collegarmi alla pittura come luogo mentale, come spazio, come ambiente». Tra il 96 e il 97 nascono le plastiche. «Mi piace che questa materia, anche tossica, tiri fuori una pelle, tanto da far pensare alla cartapecora». «Le plastiche inglobano legni e altri frammenti, nessuna cornice, a toccarle sono rigide e translucide, sovrapposizioni di elementi. In una, dense colature di rosso, come in un fondale di scena dipinto da un espressionista astratto americano memore di Antoni Tàpies e di Alberto Burri» (Quintavalle).
• È l’autore delle sculture in vetroresina dell’“artista” Riccardo Scamarcio viste nel film Colpo d’occhio di Sergio Rubini (2008). Dopo lunghi soggiorni a New York tra il 1985 e il 1989, vive e lavora a Roma e nella campagna vicino a Perugia.