30 maggio 2012
Tags : Marco Demarco
Biografia di Marco Demarco
• Napoli 12 novembre 1955. Giornalista. Tra i fondatori, nel 1997, del Corriere del Mezzogiorno, che ha diretto fino all’11 febbraio 2014 (gli è succeduto Antonio Polito). Inizi all’Unità (fino a vicedirettore, il direttore era Walter Veltroni).
• Ultimo di cinque figli. «Mia madre era operaia delle manifatture dei tabacchi, mio padre cancelliere al tribunale di Napoli. Morì che avevo 11 anni».
• Nel 2007 pubblicò il saggio L’altra metà della storia. Spunti e riflessioni su Napoli da Lauro a Bassolino (Guida editori). Nel 2009 Bassa Italia. L’antimeridionalismo della sinistra meridionale (Guida), nel 2011 Terronismo (Rizzoli) e nel 2014 Non aspettiamo l’apocalisse (Rizzoli) con padre Maurizio Patriciello. Coautore delle memorie di Clemente Mastella (Non sarò Clemente, Rizzoli 2009) e di Francesco Cossiga (La versione di K, Rizzoli 2009).
• «Il divario Nord-Sud non può dipendere dagli articoli di un giornale, ma è un fatto che sia addirittura aumentato (…) Non so quante volte, in questi anni, mi sono sentito come Antonio Albanese in quel film in cui si risveglia sempre nello stesso giorno (È già ieri, ndr): stesso stupore, stessa angoscia. Ma nessuno può ancora accampare scuse con la storia del contesto meridionale» (Cdm 10/2/2014).
• «È come un medico di frontiera. Studia il paziente, con meticolosità; giorno dopo giorno ne osserva i sintomi, ne legge il decorso. Il suo malato non è in carne e ossa. Ma è in milioni di carni e milioni di ossa. Il suo paziente è il Sud, a cui ogni sera tasta il polso, nella cucina del suo giornale. Demarco fotografa un Meridione stordito dalla crisi globale e, in parte, disorientato dal prosciugarsi delle furbizie clientelari. Utilizza le parole col distacco del chirurgo, modulando la voce come un bisturi, nella carne viva della società e della politica meridionali. Senza sconti, senza vittimismi, senza silenzi di convenienza» (Luigi Chiarello) [Iog 5/9/2012].
• «Sono stato giornalista e comunista. Ora soltanto giornalista». Il suo chiodo fisso: riuscire a dimostrare che Achille Lauro non è stato il peggior sindaco di Napoli.