30 maggio 2012
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Biografia di Diego Della Valle
• Sant’Elpidio a Mare (Ascoli Piceno) 30 dicembre 1953. Imprenditore (scarpe). Presidente Tod’s. Padrone della Fiorentina. «Ho visto la fine di certi industriali che hanno fatto la figura dei ricchi scemi. Ora, se io sono ricco non lo so, ma di certo non voglio diventare scemo».
• Partecipazioni in Rcs (8,99%), Mediobanca (1,9%,), Unicredit (0,26%), Piaggio (2%), Bialetti (11%), Management & Capital (5%), Marcolin (20%). Tra i fondatori, insieme a Luca Cordero di Montezemolo e Giovanni Punzo, di Ntv (Nuovo trasporto viaggiatori: società privata di trasporto ferroviario, della quale detiene il 33,5% con Montezemolo e Punzo, in quote paritetiche). Nel gruppo Charme che controlla Poltrona Frau. Nei consigli di amministrazione di Ferrari, Lvmh, Bnl, Le Monde ecc. «Non rinuncia mai a fare la sua parte quando si tratta di redistribuire le azioni di qualche uscente» (Paolo Madron).
• Vita «Il nonno Filippo inizia come aiuto ciabattino a 7 anni lavorando stracci pressati e pneumatici usati nella cucina di casa. Il padre, Dorino, si mette in proprio e prepara scarpe artigianali per grandi marchi, costose ma non costosissime, belle ma non cult. Diego ha una gran voglia di fare: molla Giurisprudenza a Bologna e a metà degli anni ’70 va a fare uno stage in America, dove ha la sua più importante e redditizia intuizione: le scarpe a pallini. Sulla loro nascita lui stesso alimenta storie mitologiche, come quella secondo cui il nome Tod’s gli sarebbe stato ispirato aprendo a caso l’elenco telefonico di Boston. In realtà l’ispirazione gli viene da uno strano paio di calzature costruite in Portogallo. Il padre le guarda e gli dice di buttarle. Invece lui si applica, porta i pallini a 133, usa la pelle della migliore qualità, ne triplica, quadruplica il prezzo e quelle scarpe diventano glamour finendo ai piedi di ricchi (Gianni Agnelli) e famosi (Luca Cordero di Montezemolo), big dello spettacolo (Kevin Costner, Richard Gere, Tom Cruise e Michael Douglas) e dell’imprenditoria (Lee Iacocca). Poi lancia le Hogan e i giacconi Fay, e a 34 anni fattura 200 miliardi di lire con 45 di utile. È già miliardario. Poi a 40 anni accetta un posto nel consiglio d’amministrazione dell’Iri “per fare le scarpe ai boiardi di stato” e lì accade qualcosa di incomprensibile: si trasforma. L’imprenditore ricco e schivo, illuminato e riservato, si mette in testa di fare il guastatore dell’establishment, che, all’epoca, era la grande finanza del Nord. Esce dall’Iri urlandogli “burocrati!”, spende 100 miliardi per l’1,2 per cento della Banca commerciale italiana, ma si accorge che la Mediobanca conta su 13 consiglieri su 14 e di essere lui il quattordicesimo. Se ne va sbattendo la porta. Spunta al congresso del Pds mentre le sue Tod’s finiscono ai piedi di re Juan Carlos, Sharon Stone, Mel Gibson e Romano Prodi: ormai sono un fenomeno mondiale. Entra in Mediobanca, per riformarla, ma lo stritolano fra patti di sindacato e accordi segreti, e lui se ne va un’altra volta sbattendo la porta. Poi entra in Generali, per migliorarne la redditività. Non lo lasciano fare e lui se ne va sbattendo la porta. Poi entra in Rcs, sia perché ha il pallino dell’editoria sia perché pensa che abbia un grande futuro, non gli fanno toccare palla e lui attacca Bazoli e Geronzi chiamandoli arzilli vecchietti. Geronzi è in pensione, anche per merito suo, Bazoli invece no, ma, essendo eterno, c’è ancora tempo. Il fatturato del gruppo sale con una progressione geometrica. Non ne sbaglia una: le sue fabbriche diventano 5 e i laboratori che lavorano in esclusiva 35. Nel 2000 ha 100 negozi nei posti più “in” del mondo. Va in borsa ed è un trionfo. Poi scivola sulla politica: finanzia Rinnovamento italiano di Lamberto Dini e diventa amico di Clemente Mastella, quintessenza della Prima repubblica. Compra a prezzo di saldo la Fiorentina, lui che è marchigiano, non per fare soldi, ma per avere l’occasione di sfidare la Juventus degli Agnelli e batterla. Risale dalla C2 alla A fino a quando, sfiorata dall’inchiesta Calciopoli, la squadra viene penalizzata. I suoi amici d’affari sono due: Montezemolo e Luigi Abete. Con il primo ne ha fatte tante, ma l’impresa più grande si chiama Italo, il treno veloce in concorrenza con Trenitalia. Vorrebbe fare soldi, ma per ora non c’è riuscito: la competizione con i treni pubblici e l’Alitalia privata ha scombussolato i piani. Con il secondo sta rilanciando Cinecittà. Abete è anche presidente della Bnl: nel 2006 Della Valle incassa una plusvalenza di 250 milioni di euro vendendo le sue azioni della banca alla francese Bnp Paribas. Nel 2013 ne guadagna altri 350 dalla vendita del 15 per cento dei grandi magazzini del lusso Saks. Della Valle è originale, anticonformista, provocatorio. Con l’ossessione della Fiat, sebbene nel 2000 sia stato testimone dello sposo insieme con Agnelli alle seconde nozze di Montezemolo. L’anno scorso ha definito Sergio Marchionne un “furbetto cosmopolita”. Dall’alto di un maglioncino nero che nulla ha a che vedere con l’elegante kitsch di Diego, il manager italocanadese gli ha risposto: “Con quanto lui investe in un anno in ricerca e sviluppo, noi non ci facciamo nemmeno una parte di un parafango. La smetta, di rompere le scatole”. Invece lui continua, soprattutto con John Elkann, succeduto al nonno alla presidenza del Lingotto. Parole irriferibili» (Marco Cobianchi) [Pan 19/12/2013].
• Nel gennaio 2011, «quando Della Valle iniziò la sua crociata contro la gerontocrazia del capitalismo, se la prese con entrambi gli “arzilli vecchietti” al comando della finanza, Bazoli (78 anni) e Geronzi (76). Poi ha capito che non poteva inimicarseli subito tutti e due e su Bazoli ha fatto quindi mille distinguo riparatori. Ma le ambizioni generazionali di Della Valle, Montezemolo e Passera sono le stesse, tutti parte di quella “gioventù anziana” (copyright Cesare Geronzi) che vuole il comando. (…) Della Valle ha fatto da ariete nella battaglia sulle Assicurazioni Generali: si è capito dopo che era soprattutto una manovra dei grandi soci privati della compagnia e dei due capi di Mediobanca, Alberto Nagel e Renato Pagliaro, ma serviva qualcuno che appiccasse il fuoco sotto la poltrona del presidente Cesare Geronzi. E l’imprenditore marchigiano è servito allo scopo» (Stefano Feltri) [Fat 19/4/2011].
• «Se il suo core business, dove la fa da incontrastato padrone, continua a fare scintille, è dall’editoria che gli vengono le più grandi insoddisfazioni. Come azionista del Corriere della sera, l’industriale marchigiano scalpita come un cavallo imbizzarrito. Voleva che si gettasse alle ortiche il vecchio patto di sindacato su cui poggia il fragile governo della casa editrice Rcs, e l’ha ottenuto. Prima ancora, voleva acquistare azioni fuori dal patto, e gli è stato risposto picche. Poi, quando con inopinata mossa la Fiat ha comprato il 20% del capitale della Rcs chiudendo (apparentemente) la laboriosa partita per il controllo, ha davvero perso le staffe. John Elkann, che del Lingotto è presidente, si è visto dare del ragazzino incompetente. Giovanni Bazoli, padre putativo del giornale, per averlo lasciato fare è stato definito un vecchietto cui l’ora della pensione è abbondantemente scaduta. (…) Della Valle, se ha rinunciato alla prova di forza in borsa, non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Ha solo cambiato strategia. Convinto com’è che la Rcs non ce la possa fare, vuole avere un ruolo nello spezzatino delle sue attività con cui sarà costretta a darsi al miglior offerente» (Madron) [L43 2/1/2014].
• «In tanto agitarsi forse è diventato più ricco, ma il numero di nemici che si è fatto dimostra che non ha accumulato alcun potere» (Giorgio Meletti) [Fat 17/7/2013].
• «Della Valle è un umanista. Quando era un riservatissimo imprenditore, chiamò in azienda gli allievi di Giorgio Fuà, grande economista di sinistra-centro, teorico dell’“azienda totale” di Adriano Olivetti e consigliere di Enrico Mattei. Restaura il borgo natìo, Casette d’Ete, frazione di Sant’Elpidio a Mare, a sua volta frazione di Fermo, assume donne e artigiani, costruisce la casa per chi non ce l’ha, crea un asilo, una megapalestra, una biblioteca, un auditorium, reinventa il welfare aziendale in puro stile olivettiano (paga i libri di scuola per i figli dei dipendenti, le visite specialistiche e gli interventi chirurgici) e dialoga con Francesco Alberoni. A uno così il “bene comune” sta a cuore davvero, ma quando decide di spendere 25 milioni per restaurare il Colosseo, il simbolo dell’Italia, deve subire due anni di intoppi burocratici e l’aggressione di quelli per i quali bene comune vuole dire statale, il cui portavoce mediatico è quel Michele Santoro che lo invita spesso e volentieri a interpretare la parte dell’imprenditore illuminato, che si è fatto da sé, che è fuori dai giochetti di Palazzo» (Cobianchi) [cit.].
• Dalla prima moglie Simona Pistilli ha avuto Emanuele; dalla di lei sorella Barbara, sposata in terze nozze il 20 dicembre 2002, Filippo (i due sono fratelli/ cugini). Fratello di Andrea (vedi scheda), anche lui in Tod’s, Piaggio, Bialetti ecc.
• Critica «Della Valle vede come il fumo negli occhi i sindacalisti. È un paternalista alla marchigiana, un finto olivettiano che cura con attenzione l’immagine, fa opere di bene con la sua Fondazione insieme a don Vinicio Albanesi ma poi licenzia chi prende la tessera della Cgil» (lo scrittore Angelo Ferracuti, che ha indagato il settore calzaturiero nel Fermano).
• «Diego è fatto così, è solo immagine. Le sue dichiarazioni lasciano il tempo che trovano, ma non mi sorprendono. A Della Valle piace il potere, ha tanti interessi nei giornali, crede nell’immagine e nell’esteriorità» (Maurizio Zamparini).
• «Un temperamentale che ha qualche idea chiara in un mare di confusione» (Giuliano Ferrara) [Fog 28/6/2013].
• Frasi In famiglia «è cresciuto con una frase ripetuta a mo’ di ritornello: se vuoi fare bene i tuoi interessi, non devi farli contro gli altri. “E paga, perché, se ci riesci, il risultato è eccezionale, non solo dal punto di vista etico imprenditoriale, ma soprattutto per il proprio equilibrio personale. Io ho tre concetti base: l’azienda deve andare bene e fare molto profitto; creare prodotti che soddisfino i consumatori, perché questo è il perno su cui si regge l’intera struttura; e non posso fare tutto questo pensando che i miei dipendenti non stanno bene”» (Stefano Jesurum).
• «Il mondo delle auto-cooptazioni non l’ho mai accettato, e sicuramente è un mondo che non ha mai accettato me. Poco più che trentenne consideravo Mediobanca, Rizzoli, Comit i sancta sanctorum del Paese: visti dal di fuori erano gli ambienti dove si decidevano le cose importanti dell’Italia. Ho dovuto, appena ci ho messo piede comprando pacchetti azionari, rendermi conto che qualcuno pretendeva di pesare le azioni e non di contarle. Alcuni di questi sono quelli che io ho definito, senza voler mancare di rispetto, “arzilli vecchietti”: in quel caso mi riferivo a Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, ma la fila può allungarsi con facilità. Non avevo nulla di personale nei loro confronti, ma era necessario iniziare, appunto, un processo di discontinuità per cambiare quei mondi» (a Silvia Truzzi) [Fat 22/12/2013].
• Su Giorgio Armani: «Vedere una persona, di circa 80 anni, che gira in inverno con una maglietta a maniche corte mi fa pensare che debba essere sicuramente arzillo, e non è certo un’offesa. Forse io sono influenzato dal ricordo di mio nonno, che all’età di Armani stava in casa davanti al camino con una coperta sulle gambe e un golf di lana spesso un dito».
• Politica «Politicamente gli è sempre stata attribuita una preferenza per il centrosinistra, ma in versione decisamente soft piuttosto che hard. Tanto per capirsi, uno dei suoi maggiori referenti politici è Clemente Mastella, al quale l’uomo che durante le settimane della Moda organizza fiabeschi eventi a Milano riesce evidentemente a perdonare anche la celebre piscina mitiliforme. Che cosa si senta davvero, lo ha spiegato lui stesso a Daria Bignardi: “Sono uno di centro, provengo da una famiglia che votava i repubblicani veri, non quella robetta di adesso. Sono moderato e laico. Nel 1994 ho persino creduto in Forza Italia e nel progetto di Berlusconi. L’ho finanziato. Ma poi purtroppo mi sono dovuto ricredere”. Dunque, fa di certo parte delle perversioni di un paese in perenne fibrillazione preelettorale il fatto che un uomo che ama spostarsi per mare sul Marlin che fu di Jfk o su Te Vega, il veliero che fu di Calisto Tanzi (acquistato per 4 milioni), sia celebrato anche sul Manifesto in un titolo come “Diego Della Valle, il nostro bomber”. Peccato che anche Berlusconi abbia su di lui esattamente la stessa opinione – caso più unico che raro – del quotidiano comunista. Ha voglia Della Valle a definirsi moderato o ad attaccare anche la sinistra – chiedere a Piero Fassino sull’appoggio agli immobiliaristi e la vicenda Unipol. Per Berlusconi, complice quel Porta a Porta in cui l’(ex) amico imprenditore lo accusò di girare “con i foglietti in tasca” per spiegare agli italiani un paese rosa che non esiste, oggi l’uomo delle Tod’s è diventato un nemico» (Francesco Manacorda).
• «Ha lanciato severi appelli pubblici per il rinnovamento della politica (ottobre 2011 e marzo 2013), ma il suo faro personale in quel mondo rimane Clemente Mastella, oggi lievemente oscurato da Matteo Renzi» (Meletti) [cit.].
• Vizi Estremamente polemico, spesso a colpi d’interviste o di appelli a pagamento sui giornali. «A Della Valle piace litigare, dire e fare tutto quello che gli viene in mente. Bastava essere a Vicenza, all’assemblea degli industriali il 9 marzo 2006, e vederlo aggredire Silvio Berlusconi, per capirlo. Oppure rileggere i ritagli di giornali: sono farina del suo sacco i giudizi sprezzanti su Antonio Fazio (“stregone di Alvito”), sui Romiti (“famiglia Addams”), su Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli (“arzilli vecchietti”). Mister Tod’s è fatto così. E può permetterselo» (Gianni Gambarotta a Michele Arnese) [Fog 5/6/2012]. «Della Valle è la controfigura di Sgarbi a livello industriale, con lo stesso livore e la stessa inclinazione all’ingiuria gratuita» (Lupo Rattazzi).
• «Quello di Diego lo Scarparo è un ego impaziente di riconoscimenti che si condensa nella capigliatura ravviata di continuo, nei braccialetti seriali ai polsi, nei gessati da paesano metropolitano. “Guardami – sembra sempre gridare anche quando è muto – sono tanto ricco da poterti fare la lezione di vita”» (Alessandro Giuli) [Fog 19/9/2012].
• «Il Signor Tod’s a una partitella a pallone con gli amici non sa dire di no. Gioca ala destra e gli amici che invita a Casette d’Ete (Ascoli Piceno) o a Cala di Volpe rispondono ai nomi di Luigi Abete, Enrico Mentana, Massimo Moratti».
• Appassionato di vela, vacanze fra la Sardegna e la Corsica.
• Idoli: «Paul McCartney, quando ero un ragazzo di provincia».