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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Piera Degli Esposti

• Bologna 13 marzo 1939. Attrice. Nel 1992 premiata con l’Ubu per l’interpretazione di Madre coraggio di Brecht. Nel 2003 premiata col David di Donatello come attrice non protagonista per L’ora di religione (regia di Marco Bellocchio). Da ultimo vista al cinema ne La sconosciuta di Tornatore (2006) e ne Il divo (Sorrentino, 2008), dove interpreta Vincenza Enea, celebre segretaria di Giulio Andreotti.
• Vista anche nelle serie televisive Rai Tutti pazzi per amore e Una grande famiglia, entrambe dirette da Riccardo Milani. Nel 2013 il regista Peter Marcias, con il quale aveva girato nel 2010 I bambini della sua vita (Globo d’oro come migliore attrice), le ha dedicato Tutte le storie di Piera, un affettuoso ritratto attraverso i ricordi dell’attrice stessa e le testimonianze di chi ha lavorato con lei. «Raccontare una grande attrice è stato un compito arduo e al tempo stesso molto stimolante. Nel caso di Piera Degli Esposti, esempio di amore per la vita e per un lavoro difficile ma appassionante come pochi, mi sono concentrato sull’obiettivo di costruire uno strumento di studio per i nuovi attori, e più in generale per le nuove generazioni» (Peter Marcias).
• A teatro in Un’indimenticabile serata di Achille Campanile.
• «Io faccio l’attrice per consolare, non per pavoneggiarmi».
• Nel 1979, dopo averla vista recitare in Molly, cara (tratto da Joyce), Eduardo De Filippo sentenziò: «Questa è ’o verbo nuovo». Respinta all’Accademia, esordì con Calenda, Proietti e Gazzolo al Teatro dei 101, si affermò come prima attrice al Teatro Stabile dell’Aquila ne La figlia di Jorio e in Antonio e Cleopatra.
• «Attrice creativa nel suo antinaturalismo, icona pluriennale delle avanguardie, musa di cineasti e scrittori» (Leonetta Bentivoglio).
• Con Dacia Maraini ha scritto Storia di Piera (adesso nella Bur), «libro con il quale ha messo a nudo la sua infanzia dolorosa, il suo legame fortissimo con una madre fragile e splendente e un padre amatissimo e ancora più fragile. I suoi genitori soffrirono entrambi di disturbi nervosi che li costrinsero a ricoveri lunghi e dolorosi. E Piera, ancora bambina, era lì: piccola sentinella di tanta sofferenza» (Federica Lamberti Zanardi). Marco Ferreri, nel 1983, ne trasse un film con Marcello Mastroianni. «Durante il film poi lui fu così dolce nell’amare la mia mamma nel modo in cui la rappresentò. Quando è venuto a conoscerla fu bellissimo il loro incontro. Chiesi a mia madre: "Ti piace" e lei rispose: "Sì, quell’uomo è la sua testa". Aveva capito tutto. Era così anche se fisicamente io lo trovavo anche bello, come tutti gli uomini con la pancia» (a Anna Bandettini) [Rep 23/11/2013].
• «Quand’ero una ragazzina avevo lavorato con Zampa, Pasolini, Renato Castellani, ma io volevo prove atletiche, la recitazione “centimetrale” che mi offriva il cinema non era per me che avevo bisogno di fare salti lunghi. Con l’età e la stanchezza mi pare di aver capito il piacere del cinema e di una interpretazione più interiore».
• «Mi sento un’artigiana. Studio tante ore, mi preparo con metodo, sono meticolosa. E dopo tanto studio, ecco che spunta una vocina dentro di me che ha del miracoloso. La vocina si adagia sullo studio compiuto e riporta a galla la mia parte bambina».
• «Quando entro in una chiesa sono serena. Mi capitava anche da bambina. Appena potevo entravo in chiesa. Poi mi giustificavo con mio padre, comunista, dicendo che lì faceva fresco. Ma in realtà ci stavo bene. Come nel teatro. Per me è un tempio. E io mi sento un’abitante del tempio. Il teatro ha un carattere terapeutico. Per tutti. Dove c’è il teatro non c’è il delitto».
• Ha avuto due compagni molto più giovani: Massimo, 18 anni meno di lei (insieme per 8 anni), e Alberto, 28 anni meno, morto in un incidente stradale dopo una relazione di «12 o 14 anni».
• «Non mi sono mai sposata. Ho avuto parecchi compagni, gli ultimi due più piccoli di me, uno di diciotto, l’ultimo quasi di trenta, morto in un incidente. Ma non c’entra la carnalità. Quella ginnastica non m’interessa. Mi ritengo donna più mentale che fisica. Non nego il piacere di un leggero profumo di scandalo, che poi va via e diventa affetto e poi noia. Difficile mantenere l’inquietudine in un rapporto a due» (a Giancarlo Dotto) [Gioia 16/7/2010].
• «Follie per amore? A me è capitato: con Robert Mitchum. Me ne innamorai a 14 anni, vedendolo in un film, e per anni ho coltivato questa passione. L’ho immaginato, l’ho inseguito, gli ho persino scritto una lettera d’amore. E alla fine l’ho incontrato, a Roma, nel 1996, a casa di Lina Wertmuller.
Appena lo vidi non capii più nulla: era splendido, nonostante fosse prossimo agli ottant’anni e fosse già stato colpito dalla malattia che lo avrebbe portato via l’anno seguente. Passammo una serata meravigliosa. Io ero seduta accanto a lui e, alla fine della cena, gli lessi la lettera. Mi abbracciò, mi fece sedere in braccio a lui. Io sentii il mio corpo fremere. Alla fine ci baciammo. Sulla bocca. E non era certo un bacio da ragazzini. Mi disse di andarlo a trovare a Santa Barbara, dove viveva. E, prima di andarmene, mi chiede se volevo andare da lui, in albergo. Non lo feci, ma non per moralismo. Se lo avessi visto nudo, spogliato, se avessimo fatto l’amore, forse l’avrei visto come un uomo fra tanti. Avrebbe perso quella dimensione magica, da mito. Invece, con quell’incontro, e quell’unico, irripetibile bacio, Mitchum sarebbe rimasto per sempre l’amore dei miei 14 anni. Il “mio” Robert» (a Monica Mainardi) [Chi 4/3/2009].
• «Se vado nelle case altrui dormo meglio, forse perché non ho mai voluto famiglia».
• «Ho difeso la mia famiglia. Perché non ricordo con la stessa forza quello che mi è accaduto fuori dalla famiglia. (…) Non ricordo nulla con la stessa intensità e nitore, come quella prima parte della mia vita con loro: con mio padre, mia madre, i miei fratelli e sorelle. Loro sono stati l´aratro che hanno permesso a me di mettere radici. (…) Ci amavamo, semplicemente. E questo non so se accade in tutte le famiglie. C´erano il babbo e la mamma, Franco e Carlo e Carla che non c´è più. Sono stati il mio pubblico che mi ha amato, sopportato, incitato» (a Antonio Gnoli) [Rep 18/7/2011].
• Vive con l’ incubo perenne (e infondato) di venire aggredita da un serial killer «si è fatta costruire, a casa propria, un ascensore trasparente» (Michela Proietti) [Cds 10/2/2011].
• Non usa internet «Tranne il cellulare, non ho altro che prenda il mio tempo. Sì perché sono legata a un tempo che non mi incanti, che non mi trattenga, che non mi venga rubato da cd o videogiochi o altri marchingegni. Voglio scegliere io quando occuparmi di una cosa. Ho bisogno di prendere in mano quel libro per leggere, o di un disco per ascoltare musica. Se mi incanto su qualcosa sento che sto perdendo qualcosa. Credo di essere rimasta l’unica che fa quel gesto di leggere la posta aprendo le lettere» (a Anna Bandettini cit.).
• «L’analisi ha sostituito il dialogo. Capisco chi dice: ma come paghi per dialogare? Per me è una necessità. Ho avuto un’analista straordinaria e poi un dottore psicoanalista che ho ribattezzato il ‘signor pomeriggio’, col quale affrontavo le mie paure. Adesso è subentrata una nuova cosa che mi ha aiutata ad avere meno paura: il buddismo (…) Volevo un tramonto rosso. Non lo volevo maturo, vecchio, discendente. Bensì un tramonto sgargiante. E ho cominciato a leggere testi e a conoscere persone che desiderano la pace e la felicità del genere umano. Uno può dire che tutti fanno questo discorso e che sono generici e consolatori. Ma se lo fai seguendo una disciplina che ti porta tutti i giorni a volere questo per te e per gli altri, allora il senso è diverso. (…) Temendo io la morte, che già prende tanto spazio nei miei pensieri, vorrei sentirmi un po’ immortale, in quel tramonto. Questa è la cosa patetica su cui a volte mi piace fantasticare. D’altra parte, lascio alla fantasia il suo diritto di vivere anche sopra la vita»
(a Antonio Gnoli cit.).
• «Nel regno dell’immagine vince la parola, quella vera, detta con coraggio, che esprime tutto ciò che abbiamo dentro. Solo chi non si vuole esporre parla come tutti gli altri, molti ripetono le stesse parole, "assolutamente sì, assolutamente no, perfetto, devastante, anche no. (…) Non si tratta solo di pigrizia verbale, è avarizia verso se stessi e gli altri. Bisogna raccogliere ed esprimere tutto ciò che abbiamo dentro, immagini, associazioni mentali, fantasie, sensazioni, memorie, suoni. Una ricchezza enorme che va difesa e detta. Credo moltissimo nella parola, è la nostra forza, bisogna studiarla e amarla, è lei che ci conduce!» (a Livia Grossi) [Cds 28/6/2012].
• «La prima cosa che chiedo ai registi, anche piccoli: "Sarai buono sul set?", non posso lavorare con una persona che temo. Mi accadde anche con Strehler che mi propose la parte nel Temporale di Strindberg con Tino Carraro e Franco Graziosi. Mi chiamava Mollina, perché avevo interpretato Molly cara. Era abile, seducente, ma quando alla fine dissi no alla parte se la prese al punto che le volte che capitava di incontrarsi, mi additava come la stronza. Per lui era inconcepibile che avessi rifiutato la sua offerta» (a Gnoli cit.).
• «Quando ho fatto Bisturi la mafia bianca, il regista, Luigi Zampa, mi diceva che ero una ragazza con la faccia da cinema. Secondo Pasolini somigliavo a Alberto Sordi e, quando ridevo, sembrava che piangessi».
«Appartiene a quella categoria di attori superiori, che ti portano dove vogliono. Piera Degli Esposti appartiene alla categoria degli inarrivabili» (Paolo Sorrentino).
«Quando entra in scena, anche se il suo non è un personaggio principale della storia, senti immediatamente un’energia speciale» (Giuseppe Tornatore).
«A lei devi dare una scena importante.Va come contenuta in uno spazio nel quale darle un’ampia libertà» (Marco Belocchio).
«Forse è l’attrice più umile che abbiamo mai incontrato. È una grande, e ha coscienza di esserlo, ma non ha bisogno di dimostrare niente, lei è» (Paolo e Vittorio Taviani).
• «Siamo proprio sicuri che il cinema abbia bisogno di facce nuove? A noi piacciono anche quelle che già ci sono e che, sporadicamente, appaiono. Piera Degli Esposti è una di queste. Una scoperta in ogni suo ruolo, un inseguimento verso uno status di "attrice totale" che poche riescono e riusciranno a ottenere. Marco Ferreri su di lei ci scommise tutto quello che aveva, e vinse. È universalmente riverita come la più grande attrice teatrale italiana vivente, è stata anche aiuto regista, scrittrice, poetessa, regista di opere liriche e molto altro. Bellissima nella sua giovinezza, arrogante nella sua recitazione, è cresciuta artisticamente e umanamente fra palco e set cinematografico, diventando una sempre magnifica donna dall’indipendenza artistica oltraggiosa» [www.mymovies.it].