30 maggio 2012
Tags : Pietro De Negri
Biografia di Pietro De Negri
• Calasetta (Carbonia-Iglesias) 28 settembre 1956. Meglio noto come “er Canaro”. Dopo la morte del padre si trasferì a Roma, alla Magliana, mentre la madre e i cinque fratelli andarono a vivere a Ferrara.
• «Era il 18 febbraio dell’88 quando, in una discarica di via Cruciani Alibrandi, al Portuense, un allevatore di cavalli scoprì qualcosa che assomigliava a un cadavere e che finiva lentamente di bruciare. La vittima fu identificata per Giancarlo Ricci, 31 anni, un tipo violento, un prepotente che spesso risolveva le questioni a cazzotti e che si era fatto parecchi nemici. Accecato, evirato, le orecchie tagliate, il cranio sfondato a martellate: “Questo ha fatto uno sgarro a una gang di spacciatori e gliel’hanno fatta pagare” ipotizzarono gli investigatori. Sbagliavano. Due giorni dopo fu arrestato un tizio mingherlino, il tosacani di via della Magliana 253, che aveva confessato una rapina a uno spacciatore di coca assieme alla vittima. Una notte in questura, il racconto non regge e De Negri crolla: “Sì, sono stato io. Gli ho tagliato le orecchie come a un dobermann, gli ho aperto la testa e gli ho lavato il cervello con lo shampoo dei cani. Non ne potevo più di quell’infame”. Vittima e carnefice, l’ex pugile e il tosacani, fino a quando i ruoli si invertono nel modo più atroce. “Mi insultava, mi sfotteva, m’aveva rubato la radio della macchina e per ridarmela m’aveva scucito 200 sacchi. Ma la cosa che m’ha fatto uscire di testa è stata quando ha preso a calci il mio cane, che c’entrava lui?”. La trappola è organizzata con cura: una rapina a uno spacciatore di coca. De Negri convince Ricci a nascondersi in una gabbia di cani in attesa del pusher, poi lo ammanetta con due guinzagli. Comincia il massacro: “er Canaro” imbottito di cocaina sfregia l’ex pugile, gli amputa le dita e i genitali, lo fa rinvenire, cauterizza le ferite con la benzina. Si interrompe per andare a prendere la figlia a scuola poi si precipita al negozio e ricomincia. Fino alla fine. “Giancarlo sembrava uno zombie perché non moriva mai. Alla fine, esasperato, l’ho soffocato mettendogli in bocca tutte le parti del corpo che gli avevo amputato. Volevo esporlo nella piazza del quartiere, ma poi ho deciso che era meglio buttarlo via”. Arrestato il 21 febbraio 1988, De Negri tornò in libertà per un breve periodo il 12 maggio dell’anno successivo: infermo di mente e non pericoloso socialmente, almeno secondo i giudici. Poi il nuovo arresto e la sentenza definitiva: 24 anni» (Massimo Lugli).
• «Divenne un detenuto modello e passò diciassette anni collezionando radioline fuori uso e aiutando i malati di Aids». Poi, il 26 ottobre 2005, la scarcerazione. Vent’anni dopo il fattaccio «ha quasi realizzato il suo sogno: farsi dimenticare. Vive al Quartaccio, con la moglie e la figlia, lavora come fattorino in uno studio di commercialista e da quando è uscito dal carcere con uno sconto di tre anni per buona condotta non ha aperto bocca se non per implorare: “Lasciatemi in pace”» (Lugli).
• «Colpisce che in questa sua nuova vita, intorno a lui, nessuno si riferisca a lui come “il mostro”. Alfredo e Romeo sono due anziani che vivono nell’appartamento di fronte a quello della famiglia De Negri. Sanno chi è il loro dirimpettaio, cosa ha fatto, ma dicono: “È una persona buona, che ci aiuta. È venuto ad aggiustarci la casa, a dipingerla, e non ha voluto un soldo”» (Maria Corbi).
• Lo scrittore Vincenzo Cerami inserì la storia del Canaro in uno dei suoi libri, Fattacci, edito nel 1997 con il titolo La vendetta del Canaro.
• Là dove De Negri si fece giustizia ora c’è un pub.