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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Gianni De Michelis

• Venezia 26 novembre 1940. Politico. Dal 1976 al 1993 deputato socialista. «Se Craxi era Garibaldi, io ero il suo Cavour».
• Primogenito di Turno e Noemi Borghello, entrambi impiegati alla Montedison di Porto Marghera. Tre fratelli e una sorella. Laureato in Chimica industriale, fu docente universitario fino a quando non venne assorbito dalla carriera politica, che iniziò nel 1964: primo incarico, consigliere comunale di Venezia, poi assessore all’Urbanistica. Nel 1969 entrò nella direzione del Psi, poi fu responsabile nazionale dell’organizzazione del partito. Ministro delle Partecipazioni statali nel Cossiga II, Forlani, Spadolini I e II, Fanfani V (1980-1983), del Lavoro e della Previdenza sociale nel Craxi I e II (1983-1987), degli Esteri nell’Andreotti VI e VII (1989-1992), vicepresidente del Consiglio nel De Mita (1988-1989). Dal 2001 al 2007 segretario del Nuovo Psi, dal 2003 al 2009 parlamentare europeo, nel 2006 fu eletto deputato (ma lasciò il posto a Lucio Barani). Nel 2007, duramente contestato dalla componente di Stefano Caldoro, abbandonò il Nuovo Psi. Alle elezioni politiche del 2008 si candidò con il Partito socialista di Boselli, che però non è entrato in Parlamento. Nel luglio 2008 entrò a far parte del Partito Socialista di Riccardo Nencini. Nel 2009 divenne consulente di Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione durante il Governo Berlusconi.
• «È stato un potente. Ma veramente potente. Ha fatto parte di quell’arroganza politica e di quella supponenza partitica che è stata spazzata via dal ciclone Mani pulite. Al contrario di molti altri non si è nascosto in una tana. Ma non ha nemmeno sgomitato per restare a galla. Ha scelto il basso profilo» (Claudio Sabelli Fioretti).
• «Padre ingegnere, madre chimica. Si conobbero in fabbrica, a Porto Marghera. Eravamo tutti protestanti, mio nonno era pastore metodista. Io a 12 anni mi sentivo monarchico, solo Dio sa perché. Per due anni fui anche della Giovane Italia. Poi diventai radicale. Nel 1960, a 19 anni, mi iscrissi al Psi. La politica attiva la scoprii nell’Ugi, l’Unione goliardica italiana. La mia prima esperienza fu il congresso di Palermo. Io stetti dalla parte che sconfisse Craxi, da sinistra, ed eleggemmo Militello».
• «È un uomo che ha una visione. Quasi non importa quale, perché a colpire è il modo in cui la presenta, più che il contenuto. È anche l’uomo intemperante e smodato che ha contribuito non poco a dare del Partito socialista quell’immagine corriva che l’ha accompagnato alla distruzione. È riemerso da una lunga penitenza, dopo essere stato inquisito e isolato, buttato fuori dal ring della politica e costretto a far da spettatore. Lui, che era stato ministro per più di un decennio, aveva frequentato i grandi del mondo, agitato le notti della capitale e riso in faccia ai benpensanti» (Stefania Rossini).
• Nota la sua passione per le discoteche, nel 1988 per Mondadori scrive Dove andiamo a ballare stasera? Guida a 250 discoteche italiane. «Io mi differenziavo dagli altri. Andavo a ballare. Giravo con belle donne. Perché no? Ero single. Avevo un comportamento trasparente. Ritenevo più disdicevole l’ipocrisia. Io vivevo a Roma e conoscevo i comportamenti di quasi tutti i miei colleghi di qualsiasi partito, maggioranza e opposizione. Tutti ipocriti».
• «Onestamente, io devo ringraziare Bin Laden. Senza l’11 settembre sarei rimasto una non persona, quella costruita da Mani pulite e scomparsa da ogni radar. Dopo le Torri Gemelle anche il cittadino più distratto ha cominciato a sentire di nuovo il bisogno di competenza, a desiderare di sentir ragionare. Non così il ceto politico. È stato un bel giorno quando ho cominciato a ricomparire nei radar e a essere invitato in televisione». «Ho fatto il ministro dodici anni. Ho ricevuto un migliaio di lettere anonime. L’ottanta per cento erano sui miei capelli».
• «Veder Gianni mangiare è come leggere Rabelais: mangia per tre, quattro, cinque uomini della sua età e dei suoi impegni» (un’amica prima che si mettesse a dieta).
• Due mogli: da Francesca Barnabò, sposata nel 1965, ha avuto Alvise. «Se n’era già andata nel ’78, in pieno femminismo, facendomi scontare pesantemente il mio carattere farfallone». Nel 1997 sposò la commercialista Stefania Tucci, 25 anni più giovane, matrimonio durato solo due anni: «Aveva scelto una specie di pensionato che divideva il mondo in quadratini. Quando ho ricominciato a far politica, non ha più funzionato. Ma restiamo grandi amici».
• «Oggi porta i capelli corti, niente più riccioli sulle spalle, qualche chilo in meno e abita in un piccolo ed elegante appartamento in via Archimede, ai Parioli» (Fabrizio Roncone).