30 maggio 2012
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Biografia di Nicola De Maria
• Foglianise (Benevento) 6 dicembre 1954. Pittore. Nominato commendatore da Giorgio Napolitano nel 2012.
• «Sono uno che scrive poesie con le mani piene di colori».
• «Ha sempre avuto una passione per i fogli a quadretti, i quaderni a righe e più in generale per le carte, con le loro filigrane, fin da ragazzino, “le carte della spesa, quelle del macellaio, del pescivendolo, quelle da zucchero, erano belle, avevano un misterioso tessuto. Ho sempre lavorato su quelle carte. Ancora oggi vado alla fine dei mercati a cercarle, a raccoglierle. Metto via, poi anche a distanza di anni escono fuori, trovano il loro colore, la loro forma”. Sono le carte delle sue prime “poesie” con le matite, la tempera e l’imprevedibilità dell’acquarello, quelle che fa a Napoli e poi a Torino, quando ci arriva negli Anni Sessanta, e che spesso i genitori, come fossero scarabocchi, buttano. Il padre, ricorda De Maria, concedendo un minimo di autobiografismo, che tiene sempre lontano dal suo fare pittorico, chiede ai figli che città del Nord vorrebbero abitare: Firenze, Milano o Torino. Lui e il fratello dicono: Torino perché è la città del Risorgimento che hanno studiato a scuola, perché è la città dell’Unità d’Italia, perché ha grandi viali alberati. E qui fa studi scientifici, ma è il Surrealismo a fargli capire che a interessarlo è la scienza che studia la profondità dell’uomo e allora il passaggio fra scienza e arte diventa breve. Recupera i suoi disegni, decide di essere pittore, si lega in amicizia con Antonio Carena, guarda i colori di Menzio e di Paolucci, di Parisot, i gesti di Pinot Gallizio, conosce Marisa e Mario Merz che gli presenteranno Giorgio Persano, con Amelio, uno dei primi galleristi ad offrirgli ospitalità» (La Stampa).
• Amelio gli organizza la prima mostra nel 1975. «A quel tempo un giovane che sognava di essere artista doveva essere inquieto e tempestivo. Quindi si adoperavano anche i mezzi tecnici della modernità, diapositive proiettate per creare ambienti colorati o addirittura fotografie. Nel giro di poco tempo però se ne era compresa l’insufficienza. Ho capito che bisognava dipingere perché nella pittura, e non nei mezzi della tecnologia, c’è tutta la libertà del mondo. Nella mia prima mostra a Napoli da Lucio Amelio, in una torre sul mare, proiettai delle diapositive che avvolgevano lo spazio nel colore, coloravano l’aria» (a Paolo Vagheggi).
• Bonito Oliva lo chiama a far parte del gruppo ormai storicizzato della Transavanguardia, nato alla fine degli anni Settanta. Dei cinque protagonisti del movimento (gli altri sono Chia, Clemente, Cucchi e Paladino), De Maria è il più astratto. «La sua storia è segnata dai rossi, dai gialli, dagli azzurri, un percorso centrato sull’essenzialità del colore e le sue risonanze emotive, resa visibile nei quadri, dove dai fondi astratti, spesso monocromi, emergono lirici segni - fiori, stelle, alfabeti che nascono “dall’ispirazione” - sia negli interventi a scala ambientale» (Vagheggi).
• «La sua energia creativa, il suo immaginario, il suo sguardo, si concentrano su una realtà “altra”, su mondi sconosciuti e accoglienti, sognanti, luminosi, su “un universo senza bombe”, come recita il titolo di una delle opere. Per la sua matrice astratta e lirica, De Maria è stato spesso paragonato a Klee, Poliakoff, Kandinsky» (Lea Mattarella).
• «Non posso negare il debito continuo che ho verso artisti come il Beato Angelico o Filippo De Pisis. Ce ne sono moltissimi altri, non posso elencarli tutti. Non può essere che così. L’arte ha una linea continua, vive anche nascosta, al di là delle convenzioni e parla anche dopo mille anni. E non c’è, come ha detto qualcuno, un ritorno alla pittura. Non è mai finita. La pittura non è una noiosa esperienza del passato. La maggior libertà che si può ottenere è dipingere». [Lauretta Colonnelli].