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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Vincenzo De Luca

• Ruvo Del Monte (Potenza) 8 maggio 1949. Politico. Presidente della Regione Campania (dal 1° giugno 2015). Già sindaco di Salerno per quattro mandati (eletto nel 1993, 1997, 2006 e 2011), dichiarato decaduto il 3 febbraio 2015 dalla Corte d’Appello di Salerno. Eletto alla Camera nel 2001 e 2006 (Ds/ Ulivo): componente della Commissione Agricoltura nella XV legislatura (2006-2008). Sottosegretario ai trasporti nel governo Letta. «Il Chàvez della Campania» (Antonello Caporale).
• Molto attento sul versante della sicurezza, ha dotato di manganello e spray urticante i vigili urbani, reso sempre più frequenti i controlli della polizia municipale nelle zone della città dove maggiore è la presenza di attività illegali gestite da extracomunitari, firmato un provvedimento «contro i cafoni» (multa fino a cinquecento euro per chi imbratta le strade della città e per chi bivacca in luoghi pubblici) ecc.
• Grande avversario di Antonio Bassolino: «La tesi più accreditata fa risalire tutto alla metà degli anni Settanta. Sezione Di Vittorio del Pci, a Salerno. Tra gli iscritti, due giovani emergenti: Antonio Bassolino e Vincenzo De Luca. Promettono bene, ma non legano. Caratteri troppo diversi: uno introverso, diffidente, di umili origini e con poco tempo per coltivare hobby (l’arte contemporanea è una scoperta recente). L’altro estroverso, narciso, laureato in Filosofia, due passioni: Bacone e la chitarra (sarebbe memorabile la sua interpretazione di Bandiera rossa). E quando l’allora segretario, Franco Fichera, va via, scoppia la crisi. De Luca aspira a sostituirlo, ma Bassolino gli preferisce un uomo a lui vicino, Paolo Nicchia. E la faida, per alcuni, prende inizio quel giorno» (Angela Frenda). Grande fair play però durante l’emergenza rifiuti: «Disprezzo quelli che quando c’è da fare una battaglia in tempo utile si rifugiano nell’opportunismo e poi, al momento del disastro, s’atteggiano a grilli parlanti».
• Polemiche nel dicembre 2007 per l’idea di far custodire le sue ceneri in un’urna da mettere «al centro» di una nuova piazza sul lungomare: «La piazza rappresenterà la liberazione, la vittoria di una battaglia che ha richiesto impegno e sacrificio personale».
• Nel marzo 2008 è volato a Los Angeles per convincere l’architetto Frank O. Gehry (autore del museo Guggenheim di Bilbao) a progettare il termovalorizzatore di Salerno. L’idea si è però rivelata troppo complicata: «Due anni e mezzo solo per il progetto esecutivo, non possiamo aspettare…».
• Candidato nel 2010 dal centrosinistra a presidente della Regione Campania e sconfitto da Stefano Caldoro, il 2 maggio 2013 nominato sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti del governo Letta. Nel novembre dello stesso anno l’Autorità garante della concorrenza e del mercato stabilì che le due cariche erano incompatibili ma lui «ha ignorato il termine del 30 novembre fissato dall’Antitrust ribadendo, in sostanza, che il conflitto non c’è perché non ha le deleghe» (Ottavio Lucarelli) [Rep 29/11/2013]. Negli stessi giorni trovano una testa di maiale mozzata nell’androne del palazzo dove abita e il suo nome viene iscritto nel registro degli indagati per la variante al Piano urbanistico attuativo e un grattacielo che deturperebbe il Lungomare. Condannato in primo grado nel maggio 2013 per diffamazione aggravata nei confronti di Marco Travaglio: durante la campagna elettorale per le Regionali 2010 aveva definito il giornalista, in pubblico, un «grandissimo sfessato, che aspetto di incontrare per strada al buio qualche volta a Roma».
• Nel gennaio 2015 è stato condannato in primo grado a un anno di prigione per abuso d’ufficio relativo al caso della realizzazione di un termovalorizzatore; la condanna prevedeva anche l’interdizione per un anno dai pubblici uffici. Decaduto per alcuni giorni dall’incarico di sindaco di Salerno, come previsto dalla legge, aveva poi presentato ricorso al Tar contro la sospensione e i giudici del Tar gli avevano dato ragione, reintegrandolo, in attesa di una pronuncia definitiva della Corte Costituzionale.
• Nel marzo 2015 vincitore delle primarie del Pd per le Regionali campane con il 52% dei consensi contro Andrea Cozzolino (43%). L’8 maggio il Tar della Campania respinse il ricorso del Movimento Cinque Stelle sulla incandidabilità di Vincenzo De Luca alla carica di presidente della Regione in applicazione della legge Severino. In base alla loro interpretazione, infatti, tale legge consentiva a De Luca di candidarsi, ma, qualora eletto, ne avrebbe decretato quasi automaticamente la sospensione (per un minimo di diciotto mesi).
• Il 29 maggio la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi rese nota la lista degli «impresentabili» alle imminenti elezioni, includendovi lo stesso De Luca (in quanto rinviato a giudizio nel 2008 per un’accusa di concussione, truffa e abuso d’ufficio risalente al 1998, e per la quale egli stesso ha rinunciato alla prescrizione). Questi prontamente reagì – «un po’ più che furioso: tipo un puma cui hanno infilato uno spillo nella pancia» (Fabrizio Roncone) [Cds 30/5/2015] – annunciando querele contro la stessa Bindi. E due giorni dopo vinse le Regionali campane.
• Nonostante le vicende giudiziarie, le accuse di essere un “cementificatore”, le posizioni politiche non sempre allineate al partito di appartenenza e le presunte incompatibilità, è rimasto periodicamente, nei sondaggi, ai primi posti nel gradimento dei sindaci italiani. Dalla sua scheda sul sito della città campana: «Salerno è assurta a modello nazionale ed europeo per la sua capacità di cantierare e realizzare opere pubbliche, per un esemplare modello di gestione integrata dei rifiuti solidi urbani che ha conferito alla città il primato per percentuale di raccolta differenziata».
• «È un tipo sanguigno e anche divertente da vedere su YouTube e da ascoltare alla radio. Si tratta in ogni caso di un personaggio “cult”, una rappresentazione evoluta di un populismo autoritario, o forse di un singolare plebeismo erudito e spettacolare, comunque dotato di una così fantastica inventiva polemica da aver generato veri e propri gruppi di ascolto, non solo nelle redazioni, dediti a condividere infinite volte i crudi numeri di De Luca sulla capigliatura di Casaleggio (“un cane da pastore”) o sulla effettiva somiglianza del ministro Lupi alla “figlia di Fantozzi”; anche se taluni preferiscono esibizioni più ferme e contenute nel loro sdegno tipo la pubblica offerta di “Leocrema” a coloro i quali si sentissero da lui medesimo colpiti “nel delicato”. (…) Basti pensare che il personaggio è stato dichiarato decaduto per due volte da due distinti organismi e per due vicende nell’arco di appena dieci giorni. Ma siccome, come si sarà compreso, De Luca è un mega campione di tigna e inoltre dispone di un team di avvocati che ha poco da invidiare a quello di altri protagonisti della vita pubblica italiana, non c’è pronunciamento che non si tiri appresso una formidabile e intrecciatissima sequela di notifiche, ricorsi, delibere, impugnazioni, protocolli, albi pretori e precedenti emessi dall’inesorabile Tar, dall’immancabile Authority e da tribunali di vario ordine e grado. In ogni caso una caterva di atti processuali che si precedono, si rincorrono e danzano l’uno con l’altro in un crescendo che contempla, e più di una volta, una formula dinanzi a cui il giurista s’inchina, ma di cui il potere di De Luca si alimenta» (Filippo Ceccarelli) [Rep 3/3/2015].
• «Ha fatto cose quasi impossibili per Salerno, è oggetto delle attenzioni cattive e banali di alcuni pm e di alcuni giornalisti ammanettati al giustizialismo de’ noantri, è un combattente senza paura e con tutte le macchie necessarie a fare buona politica in una pessima società civile, ma strafottendosene. È ’nu ddio, per un mascalzone come me. E’ un tipo da cunto de li cunti» (Giuliano Ferrara) [Fog 30/5/2015].
• «Cafone diviene la parola clou del vocabolario. Cafone è colui che imbratta e colui che contesta. Cafone è il diverso, cafone è chi non rispetta le regole e – cafoni o figli delle chiancarelle (figli di puttana, cioè) – coloro che invece esigono il rispetto delle regole. In una città abituata all’anarchia dei comportamenti, alla radice clientelare della propria carriera, la proposta di De Luca di scambiare quel po’ di democrazia che rimane con più efficienza pubblica è accolta immediatamente con grida di giubilo» (Antonello Caporale) [Fat 3/3/2015].
• «De Luca ha stracciato, dieci a zero e palla al centro, ridicolizzandolo, Roberto Saviano. Il quale, dall’alto di una presunta cattedra di autorità morale e di censore radical chic, alla vigilia della gara per le primarie campane (del 1° marzo 2015, ndr) ha sentenziato l’obbligo etico dell’astensione: perché “i candidati sono espressione della politica del passato e le elezioni saranno determinate da voti di scambio”. Risultato: affluenza record e trionfo del candidato più inviso allo scrittore rivelatosi, e non per la prima volta, campione dell’opinione mediatica sulla politica che prescinde dalle dinamiche territoriali e non sa vedere la politica com’è nella realtà e fuori dai salotti. Ha anche dimostrato, lo sceriffo fascio-comunista campione del pugno di ferro in guanto d’acciaio e sospeso da sindaco per incompatibilità con la vecchia carica di sottosegretario nel governo Letta, quanto weberianamente parlando (egli si laureò all’università di Napoli con il filosofo Biagio De Giovanni) la politica come professione alla fine prevalga, con tutti i suoi limiti e in questo caso anche con le storture demagogico-personalistiche in salsa indigena, sulla mediatizzazione e sulla liquidità della neo-politica al tempo del tweet» (Mario Ajello) [Mes 3/3/2015].
• «In gioventù, fresco di laurea in filosofia, gli operai del Pci lo chiamavano il “professore”. Ma pochi anni, il tempo di manifestare la propria attitudine al comando, e di colpo divenne “Pol pot”. Nel ’93, quando fu eletto per la prima volta a Salerno, provò a definirsi “il sindaco della gente”. Non funzionò. Pochi giorni e fu “lo sceriffo rosso”. Poi “lo sceriffo” e basta. Oggi a molti fa venire in mente Walker Texas, il ranger dei telefilm. Ma il troppo spesso si rivolta nel suo contrario. E così, più De Luca fa il guascone, più il web lo impallina. Per lungo tempo è stato “Vicienzo ’a fontana”, a causa del suo amore per l’arredo urbano e gli zampilli. Ora è la volta di “Frullino”, e il riferimento è a una frase d’amore scritta su un muro (“Frullino, sei il mio battito d’ali”). Il fatto è che De Luca non sopporta gli imbrattatori, specialmente se sono rom (“gli zingari li prendiamo a calci”). A uno così, che pure frequenta “vip” come Sabrina Ferilli, Vittorio Sgarbi e il direttore d’orchestra Daniel Oren, a cui ha affidato la direzione del teatro Verdi, chi mai darebbe il benservito?» (Marco Demarco) [Cds 3/3/2015].
• Separato da Rosa Zampetti, due figli: Piero e Roberto. Il primo, avvocato in forze alla Corte di giustizia in Lussemburgo, è stato eletto in quota renziana all’assemblea nazionale del Pd. È anche indagato con l’accusa di corruzione nell’inchiesta sul fallimento del pastificio Amato. Il secondogenito, Roberto, è assegnista di ricerca in marketing e comunicazione e responsabile del dipartimento economia della direzione provinciale di Salerno del Pd.
• Da non confondere col Vincenzo De Luca (Forino, Avellino, 18 agosto 1948), già assessore ai Lavori pubblici della Giunta regionale campana presieduta da Bassolino e dal 2008 senatore del Pd, nonché col console generale a Shanghai.