30 maggio 2012
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Biografia di Erri De Luca
• (Enrico) Napoli 20 maggio 1950. Scrittore. Biblista. «Faccio il conducente di storie».
• «Scrittore di fama internazionale, ex operaio, ex fattorino, ex magazziniere, ex muratore, ex autista di convogli umanitari in Bosnia, volontario in Tanzania, ex fotografo, ex rivoluzionario. Ho dimenticato qualcosa di importante? No, il resto si può dimenticare» (a di Daria Bignardi).
• Ultimo libro: i tre racconti inediti La storia di Irene (Feltrinelli, 2013). Tra gli altri titoli: Il giorno prima della felicità e Il peso della farfalla (Feltrinelli, 2009, il secondo anche in audiolibro per Emons), E disse e I pesci non chiudono gli occhi (Feltrinelli, 2011). Ne Le sante dello scandalo (Giuntina, 2011) raccontò la storia di cinque donne rivoluzionarie. Un successo editoriale Il turno di notte lo fanno le stelle (Feltrinelli, 2012). Ha tradotto e curato, sempre per Feltrinelli, L’ultimo capitolo inedito de La famiglia Mushkat. La stazione di Bakhmatch di Isaac B. Singer e Israel J. Singer (2013). Non ora, non qui (1989), In alto a sinistra (1994), entrambi editi da Feltrinelli. «Il dialetto è come lo sport: deve essere appreso in prima età. Contiene destrezze muscolari, abilità, passi e scorciatoie inammissibili fuori dal campo...». Nel 2013 è anche autore di Chisciottismi, reading musicale che lo vede sul palco come voce recitante dei suoi testi, assieme al cantautore Gianmaria Testa (chitarra) e a Gabriele Mirabassi (clarinetto). Collaboratore di Repubblica, Manifesto e Vanity Fair.
• «La mia era una famiglia di borghesi impoverita dalla guerra. Ma i libri erano una tappezzeria domestica. Sono stato per sei anni militante di Lotta continua e poi ho fatto l’operaio per venti finché i libri non mi hanno tirato fuori dalla fabbrica»
• Ha lasciato Napoli a 18 anni ora vive nella campagna romana: «Mi sveglio alle cinque, leggo un po’ di ebraico antico, un po’ di yiddish e di Russo, così per svegliarmi un po’. Poi se devo scrivere qualcosa scribacchio e dopo vagabondo: faccio le faccende domestiche o vado a scalare vicino Roma».
• «Abbraccia due piani di scrittura: la narrativa, in cui spesso compare Napoli (città dov’è nato prima di studiare a Roma al liceo francese), e le traduzioni dall’ebraico e dallo yiddish. “È stata la solitudine ad avvicinarmi a questa lingua, diventato oggi un impegno nello studio quotidiano”, un esercizio che lo porta a curare molte traduzioni per Feltrinelli (Vita di Sansone, Libro di Rut, Giona/Ionà, Esodo/Nomi). De Luca ha svolto una varietà infinita di lavori (operaio qualificato in Fiat, magazziniere all’aeroporto, camionista, muratore): “Tutte esperienze che hanno inciso sui miei libri, dove le storie sono prese da vita vissuta”. È stato impegnato politicamente sul fronte del 68, dirigente attivo di Lotta continua, volontario delle missioni umanitarie in Bosnia: “Vedere la guerra accanto a casa mi ha colpito profondamente”» (Giorgia Garberoglio).
• «So scrivere soltanto di cose che ho vissuto in presa diretta. Nel napoletano mi muovo a mio agio. È la mia lingua madre. È una lingua svelta, che risparmia tempo e spazio. Abbiamo conquistato il record mondiale della brevità con il verbo andare: i’, una vocale appena. Io l’ho imparata da bambino, quando in famiglia di sera leggevamo a voce alta le commedie di Eduardo e le poesie di Di Giacomo».
• Nel 2013 denunciato dopo ha ammesso di aver partecipato a dei sabotaggi No Tav in Val di Susa: «Un intellettuale deve essere coerente e mettere in pratica ciò che sostiene. Ho partecipato ai blocchi dell’autostrada insieme a maestri elementari, vigili urbani, madri di famiglia. Il blocco stradale è certamente un atto di ostruzionismo. Diciamo che è una forma di sabotaggio alla libera circolazione. Il termine sabotaggio fa parte di una lunghissima tradizione di lotte del movimento operaio e sindacale (…). Io non uso le parole a caso. Le parole hanno un peso» (a Paolo Griseri) [Rep 8/9/2013].
• «Fedele alle sue provocazioni No Tav, anzi, le esaspera, ricavandone grande visibilità» (Luca Mastrantonio) [Cds 21/10/2013]. Si schierò anche contro l’inceneritore di Giugliano, a Napoli.
• Alpinista: «Il gusto dell’arrampicata sta nel fatto che il corpo prende il sopravvento sulla testa. Governa lui. È il regime democratico del corpo, la sua presa del potere». Giurato a Cannes insegnò al suo autista a scalare.
• Dice di non conoscere nostalgia né perdono.