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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Francesco De Gregori

• Roma 4 aprile 1951. Cantante. Autore. «Fuori dalle virgolette io detesto il Festival di Sanremo. Il festival non mi avrà».
Vita Figlio di Giorgio, bibliotecario, e Rita, insegnante liceale. Francesco De Gregori si chiamava uno dei fratelli maggiori di suo padre, «aveva pochi anni più di lui», partigiano della brigata Osoppo. Assassinato dai partigiani gappisti, a Porzus, con il fratello di Pasolini (a Pasolini dedicò nel 1985 la canzone A Pa’, contenuta nell’album Scacchi e tarocchi). È cantautore anche suo fratello Luigi, con il nome d’arte di Luigi Grechi (sua, per esempio, Il bandito e il campione): «Lui ha una storia musicale molto precisa, fa quello che vuole e non ha revanche nei confronti di un certo tipo di successo, anzi. Essendo più vecchio di me, anche se non si vede, ha cominciato per primo a suonare la chitarra ed è stato lui che mi ha portato al Folkstudio. È sempre il primo a sentire i miei dischi e quello di cui ascolto più volentieri i consigli. E da sempre è riconosciuto che il musicista della famiglia è lui». Liceo classico al Virgilio di Roma. Iscritto alla facoltà di Lettere e Filosofia. Avrebbe dovuto laurearsi in Storia Contemporanea con una tesi sulle biblioteche popolari del fascismo con Renzo De Felice, «un uomo delizioso, il contrario del barone. Disponibile, puntuale, attento ai suoi allievi. Ne ho un bellissimo ricordo». Non si è laureato.
• Chitarrista di Caterina Bueno, poi al Folkstudio di Roma, nel 1972 il primo album (Theorius Campus) con Antonello Venditti, nel 1973 Alice non lo sa gli valse l’ultimo posto a Un disco per l’estate. Poi Francesco De Gregori (1974), Rimmel (1975). Altri successi: nel 1978 Generale e Ma come fanno i marinai, la tournée con Dalla e Ron (Banana Republic), Titanic del 1982 eccetera.
• Contestato il 2 aprile 1976 al Palalido di Milano dall’estrema sinistra. Al termine di un concerto, dopo averlo interrotto per tutta la serata («la Rivoluzione non si fa con la musica. Lo diceva Majakovskij che era un vero rivoluzionario e si è suicidato. Suicidati anche tu» gli aveva urlato uno), i contestatori s’infilarono nel suo camerino: «Vennero a prendermi in dieci, uno aveva una pistola, e mi fecero tornare sul palco, dove venni sottoposto a una sorta di processo popolare». Tra gli agitati c’era Gianni Muciaccia, allora fidanzato di Jo Squillo, Marcello Baraghini di Stampa Alternativa, e Nicoletta Bocca, figlia di Giorgio Bocca. Fu chiamata la polizia. Tour sospeso, i musicicsti, per suo volere, furono pagati come se avessero fatto tutte le date. Baraghini: «Non ricordo molta violenza quella sera. Esasperazione sì. Ricordo bene De Gregori stizzito. Avrebbe potuto spiegarsi, ma non lo fece». De Gregori: «La contestazione è quando tu prendi una persona e gli contesti delle cose, ad esempio, tu hai fatto questo, questo e quest’altro. Perché? Hai fatto male. Un’aggressione è quando io ti prendo a cazzotti e ti dico che sei stronzo. Quella fu un’aggressione, cioè non ci fu nessun dialogo».
Ispirazioni «Io ho avuto tre fascinazioni: De Andrè, scoperto sui banchi del ginnasio, voce pazzesca, direzioni inaudite, carica poetica mai sentita, mi si aprì un mondo; Cohen e Bob Dylan. Ma Cohen si è via via rarefatto, Dylan è rimasto riferimento fortissimo perché riassume in sé diecimila voci, stili, maniere, è un melting pot musicale dell’America, una cornucopia di cose: ha fatto blues, rock, gospel, folk, ora sta addirittura per uscire un suo disco in cui fa il crooner, canta Frank Sinatra. E la sua indipendenza di uomo e d’artista, di intellettuale! A proposito di coerenza, Dylan ha tradito se stesso e il pubblico diecimila volte, pagando anche molti prezzi, come quando si è permesso di abbracciare una chitarra elettrica: l’hanno crocifisso, ma è andato avanti per la sua strada. Tutti pretendono sempre di dirti chi sei e cosa devi fare, ma un artista deve sfuggire a tutto questo» (a Valeria Palermi) [Esp 2/1/2015].
Gli amici De André: «Facemmo anche un disco insieme, Volume VIII. Lui dormiva di giorno, io di notte. Fabrizio stava sveglio sino all’alba, a leggere, bere, comporre musica. Prima di andare a letto mi svegliava, e io proseguivo il lavoro dal punto in cui l’aveva interrotto». «Credo che non avrei mai fatto questo mestiere se a 12 anni non mi fossi imbattuto in canzoni come Il testamento o La guerra di Piero. Poi il nostro rapporto si è modificato. Lui ha scritto cose molto belle, magari non tutte così fondamentali per me». Venditti: «Convinti entrambi di essere dei geni, eravamo un po’ rivali, ma siamo sempre stati amici». Un’amicizia fatta di litigi e riappacificazioni, «screzi e battibecchi, incomprensioni che forse ancora si celano, come carboni ardenti, sotto una patina fatta di cenere» (Chiara Giannini) [Lib 3/7/2011]. Guccini: «Ho passato un bellissimo pomeriggio a casa sua, e poi basta». Dalla: «Diverso dagli altri, ma capace di mettersi in comunicazione con chiunque. Sapeva stare al gioco. Aveva un’istrionica potenza da cui eravamo tutti irresistibilmente attratti». Vasco Rossi: «Mi piace molto. È figlio della sua epoca, i primi Anni Ottanta, e pur essendo un uomo di sinistra per comportamenti e dichiarazioni, i suoi testi esprimono suggestioni individualiste, superomiste, futuriste; categorie considerate patrimonio della cultura di destra. È una riprova che le canzoni non devono passare attraverso i filtri della politica» • Racconta Baglioni: «Una volta andammo a suonare Dylan e i Beatles in strada, a Roma, al Pantheon. Era sabato pomeriggio. Non si fermò nessuno. Decidemmo di passare al nostro repertorio, avevamo già un paio di dischi di successo a testa, ma ci notò solo un giapponese che lasciò cadere una moneta nella custodia della chitarra».
Politica Da adolescente si iscrive al Partito comunista, come il fratello Luigi. In famiglia erano di estrazione moderata. Però non va ai cortei: «Solo un paio di volte, mi imbarazzava il rituale, i pugni chiusi, il canto di Bandiera rossa» • «Quando ho suonato per una causa politica mi sono sempre pentito, perché alla fine ci si sente usati. Resiste un’attitudine togliattiana: l’artista viene percepito come utile idiota. Colui che si presta. Quando i socialisti si appropriarono di Viva l’Italia per uno spot elettorale pregai un amico di farli smettere; però non avrei mai fatto causa al Psi. Avevo scritto una canzone su Craxi, L’uomo ragno, non mi piaceva la loro arroganza, ma era pur sempre il partito di Nenni, Lombardi e Brodolini» (ad Aldo Cazzullo) [Cds 31/7/2013] • Verso la sinistra è molto critico: «Cos’è oggi la sinistra italiana? È un arco cangiante che va dall’idolatria per le piste ciclabili a un sindacalismo vecchio stampo, novecentesco, a tratti incompatibile con la modernità. Che agita in continuazione i feticci del politicamente corretto, una moda americana di trent’anni fa, e della Costituzione più bella del mondo. Che si commuove per lo slow food e poi magari, en passant, strizza l’occhio ai No Tav per provare a fare scouting con i grillini. Tutto questo non è facile da capire, almeno per me. Alla fine la sinistra si è alleata con Berlusconi» (a Cazzullo, cit.) • Ha votato anche per Scelta civica di Mario Monti • «Sono stato berlusconiano solo per trenta secondi in vita mia: quando ho visto i sorrisi di scherno di Merkel e Sarkozy» • Grillo non gli interessa: «Né il comico né il banditore mi hanno mai incuriosito. L’antipolitica ha sempre attraversato le democrazie, non vedo niente di nuovo in quello che fa» • «Il problema è l’insopportabile spocchia di certi reduci: una spocchia che emerge da destra e da sinistra, da chi è diventato Liguori come da chi è diventato Manconi o Sofri (…) È vero, hanno rappresentato qualcosa di quel periodo, e a volte anche qualcosa di oscuro. Ma non possono parlare a nome di nessuno. Ci hanno provato ma non ce l’hanno fatta perché erano fondamentalmente degli intellettuali modesti» • Walter Veltroni, che poi fu suo testimone di nozze, una sera organizzò una cena a casa di Tonino Tatò con Enrico Berlinguer, Lucio Dalla e De Gregori. Ricorda Veltroni: «Una saga della timidezza: Berlinguer timido, io timidissimo anche se camuffato e ovviamente ancora più timido al cospetto di Berlinguer. Dalla e De Gregori inevitabilmente intimiditi dalla sua personalità. A un certo punto Berlinguer pose ai due il quesito che tutti avremmo voluto porre da sempre: “Scusate, ma voi scrivete prima le parole o la musica?”» • De Gregori non sapeva se rivolgersi a Berlinguer dandgli del tu «in quanto compagno», o del lei • Un’altra volta lo incontrò a un suo concerto: «Probabilmente trascinato dalle figlie, ancora abbastanza piccole. Mi ricordo quest’uomo intimidito, con un loden verde, un uomo che stava nel camerino di questo cantante, del quale probabilmente sapeva poco o nulla, e mi guardava con un misto di tenerezza e curiosità».
Cinema Nel 2002 recitò nel film Del perduto amor di Franco Battiato: «Sono solo tre battute. Ed è difficilissimo. Io non pensavo che fosse così difficile dire “ciao”». Poi un cameo nel film Gente di Roma, di Ettore Scola. Una volta chiese a Moretti di farlo recitare. Risposta del regista: «Sei l’uomo più impacciato d’Europa». Nel 2012 Stefano Pistolini gli ha dedicato un film, Finestre rotte, presentato in una sezione speciale della Mostra del cinema di Venezia.
Vita privata Sposato dal 1978 con Antonietta Gobbi, detta Chicca. Due figli, gemelli: Federico e Marco • A Spello (Perugia), sul monte Subasio, ha una tenuta dove produce olio.
• Critica «Il più austero dei nostri cantautori » (Gino Castaldo) • «Uno dei non molti cantautori italiani che ha adoperato la parola, fin dai precoci inizi, con un rispetto e una cura perfettamente letterari. Anche se De Gregori non accetta e anzi osteggia gli apparentamenti facili tra poesia e canzone (e non perché valuti la seconda inferiore alla prima, ma perché difende, giustamente, la preziosa e fragile specificità della parola cantata), la sua scrittura sopravvive benissimo anche svestita della musica» (Michele Serra) • «Se mi chiedessero qual è per me la più bella canzone italiana degli ultimi 35 anni, sarei molto indeciso tra sei o sette titoli, tutti suoi però» (Gianni Mura).
Vizi «Ho un rapporto quasi da feticista con le chitarre. Sono fra i pochissimi oggetti, io non amo gli oggetti, però le chitarre sì quindi ho questa collezione di chitarre. Poi magari le prendo in mano e capisco che avrei dovuto imparare a suonare meglio e a rispettarle di più» • Fuma gitanes senza filtro. Aveva smesso, ma ha ripreso durante il secondo tour con Dalla. «Accendeva in continuazione Marlboro sostenendo di non aspirare. Era una gran bugiardo, Lucio. Fumava come tutti, con l’aggravante della compulsività» • Ha la nomea che gli dia fastidio quando il pubblico ai suoi concerti canta insieme a lui le canzoni, e per questo motivo le cambia: «Non è vero. Ai concerti la gente canta anche se non è invitata a farlo. È naturale. Anch’io intonavo De André con i miei compagni quando andavamo in gita scolastica».
Tifo Dopo anni di indifferenza, diventò tifoso romanista nel 1980, giudicandosi tra l’altro «fazioso e becero».
Frasi «Cantate o cantautore? Preferisco cantante... perché molti cantautori non sanno cantare! Scherzi a parte, sono 40 anni che faccio questo mestiere, credo che so ho durato così tanto è perché ho trovato il modo di essere un cantante più che per le cose che scrivo» (a Fabio Fazio) [Che tempo che fa 15/12/2013] • «I testi li scrivo a casa. Io scrivo con la macchina da scrivere. Prima scrivo a mano, queste idee vanno su pezzi di carta sparsi, poi i più meritevoli finiscono dentro una cartella, con il titolo provvisorio dell’eventuale canzone. Quando la cosa prende una sua forma, quando riesco ad avere una sintesi di tutto questo dal punto di vista del testo, avendo comunque già un’idea di musica, allora passiamo alla fase più disciplinata che è quella che chiama in causa la macchina da scrivere perché mi piace vedere la bella copia. Però ti dico la macchina da scrivere e non il computer perché con la macchina da scrivere premere un tasto significa assumersi una responsabilità, perché non cancelli, è subito lì. Se devi scegliere un aggettivo non è che lo scrivi e dici tanto poi lo cambio, ci pensi un minuto?, no anche troppo, trenta secondi? Però ci pensi…» • «Invidiavo i capelli lisci di De André ma poi la capigliatura di Dylan mi riconciliò con me stesso» • «Non credo di essere mai stato l’orso che mi dipingono. Sarà che in passato mi sono preso troppo sul serio e adesso invece ho imparato l’autoironia. O forse da domani tornerò a essere la solita testa di cazzo».