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 2012  maggio 30 Mercoledì calendario

Biografia di Pino Daniele

• (Giuseppe) Napoli 19 marzo 1955 – Roma 4 gennaio 2015. Cantante. Autore. «Sono un napoletano antipatico. I napoletani devono essere per forza simpatici?».
Ultime Pino Daniele è stato stroncato da un infarto sul sedile della sua auto. Si è sentito male nella sua casa di campagna a Magliano, ha chiamato l’ambulanza ma poi ha preferito andare a Roma, al Sant’Eugenio. Quando è arrivato ormai non c’era più nulla da fare. Con lui c’era anche la compagna, Amanda Bonini. La sua è stata una morte improvvisa, perché era pieno di energia: nell’estate aveva riproposto il suo storico album Nero a Metà, in un tour che aveva fatto tappa anche all’Arena di Verona: «Ho un rapporto speciale con Verona: qui fui lanciato al Festivalbar. E qui a Verona, nel 1984, Maradona giocò la prima partita con la maglia del Napoli».
• «Quando avevo 30 anni, mi vedevo a 60 come un vecchio. Ora guardo a gente come Eric Clapton che ne ha dieci anni di più. E mi sento sollevato».
• Il primo a dare la tragica notizia della morte sul web è stato l’amico e collega Eros Ramazzotti che, postando una foto del cantante sorridente, ha scritto: «Anche Pino ci ha lasciato».
• Soffriva di cuore sin dalla giovinezza. Nella sua famiglia erano sei fratelli, tutti cardiopatici. Aveva avuto due infarti. A 32 anni una grave patologia alle coronarie lo aveva costretto a subire quattro interventi di angioplastica (Ruotolo e Venegoni) [Sta 6/1/2014].
• L’ultima apparizione in tv, il 31 dicembre 2014 al concerto di Courmayeur L’anno che verrà, trasmesso in diretta su Raiuno. Ultimo post, il 1° gennaio seguente, una foto in cui si vede un’autostrada con la neve ai bordi e la scritta “back home…”, in viaggio per casa.
• Dopo la sua morte, le procure di Grosseto e Roma hanno aperto un’inchiesta.
• Il 16 ottobre 2015, al Palazzo delle Arti di Napoli, è stata inaugurata la mostra fotografica “20 anni con Pino – Addove” («Era un intercalare che papà usava 200 volte al giorno», dice la figlia Sara).
Vita Primo dei sei figli di un lavoratore portuale, è nato in un vicolo a ridosso del monastero di Santa Chiara: «Vivevamo in un “basso”». Le precarie condizioni economiche della famiglia e la disponibilità delle “ziette”, due anziane signorine che già avevano cresciuto la madre, fecero sì che il piccolo Pino si trasferisse a poche centinaia di metri di distanza dai suoi, in un bell’appartamento al terzo piano di un antico palazzo. «Studia da ragioniere e poi si iscrive all’Orientale, ma presto il ragazzo capisce che la sua vocazione è un’altra. Nella Napoli degli anni Settanta, ricca di fermenti musicali, le nuove istanze metropolitane hanno il suono del sax tenore di James Senese, il figlio della guerra, il nero napoletano che della contaminazione è stato il primo interprete. In questo clima cresce Pino Daniele che esordisce nel 1977 con Terra mia. La scelta del titolo non è casuale e delinea subito l’ambito in cui il musicista intende muoversi recuperando la tradizione popolare attraverso nuove sonorità» (Goffredo De Pascale).
• «Negli anni Settanta un ciclone investe la musica napoletana. Fino a quel momento era melodia pura, sogno, cuore e amore, pizza e Vesuvio. Ad un certo punto irrompono nuove figure che mostrano una Napoli ben diversa. (…) Scoppiano i Napoli Centrale i quali ci spiegano che la retorica sulla bellezza della campagna è una grande balla: la campagna è bella solo per il padrone e i suoi figli che se ne stanno tutto il giorno “a pazzià” (Campagna), cioè a fare la bella vita, mentre per il contadino e il bracciante sono dolori. Bassista di questo gruppo è Pino Daniele» (Mario Luzzatto Fegiz).
• Chitarrista autodidatta, ha caratterizzato il proprio stile con la fusione fra blues e melodia napoletana che, con il tempo, si è aperta alle contaminazioni con la world music. Fra le collaborazioni di maggior rilievo quelle con Wayne Shorter, Richie Havens, Chick Corea, Pat Metheny, Salif Keita. Altri dischi: Pino Daniele (1979), Vai mo’ (1981), Bella ’mbriana (1982), Musicante (1984), Le vie del signore sono finite (1988), Mascalzone latino (1989), Un uomo in blues (1991), Sotto o’ sole (1991), Che dio ti benedica (1993), Non calpestare i fiori nel deserto (1995), Come un gelato all’equatore (1999), Passi d’autore (2004), Iguana cafè (2005), Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui (2007), Boogie Boogie Man (2010), La grande madre (2012).
• È stato sposato con Fabiola Sciabbarasi (si conobbero nel 1992 a casa di Massimo Troisi, lei all’epoca aveva 24 anni e faceva la modella), dalla quale ha avuto i figli Sara (a cui ha dedicato l’omonima canzone), Sofia (per la quale ha scritto Sofia sulle note), Francesco. Dalla prima moglie Dorina Giangrande (corista nell’album d’esordio Terra mia) ha avuto Alessandro e Cristina. Viveva a Roma, ma il suo rifugio era in Toscana, a Magliano (Grosseto), poco lontano dall’Argentario toscano e dal Tuscany Bay, uno stabilimento balneare che cogestiva occupandosi della programmazione musicale del locale da lui battezzato T-Bay Jazz Bar.
• La Sciarabassi sul marito: «Pino è pigro, un orso buono. Fosse per lui, la sera starebbe sempre a casa. Di giorno però segue molto i figli. E poi, di solito, il pomeriggio va in un negozio di strumenti dove si sente a suo agio e prova tutto quello che vuole». In questi anni è stata lei a rifargli il look («dai capelli a tutto il resto, sono stata io farlo diventare più sobrio»). Lui di carattere è «buono ma anche impulsivo, scontroso, passionale»: «Spesso mi dice: “Tu sei la parte gentile di me. Tu mi addomestichi”». Quando deve fare una conferenza stampa, lei poco prima gli fa «una specie di ipnosi»: «Buono, tu sei buono, tu sei buono e non ti arrabbi». Funziona? «Insomma...» (ad Andrea Scarpa).
• «Scattò subito un’intesa mentale, prima che fisica. Feci la sua conoscenza a casa di Massimo Troisi, compagno della mia amica e collega Nathalie Caldonazzo, una sera in cui non volevo neanche uscire perché ero fresca di separazione: li raggiunsi dopo cena, in tuta. Non conoscevo tutto il repertorio di Pino, ma adoravo la canzone Quando, che era la colonna sonora del film di Massimo Pensavo fosse amore invece era un calesse». L’ha conquistata con il suo sorriso: «Come tanti napoletani, aveva una simpatia insolente e una grande ironia. Non era timido, era capace di essere molto solare quando voleva, ma anche di alzare barriere invalicabili se non voleva farti passare. Ci volle un anno, comunque, prima che ci mettessimo insieme. C’erano le separazioni da gestire: la sua, con due figli, era più complicata, e io volevo una situazione chiara. Nel frattempo uscì quel suo brano, Occhi blu non mi mollare. Lo presi in giro: “Hai sempre nel cassetto una canzone per far colpo sulle donne?”» (Fabiola Sciabbarrasi a Sara Faillaci) [Vty 18/3/2015].
• Pino dice di aver dedicato alla moglie «almeno una ventina» di canzoni.
• Ha lasciato la seconda moglie nel 2013 per Amanda Bonini, una bionda cinquantenne di Viterbo, una donna «all’antica, come me». Per il resto, di lei, si sa poco o nulla.
• Nel 2007 è uscito Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui, cui è seguito un tour italiano che sintetizzava trent’anni di carriera in un’ora e mezzo di show, dalle prime ballate ai furori funk-rhythm’n’blues dei primi anni ’80 fino al suono sofisticato delle ultime produzioni.
• Nel 2013 ha pubblicato su cd e dvd Tutta n’ata storia – Vai mo’ – Live in Napoli, resoconto audio e video del concerto dell’ 8 luglio 2008, trasmesso in diretta televisiva da Raiuno, quando tornò a suonare in piazza Plebiscito a Napoli con molti ospiti (tra gli altri Giorgia, Chiara Civello, Irene Grandi, Avion Travel, Nino D’Angelo e Gigi D’Alessio) e lo stesso gruppo che nel 1981 radunò, nella stessa piazza, circa duecentomila persone: Tullio De Piscopo, Tony Esposito, James Senese, Rino Zurzolo, Joe Amoruso. Con gli stessi musicisti aveva già inciso, nel 2008, tre cd col meglio della sua storia musicale per festeggiare trent’anni di carriera (Ricomincio da 30).
• L’ultimo album di inediti si intitola La grande madre (2012), mentre del 2009 è Electric Jam.
• Dopo i concerti del 2012 a New York, primo italiano all’Apollo Theatre, Boston e Washington, nel 2013 si è anche esibito al Barbican di Londra e al Théâtre Saint-Michel di Bruxelles. Poi a grande richiesta è tornato in Nordamerica, come ambasciatore della nostra canzone per l’Anno della cultura italiana negli Stati Uniti.
• «Quando suono a Napoli mi sento come se stessi rientrando nel flusso quotidiano, al centro della canzone popolare, ed è una bella sensazione perché solo lì capisco veramente quel che la mia musica ha significato per tanta gente. La verità è che forse a Napoli mi prendo un po’ più sul serio» (a Giuseppe Videtti) [Rep 8/6/2013].
• Sue le musiche di tre film dell’amico Troisi (Ricomincio da tre, Le vie del Signore sono finite e Pensavo fosse amore… invece era un calesse), ultimamente aveva scritto la colonna sonora del film di Alessandro Siani La seconda volta non si scorda mai.
• Critica «Figura di capitale importanza nel pop degli anni Ottanta, Daniele ha, tra i molti meriti, quello di aver saputo esprimere la musicalità napoletana sgombrando il campo da ogni folklore formato cartolina. Con rigore e passione, senza rinnegare le proprie radici, ma anzi esaltandole in una fantasmagoria di stili e di suggestioni, è riuscito a fare di Napoli un ideale cosmopolita, un luogo sospeso tra America e Arabia, verso l’Europa e oltre le acque tropicali. Soul mediterraneo e salsa cubana, spleen borbonico e blues d’importazione, nella sua musica vive la sintesi di un patrimonio di suoni immenso, di colori che prima di lui nessuno era riuscito ad accostare, in Italia, con tanta naturalezza» (Il dizionario della canzone italiana).
• «Si capì subito che Daniele, napoletano di via Mezzocannone, oltre a un fortissimo legame con la tradizione canzonettistica cittadina aveva dalla sua una tecnica chitarristica sopraffina, poi ancora perfezionata negli anni» (Paolo Zaccagnini).
• «Un musicista in tournée sembra sempre un uomo in fuga dai doveri di una vita regolare, da quella vita di padre e di marito presente che è un po’ l’opposto rispetto a quella del divo da palcoscenico. Pino era diverso: “Per me ci sono solo la musica e la famiglia”, mi diceva. La sintesi lui l’aveva trovata realizzando uno studio di registrazione vicino a casa sua a Roma, prima ancora di decidere di andare a vivere sulle colline toscane di Magliano con Amanda Bonini, la sua ultima compagna. Pino ti parlava di ognuno dei suoi cinque figli, ti tirava dentro la sua vita e ti lasciava solo quando era il momento di dedicarsi alla musica» (Alessandro D’Urso) [Gra 8/10/2015].
• Frasi «Sono un chitarrista che, a un certo punto, si è messo a cantare».
• «Faccio tutto da me, quattro lavori insieme, il chitarrista, l’autore, l’arrangiatore, il produttore, qualche volta addirittura il discografico, così sono finalmente libero».
• «Io cerco di fare cose diverse, cerco di restare attaccato ai miei punti fermi. Un punto fermo è Paolo Conte, è Fossati, è stato Sinopoli, lo sono Muti, Eduardo, Django Reinhardt».
• «Sono intollerante, mi danno fastidio un sacco di cose, io rispetto tutti, ma è vero, sono una persona strana, cambio umore ogni dieci minuti, e un po’ ci sono diventato perché ho sempre incontrato grandi cialtroni che mi hanno rubato soldi».
• «Io più mi si metallizza il capello e più mi avvicino al rock».
• «L’importante è che saccio sunà».
• Politica «Di certo non mi sento un comunista. Mi definirei un socialista che non guarda più ai partiti ma alle persone».
• Amico di Bassolino, nel settembre 2007 lo salutò dal palco della Certosa di San Giacomo a Capri dicendo: «I napoletani prima vogliono il re, poi dimenticano quelli che incoronano. Anche i re che hanno fatto delle cose buone, e qui ce n’è uno seduto nelle prime file».
• Nell’ottobre del 2007 fu rinviato a giudizio per diffamazione nei confronti di Umberto Bossi: ospite d’onore al Festival di Sanremo del 2001, durante una conferenza stampa aveva detto: «Bossi che canta Maruzzella? È un uomo di merda. Mi fa schifo» (chiesto un risarcimento di 500.000 euro).
• A febbraio 2008 manifestò simpatia per Bobo Craxi: «Ogni tanto ci vediamo, è un grande intenditore di musica. Lo vedrei bene come ministro della cultura».
• Ha pubblicamente appoggiato Berlusconi sulla questione dei rifiuti.
• «Io, tra sinistra e destra attuali, non trovo una collocazione».
Vizi «Debbo mantenermi in forma. Poco cibo, niente vino e sigarette. Ho tanti bambini da tirar su».
• «Da quando ho comprato il primo mattone non ho fatto altro che restaurare, vendere e ricomprare. (…) Non so perché ho questa mania, ma seguire la ristrutturazione di un immobile mi dà una straordinaria euforia. (…) Dopo che l’architetto ha dato il via al progetto pretendo di andare avanti da solo. In tutte le case che ho ristrutturato ci ho sempre messo del mio, in sintonia con la musica — elementi etnici e minimalismo» (Videtti cit.).
• Una delle cose a cui tiene di più: «Un ritaglio di Repubblica nella custodia della chitarra, un’intervista nella quale Eric Clapton dice che apprezza la mia musica» (Gino Castaldo).
• «L’idea del nido non mi piace. Come dicono gli arabi la mia casa non finisce mai. Forse perché ho sempre avuto il bisogno di trovarla dentro di me la casa. Chi è cresciuto alla scuola del blues rimane sempre uno zingaro; prepari la borsa, ci metti dentro quattro camicie, che poi fai lavare negli alberghi, e parti. I punti fermi sono altri, la famiglia, i figli. Ho avuto molti problemi nella vita, nato con una malformazione a entrambi gli occhi, campo visivo limitato; tra i trentacinque e i trentasei anni ho subito interventi al cuore, ma riesco a convivere benone con le limitazioni fisiche. I miei cinque figli meravigliosi e la musica mi ripagano di tutto. La canzone mi è sempre andata stretta, ecco perché mi rifugio nel jazz» (Videtti cit.).