30 maggio 2012
Tags : Guido Harari
Biografia di Guido Harari
• Il Cairo (Egitto) 28 dicembre 1952. Fotografo.
• «Il miglior fotografo italiano di musicisti pop-rock» (Ranieri Polese).
• «Sono un eterno dilettante, un inguaribile appassionato, un privilegiato che ha fatto del suo sogno il proprio lavoro».
• Iniziò giovanissimo seguendo concerti e tournée anche come giornalista. «La passione per la fotografia me l’ha passata mio padre che, senza averlo mai fatto per professione, ha fissato tutti i momenti cruciali della storia della nostra famiglia, un po’ come lo zio della famiglia del film Heimat di Edgar Reitz. La passione per la musica è scattata quand’ero ancora bambino, prima con l’avvento del rock’n’roll e poi con quello dei Beatles, che ho avuto la fortuna di vedere in concerto a Milano nel 65. Avevo 12 anni».
• «“Facevo interviste: ma era un modo per conoscere personaggi per me mitici. Solo dopo scattavo le foto. All’epoca ero un fan che avvicinava idoli, e li volevo raccontare ai fan come me. Per usare la frase dei Blues Brothers, mi sentivo in missione per conto di Nikon”. Armato di Nikon, eccolo dunque avvicinare Emerson, Lake & Palmer, Santana, Frank Zappa, i Genesis. (...) Degli italiani, oltre a De André, Harari ricorda Vinicio Capossela (...). E Baglioni? “Ho lavorato a lungo con lui, uscì un libro sulla tournée. All’inizio mi chiedevo: che ci azzecco con una popstar così? Poi ho scoperto che mi piaceva entrare in quel mondo tanto lontano dal rock”. (...) Ma nell’imponente catalogo di Harari non ci sono solo musicisti. Ci sono i teatri (Lindsay Kemp, Pippo Delbono, Paolo Rossi), il cinema (Lina Wertmüller in vasca da bagno, Bernardo Bertolucci che si tira gli occhi per fare il cinese), gli stilisti, gli scrittori. Difficile fotografare gli stilisti? “Sì, perché non sono un fotografo di moda e questo li insospettisce. Hanno un’idea precisa della loro immagine e non vogliono rischiare. Con pochi abbiamo giocato: Ferré con il metro da architetto, Donatella Versace in piedi sulla scrivania”. Sennò c’è Armani davanti alle librerie, Dolce e Gabbana su sfondo di leopardo, Leonardo Ferragamo con una scarpa. Ci sono poi due scrittrici, Fernanda Pivano e Alda Merini. “Con la Nanda ho fatto il libro The Beat Goes On: credevo di dover solo fotografare e assemblare documenti, fotografie, lettere, invece lei mi mise alla macchina da scrivere. Dettava e raccontava aneddoti meravigliosi”. E la Merini? “L’ho fotografata in casa sua, al telefono, un po’ come la Magnani nella Voce umana. È riflessa in uno specchio su cui sono scritti i numeri. La sua casa è un’esperienza mistica. Il giorno che le imbiancarono i muri, manca poco moriva. Mi ricordo che mi chiese: Mi trova piacente? No, risposi, la trovo intensa. E lei: ah, piacente no? Era molto dispiaciuta”» (Polese).
• Nel 2004 lasciò Milano, per vivere ad Alba «a due passi dai vigneti di Barbaresco» e nel 2011 fondò la Alba Wall Sound Gallery, una galleria fotografica interamente dedicata alla musica. Tra le altre mostre: Sguardi randagi. Fabrizio De André fotografato da Guido Harari (2008-2010), Sonicamamerica (2012). Con Menico Caroli ha curato i libri Mia Martini. L’ultima occasione per vivere (Tea libri 2009) e Giorgio Gaber. L’illogica utopia (Chiarelettere 2010). Con Sandro Chia I guerrieri di San Domenico (Hrr Edizioni 2010), Quando parla Gaber (Chiarelettere 2011) e Vinicio Caposella. Le fotografie di Guido Harari (Tea Libri 2012).
• «Sono sempre felice di farmi fotografare da Guido. So che le sue saranno immagini musicali, piene di poesia e di sentimento. Le cose che Guido cattura nei suoi ritratti vengono generalmente ignorate dagli altri fotografi. Lo considero un amico, non un semplice fotografo» (Lou Reed 1942-2013).
• «Ci sono foto a cui sono più legato perché colgono bene il rapporto personale che si è stabilito con il soggetto. Trovo molto intimo il ritratto di Lou Reed e Laurie Anderson, fatto in macchina, di notte, sfruttando la luce dei loro cellulari. Con Capossela è successo qualcosa: lui aveva in mente il bianco e nero di Jarmush in "Dead Man", io l’ ho convinto a buttarsi vestito nel fiume di Contrada Chiavicone (in Emilia) ed è venuta fuori una bella foto» (Corriere della sera) [1/6/2006].
• «Non è che ho passato tutta la vita sul fronte del palco, di certo però la musica è stata la mia passione più forte, e da lì ho cominciato». (Lauretta Colonnelli).