30 maggio 2012
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Biografia di Aimaro Isola
• Torino 14 gennaio 1928. Architetto.
• Docente per quasi 50 anni al Politecnico di Torino. Con Roberto Gabetti ha costituito dal 1950 al 2000 il più saldo sodalizio dell’architettura italiana del dopoguerra. Nel 1953 i due si imposero all’attenzione critica «deviando, sempre con misura, dal canone del Movimento Moderno: realizzarono all’ombra della Mole Antonelliana, la bottega d’Erasmo. Fu il loro Elogio della follia: una casa-libreria che recuperava forme e sintassi dell’art-nouveau, di De Stijl e del geometrismo-astratto di Mackintosh. Ma già negli anni Sessanta, con il quartiere Ina alle Vallette e il complesso residenziale Olivetti di Ivrea, i due piegarano verso un linguaggio funzionale, attento ai contesti urbani e rurali, e di sobria signorilità. Le opere di Gabetti e Isola seppero ogni volta riformularsi sulla base della cultura figurativa del luogo ove dovevano sorgere, in una sorta di dotto ed educato “Regionalismo critico”. Gli anni Settanta e Ottanta furono di intensa attività edilizia in Piemonte. Ma è nei pressi di Milano che i due hanno lasciato le loro ultime grandi opere insieme. Sono il Palazzo della Snam a San Donato, dove esplicito è il riferimento all’iconografia dei giardini pensili di Babilonia, e la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Desio, con colonne e pareti in mattoni a rievocare i fienili lombardi» (Pierluigi Panza).
• La Bottega d’Erasmo li rese noti per le ire e le polemiche infuocate che risvegliò al tempo. Lo storico Bentham parlò di «ritirata italiana dal Movimento Moderno». Tra i più esperti progettisti di chiese in Italia, ne hanno firmate una decina: Santa Maria in Zivido a San Giuliano Milanese (Milano), Santa Famiglia a Palmi (Reggio Calabria), San Giovanni Battista a Desio (Milano) ecc. Dopo la morte prematura di Gabetti, «Isola si trovò a proseguire il lavoro progettuale che insieme avevano svolto per mezzo secolo in perfetta sintonia dimostrando un affiatamento e una solidarietà culturale e umana che hanno pochi termini di paragone nella storia dell’architettura moderna dove gli accoppiamenti, pur frequenti, sono stati spesso occasionali o poco duraturi. Fedele allo spirito di un’associazione che all’impegno profondo e alla sapienza costruttiva univa un atteggiamento verso la vita fiducioso, ironico e fondamentalmente gioioso, Aimaro non si è chiuso nell’isolamento ma ha ripreso con nuova lena il lavoro interrotto, associando anche il giovane figlio Saverio e ha prodotto un gran numero di progetti» (Paolo Portoghesi).
• Nel 2007 il suo progetto per riqualificare il Museo Egizio di Torino è arrivato primo, battendo una star internazionale come Arata Isozaki. (a cura di Lauretta Colonnelli).