30 maggio 2012
Tags : Antonio Iovine
Biografia di Antonio Iovine
• San Cipriano d’Aversa (Caserta) 20 settembre 1964. Ex camorrista. Pentito dal 21 maggio 2014. Prima di essere arrestato, reggente della confederazione dei Casalesi (da Casal di Principe), che ha al suo vertice Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti (detenuti). Detenuto dal 17 novembre 2010, attualmente in 41 bis nel carcere di Nuoro di massima sicurezza Badu ’e Carros. Tra i primi 10 latitanti di massima pericolosità ricercati dalla Direzione centrale della polizia criminale, si nascondeva dal 5 dicembre 1995 (quando veniva colpito da ordinanza cautelare nel corso dell’operazione Spartacus).
• Detto “’o ninno”, “il poppante”, perché raggiunse i vertici del clan ancora ragazzino. Sposato, tre figli.
• Nell’estate 2007 non era arrestato per un pelo. Le informative dicevano che si trovasse nel centro di Roma, tra piazza di Spagna, il Pantheon e piazza del Popolo. La conferma era arrivata dopo un controllo ordinario a cui era stato sottoposto in strada, salvo il fatto che gli agenti se ne accorgevano solo una volta rientrati al comando, dove riconoscevano in una foto segnaletica appesa in bacheca proprio la persona che avevano appena identificato.
• «Perché il Ninno… sceglie di fare la latitanza a Roma invece che altrove? Innanzitutto va considerato il pregresso. Iovine ha posseduto la discoteca Gilda, storico ritrovo della Roma bene. Ha tentato, insieme alla (allora?) cupola, di scalare la squadra di calcio della Lazio, riciclando 21 milioni di euro provenienti dall’Ungheria. Ancora: è provato il suo passaggio nell’azionariato di alcune attività commerciali, generalmente di ristorazione e di importazione dalla Campania di latticini, uova e pollami, attività utili al riciclaggio di denaro sporco… Inoltre, un parente del Ninno ha completamente spostato su Roma il suo core business, quello dei videogiochi. Il suddetto parente si chiama Mario Iovine ed è soprannominato Rififì, dal titolo del libro di Auguste Le Breton capostipite del “romanzo di mala”. Il romanzo della camorra a Roma lo stanno scrivendo gli investigatori di Napoli. Indagano su una catena di ristoranti, un sito di scommesse online, una società immobiliare e un paio di finanziarie di medie dimensioni, per non dare troppo nell’occhio. E poi autosaloni, negozi di abbigliamento, società di servizi alberghieri. E un celebre hotel al centro di discutibili incontri tra parlamentari e imprenditori in odore di criminalità. È la marcia su Roma della camorra. La tesi è che il Ninno abbia creato nella capitale una sua base operativa con un duplice obiettivo: esportare i soldi sporchi e svolgere attività di rappresentanza con la politica» (Domenico Del Piano).
• «È il viceré con delega alla spazzatura della cupola dei casalesi» (Domenico Del Piano).
• «Il vero ministro dei rifiuti della camorra oggi è Antonio Iovine… Ogni decisione riguardo i rifiuti passa per le sue valutazioni. L’unico vero riferimento con poteri straordinari è lui, ‘O Ninno. La scelta di trafficare in rifiuti espone a minori rischi di natura penale, poiché i reati connessi alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento illegali spesso sono soggetti a prescrizione… Il meccanismo dei rifiuti permette a ogni passaggio di guadagnare. I clan che hanno i camion, le ruspe bobcat, le discariche, guadagnano quando raccolgono, guadagnano quando sversano e fanno sversare nelle loro discariche. Ma da questo guadagno ne hanno ricavato vantaggio le maggiori imprese italiane, negli ultimi trent’anni le discariche campane sono state riempite, le cave rese satolle, ogni possibile spazio utilizzato, la spazzatura di Napoli non è la spazzatura di Napoli. Le discariche campane non sono state intasate solo dai rifiuti solidi urbani campani, ma sono state occupate, invase, colmate dai rifiuti speciali e ordinari di tutto il Paese, dislocati dalle rotte gestite dei clan. La spazzatura napoletana appartiene all’intero Paese nella misura in cui per più di trent’anni rifiuti di ogni tipo, tossici, ospedalieri, persino le ossa dei morti delle terre cimiteriali, sono stati smaltiti in Campania e più allargatamente nel Mezzogiorno» (Roberto Saviano).
• Arresto. 17 novembre 2010. Nascosto in una palazzina abusiva di due piani a Casal di Principe, quando la Squadra Mobile di Napoli lo ha trovato (intercettando e pedinando i fiancheggiatori), ha tentato la fuga attraverso il terrazzo, ma una volta raggiunto si è consegnato. «Ha lo stesso sguardo stralunato, un po’ da ebete, come se l’irruzione della Polizia lo avesse sorpreso in pieno sonno. O subito dopo una sniffata di cocaina. Ha la barba lunga, un maglioncino color vinaccia e il corpo magro e asciutto di quando aveva ventuno anni e per l’ultima volta veniva fotografato in un laboratorio di Polizia Scientifica» (Rosaria Capacchione).
• Condannato in contumacia all’ergastolo nel processo Spartacus, per associazione camorristica e delitti collegati, 17 gli omicidi oggetto del processo (Cassazione, 15 gennaio 2010). • Il 12 giugno 2012 si è chiuso in primo grado, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il c.d. processo Iovine, contro Antonio Iovine + 80, «tutti familiari, amici, favoreggiatori, imprenditori collusi con il boss del clan dei Casalesi» (Il Mattino). Tra i condannati, la moglie, Enrichetta Avallone (a 8 anni di reclusione) e la sorella Anna (3 anni e 4 mesi). La pena più alta al cugino Mario, detto Rififì (23 anni e 6 mesi). Antonio Iovine è stato condannato alla pena di un ulteriore anno di isolamento, a titolo di aumento rispetto all’ergastolo già inflitto nel processo Spartacus. Tra gli episodi oggetto del processo l’estorsione ai danni della cognata Rosa De Novellis, vedova del fratello Carmine, morto ammazzato nel ’93 (tuttavia anche lei condannata, alla pena di anni otto e mesi sei). Su ordine di Antonio, all’epoca latitante, i familiari le impedirono di andare a visitare il marito al cimitero e la obbligarono a cedere un negozio di abbigliamento intimo (motivo, avere violato il codice camorristico, avendo programmato le seconde nozze con un Michele Candela). Assoluzione per il fratello di Antonio, Giuseppe, ex agente di polizia municipale di Cipriano (dove abitavano, all’epoca della latitanza di Antonio, la moglie e i figli). In servizio all’ufficio tecnico, incaricato di occuparsi di pratiche urbanistiche, e nominato custode aggiunto del cimitero comunale, secondo i PM, millantando di essere fratello del boss, incassava tangenti, si appropriava di soldi pubblici e aggiustava pratiche di abusivismo edilizio.
• Il 27 marzo 2014 il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere lo ha condannato ad altri 21 anni e 6 mesi di reclusione. È il c.d. processo Normandia, sulle infiltrazioni della cosca negli appalti. In giudizio abbreviato era già stato condannato per concorso esterno in associaizone mafiosa l’ex consigliere regionale Udeur Nicola Ferraro (a 9 anni e 4 mesi di reclusione in primo grado, il 22 febbraio 2012, pena ridotta in appello a 5 anni e 4 mesi, il 17 febbraio 2014).
• Il 21 maggio 2014, alle prime luci dell’alba, i parenti stretti di Antonino Iovine lasciano San Cipriano d’Aversa. Tutte le agenzie di stampa lanciano la notizia del pentimento d’“o ninno”. «Il bambino, il delfino designato da Francesco Schiavone detto “Sandokan”, a prendere il suo posto nell’Olimpo di Gomorra, arrestato quattro anni fa, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Ha iniziato a riempire i verbali delle cosiddette “dichiarazioni d’intenti”. Entro un tempo massimo di sei mesi l’indagato-imputato deve annunciare i temi che intende sviluppare con le dichiarazioni agli inquirenti. (…) Lui, il “camorrista-imprenditore” (le forze di polizia gli hanno sequestrato beni per 80 milioni di euro), uno dei tre ultimi reggenti dei Casalesi - insieme a Michele Zagaria e Mario Caterino - prima dell’arresto del 2010, con l’annunciato pentimenti ha deciso di mettere il tritolo per fare sbriciolare il castello Gomorra, castello costruito con morti ammazzati, estorsioni, traffici di rifiuti, droga, armi. E appalti pubblici, riciclaggio, relazioni con le amministrazioni comunali e locali, con la politica insomma» (Guido Ruotolo, 22/5/2014). (a cura di Paola Bellone).