30 maggio 2012
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Biografia di Giovanni Inzerillo
• New York (Stati Uniti) 30 aprile 1972. Imprenditore edile. Unico figlio sopravvissuto di Salvatore (Totuccio) Inzerillo, il capomafia palermitano ucciso dai corleonesi il 10 maggio 1981 (seconda guerra di mafia, vedi Tommaso Inzerillo, Salvatore Riina), e per questo detto “il figlio del morto” (il fratello Giuseppe al tempo aveva quindici anni, aveva minacciato di vendicare il padre e per questo Pino Greco gli staccò un braccio con un coltello da pescatore di ricci, gli disse: «Mischinu, e ora come farai a sparare a Totò Riina?», e poi gli sparò). Detto anche “u’ pacchiuni”. Ufficialmente imprenditore edile.
• Totò Riina aveva sentenziato «Degli Inzerillo non deve restare neanche il seme», invece lui fu risparmiato e nel 2000 rientrò a Palermo nella casa di famiglia di via Castellana, 346, borgata di Passo di Rigano. Sul rientro degli Inzerillo a Palermo vedi Tommaso Inzerillo, Salvatore Lo Piccolo, Antonino Rotolo. A Palermo si diede così da fare per emulare la memoria del padre, che il suo padrino, Filippo Casamento (uno degli “scappati” in America per salvarsi dai corleonesi, espulso in Italia nel 2002, operazione di Polizia “Pizza Connection”, e rientrato clandestinamente negli USA nel 2004.), fu intercettato mentre diceva di lui con orgoglio: « u’ picciriddu camina solo». L’11 agosto 2003 partecipò (visto da personale della Squadra Mobile), a «una delle più imponenti riunioni di mafia degli ultimi anni, tenutasi nel locale in un giorno di chiusura al pubblico, e quindi aperto esclusivamente per lo svolgimento della riunione» (presso la trattoria Al Vecchio Mulino, in località Torretta, i partecipanti tutti vicini a Salvatore Lo Piccolo – provvedimento di fermo della Dda di Palermo, n. 11059/06).
• Il 7 febbraio 2008 fu tra gli arrestati nel corso dell’operazione congiunta tra Dda di Palermo e Fbi, che indagava su Cosa Nostra americana e traffico internazionale di stupefacenti (operazione “Old Bridge”, vedi Tommaso Inzerillo). Processato e assolto.
• Lo zio, Francesco Inzerillo, detto u’ truttaturi, detenuto a Torino, quando lui era andato a trovarlo in carcere, il 30 agosto 2007, glielo aveva detto: «Qua c’è solo da andare via e basta… se non fai niente devi pagare, se fai devi pagare per dieci volte… Bisogna andarsene dall’Europa, non dall’Italia, dovete andare via dall’Europa perché non si può più stare, qua futuro non ce n’è, sei sempre sotto controllo, è tutta una catena e una catenella, bisogna andarsene in Sud America... basta essere incriminato per l’articolo 416 bis e automaticamente scatta il sequestro dei beni. Cosa più brutta della confisca dei beni non c’è». Invece Giovanni aveva preferito ascoltare un altro uomo d’onore, che gli aveva detto: non ti preoccupare, «tempo e buon tempo non dura sempre un tempo, non ti preoccupare», come ricordava al telefono, scandalizzato, Antonino Rotolo, che per avergli ammazzato con le proprie mani il padre, lo temeva più di tutti. (a cura di Paola Bellone).