30 maggio 2012
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Biografia di Riccardo Illy
• Trieste 24 settembre 1955. Imprenditore. Politico. Presidente della holding gruppo Illy e vicepresidente di Illycaffè (l’industria di caffè di famiglia). Frase preferita: «Piuttosto che niente, meglio piuttosto».
• Negli ultimi anni, «quello che Riccardo Illy si è messo in testa è di creare un polo italiano del gusto. A colpi di miratissime acquisizioni: puntando a piccole aziende eccellenti (nel vino, nel cioccolato, nelle confetture, nel tè) da sviluppare e far crescere, sfruttando ogni possibile sinergia per portarle sui mercati internazionali. Così oggi il Gruppo Illy di cui è presidente – la holding di famiglia – controlla oltre a Illycaffè anche Domori (cioccolato), Mastrojanni (vini), Dammann Frères (tè) e ha una robusta partecipazione in Agrimontana (frutta conservata). Una piccola partecipazione (il 5 per cento) ce l’ha anche in Grom, un’altra case history di eccellenza, ma nel gelato. “È una storia lunga. Che inizia nel 1933, col nonno nato a Timisoara, allora Ungheria, che apre a Trieste un’azienda di caffè e cioccolato. Aveva anche un’azienda agricola in Istria, alberi da frutta, voleva produrre confetture. Anni dopo l’Istria diventa jugoslava, la proprietà viene nazionalizzata. Quindi per molto tempo, mentre le generazioni si succedono, la famiglia produce solo caffè. Unica azienda al mondo, produce un unico blend di caffè, per scelta di qualità. Finché arriviamo ai nostri giorni e ci chiediamo: “Che cosa faremo nel futuro?” Lavoriamo su 140 paesi, ma con un solo prodotto: arriveremo alla saturazione. Così abbiamo deciso di applicare la stessa strategia di eccellenza ad altri settori”» (a Valeria Palermi) [Esp 24/8/2012].
• Figlio di Ernesto (1925-2008): «Mio nonno aveva fondato l’azienda nel 1933 e inventato la pressurizzazione. Mio padre, uno scienziato, l’aveva ingrandita. Io, dopo alcuni corsi alla Bocconi, introdussi il marketing. E convinsi a pagare più caro il nostro caffè semplicemente perché era più buono». Il fratello Andrea (Trieste 1964) è presidente di Illycaffè; nel gruppo lavora anche la sorella Anna (come la mamma). Il primogenito Francesco (1953) fa il fotografo (ha scelto gli artisti delle famose tazzine).
• «Dopo la maturità scientifica mi iscrissi a Fisica, ma di restare a casa non mi andava: non c’erano regole chiare, condivise. Conobbi Rossana a febbraio del ’75, ci sposammo due mesi dopo, tra lo sconcerto dei miei. Tutti dicevano: non durerà. Cominciai a lavorare dove capitava. Entrai in una cooperativa di facchini. Presi la patente C per fare l’autista delle consegne. Mio padre mi offrì di entrare in azienda, ma gli incarichi che mi proponeva non mi interessavano e così il mio incontro col caffè avvenne in modo diverso. Un altro padre, quello del mio compagno di scuola Ernesto Lichtenstein, importava caffè verde dall’Africa, dall’America. Mi incaricò di organizzare il suo laboratorio, dove venivano classificati i campioni di prodotto. Mi insegnò a fare le prime degustazioni, ad esercitare i miei sensi al gusto del caffè. Nel frattempo, diventato, dopo l’esperienza agonistica, maestro di sci, passai l’intero inverno a Piancavallo: guadagnai in quattro mesi più di quanto prendevo in un anno nell’azienda del mio compagno di scuola. Credevo di non dover fare il militare, perché ero sposato. Invece, arrivò la cartolina. L’ufficiale a cui mi rivolsi per spiegare le mie ragioni per ottenere l’esenzione, saputo che mio suocero era dirigente ospedaliero, mi disse: sua moglie la manterrà il padre. Mi rivolsi al mio, per chiedergli se potesse aiutarmi. Per tutta risposta, papà, burbero e severo come al solito, replicò: vai, vai a fare il soldato, che ti farà bene. Da un giorno all’altro, il direttore commerciale della nostra azienda se ne andò e, finalmente, mio padre mi offrì un lavoro nel settore per cui mi sentivo portato: la vendita e il marketing. Naturalmente cominciai dall’ultimo gradino: seguivo i lavori dei capi d’area che, allora, si chiamavano ispettori alle vendite. Non venivo pagato dall’azienda: papà mi dava uno stipendio da fame, per sopravvivere. La mia fortuna fu quella di studiare e, contemporaneamente, poter mettere subito in pratica quello che imparavo. Lasciai Fisica e mi iscrissi a Economia. Cominciai a seguire corsi di formazione in varie università, finché un professore di Parma, Carlo Carli, costituì la consulta del marketing. Aveva capito che gli studenti dovevano presto avere un confronto con il mondo dell’impresa. Lì incontrai tanti manager e con gli allievi ero costretto a razionalizzare quello che facevo in azienda. La nostra società crebbe e crebbi anch’io, finché divenni amministratore delegato» (da un’intervista di Luigi La Spina).
• Entrò in politica per «la richiesta inaspettata, nel 1993, di alcuni cittadini. Capii che non potevo e non volevo sottrarmi». «Uomo senza partito, “indipendente di centrosinistra”» (Francesco Verderami), è stato sindaco di Trieste (1993-2001), deputato dell’Ulivo (2001-2003: «gli anni più noiosi della mia vita»), presidente della Regione Friuli – Venezia Giulia (2003-2008). Ricandidato alla Regione nel 2008 e sconfitto da Renzo Tondo del Pdl, non ha rilasciato dichiarazioni (a Tondo ha fatto gli auguri di buon lavoro via sms) ed è tornato in azienda.
• Poche settimane prima del voto aveva pubblicato per Mondadori Così perdiamo il Nord. Quattro anni dopo: «Il Nord ormai è andato. Sta succedendo quello che paventavo, una sorta di recessione silenziosa: le imprese del nord se ne vanno. Dal Friuli hanno già attraversato il confine a centinaia, vanno in Austria. Trovano meno burocrazia e meno imposte, reddito dei lavoratori più alto (quindi più potere di acquisto), tempi di reazione della pubblica amministrazione infinitamente più bassi. Altri in Slovenia, Croazia o Francia, e se ne andranno sempre di più. All’estero fanno gran promozioni per attirare le imprese italiane» [a Valeria Palermi, cit.].
• Prima che in Così perdiamo il Nord, ha esposto le sue idee nei libri Mondadori Dal caffè all’espresso (1989) e La rana cinese. Come l’Italia può tornare a crescere (2006).
• «Sono di formazione valdese, anche se sono stato battezzato cattolico. Mia madre, che si era convertita, mi ha indirizzato a questa religione. Oggi non sono praticante».
• Sposato con la giornalista enogastronomica Rossana Bettini. Una figlia di nome Daria, che fa il personal trainer.