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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Il Papa non si abbassa certo a commentare l’arresto del suo maggiordomo, l’allontanamento di Gotti Tedeschi o la guerra interna di certi cardinali al cardinal Bertone, segretario di Stato

Il Papa non si abbassa certo a commentare l’arresto del suo maggiordomo, l’allontanamento di Gotti Tedeschi o la guerra interna di certi cardinali al cardinal Bertone, segretario di Stato. Il Papa ha cominciato ad alludere – e chi vuol capire capisca – già una settimana fa, con discorsi alti e rivolgendosi proprio ai cardinali: la Chiesa militante lotta per il bene contro il male, si tratta di scegliere se stare sotto la bandiera del demonio o sotto quella di Gesù, il demonio essendo l’istigatore delle vanità terrene (ricchezze, superbie e gli altri vizi), Gesù invece essendo il portatore d’amore, l’amico dei poveri, degli umili e delle relative virtù. Sull’ “Osservatore romano”, che non ha fatto parola sulla vicenda del cameriere Paolo Gabriele, il Pontefice ha voluto poi che si ricordassero i suoi 35 anni dall’ordinazione sacerdotale pescando una frase di Gregorio Magno da lui stesso citata nel 2001: «Colui che è preoccupato troppo della pace puramente umana, non si oppone più al malvagio e così dà ragione ai perversi, costui si separa dalla pace di Dio. È una grande colpa, venire a patti con la corruzione». E cioè non sempre l’acquiescenza è una virtù, viene il momento il cui il Bene deve armarsi contro il Male («il vescovo deve essere uomo di pace, ma deve anche anche avere il sale in se stesso»). Sabato ecco la metafora della tempesta e della casa impossibile da abbattere: «Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde perché era fondata sulla roccia». Sono parole di Gesù. Infine, ieri all’Angelus, la contrapposizione tra la Torre di Babele, in cui gli uomini, credendo di potersi fare Dio, «corsero il rischio di non esser più neanche uomini, perché avevano perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme». A questo racconto biblico, si contrappone l’altro, contenuto negli Atti degli Apostoli, in cui si descrive la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli «un vento impetuoso soffiò su Gerusalemmte […] la paura scomparve, il cuore sentì una forza nuova, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto».

• Tutte queste citazioni perché vuole farci intendere che non solo nelle stanze vaticane c’è bisogno di recuperare la capacità di capirsi…

Come negarlo?

Però il Papa non ha detto una parola su Emanuela Orlandi. E sì che ieri era stato organizzato un corteo…

Sì, da tutta Italia. Renzo Rossellini aveva fatto preparare un “Manifesto per Emanuela” sottoscritto da Bellocchio, la Cavani, la Maraini, la Francesca Archibugi. C’erano quelli di “Libera” (associazione antimafia), quegli altri che chiedono la verità su Emanuela attraverso una pagina di Facebook che ha 14 mila iscritti. I manifestanti – tra cui il sindaco Alemanno, l’ex sindaco Veltroni, il presidente della Provincia Zingaretti - agitavano una gigantografia di quella poveretta,  in cui campeggiava la scritta “Verità per Emanuela”. Ma il Papa non ha detto una parola e la polizia ha costretto il corteo a disperdersi prima di entrare in piazza San Pietro. Emanuela è un argomento tabù.

Com’è la situazione di Paolo Gabriele?

Molti hanno detto che si tratta di un capro espiatorio, messo in mezzo per nascondere le responsabilità di qualcun altro. A queste insinuazioni, le autorità d’Oltretevere hanno reagito indignate. E però come mai sono possibili sospetti simili? Gli uomini della Chiesa, in passato, ne hanno combinate anche troppe. Grandi sono le espressioni di solidarietà, da parte dei fedeli più autorevoli e credibili, nei confronti del Papa, che appare in questo momento ai più vittima delle trame di Curia a cui, nonostante le intenzioni tante volte proclamate di pulizia e trasparenza, non ha saputo porre rimedio. “Paoletto” – come hanno sempre chiamato Paolo Gabriele in Vaticano - sta chiuso in questa cella quattro per quattro, dove manca il televisore ma c’è l’aria condizionata e un piccolo affaccio sull’esterno. Parla, finora, poco o niente. Prega molto. L’istruttoria sommaria del procuratore Nicola Picardi è chiusa. Il giudice Piero Antonio Bonnet sta istruendo il processo. L’uomo è accusato di furto aggravato.

• E basta?

E basta. L’idea degli inquirenti è che i corvi siano parecchi e alcuni, forse, in alto loco. Si crede – e si spera, perché Gabriele era benvoluto da tutti – che il maggiordomo del Papa sia caduto in errore per troppa bontà, che abbia commesso quello che ha commesso (se lo ha commesso) con l’intenzione di riparare in qualche modo alle miserie a cui assisteva. Del resto, anche Nuzzi, nel suo libro, dice che la Fonte parlava con quest’intenzione.

Come si può esser sicuri che ci siano dei complici?

Le carte sono troppe. Le fotocopie provengono da uffici troppo diversi, ad alcuni dei quali Gabriele non poteva avere accesso.


[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 28 maggio 2012]