30 maggio 2012
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Biografia di Piero Fassino
• Avigliana (Torino) 7 ottobre 1949. Politico. Del Pd. Ex sindaco di Torino (dal 2011 al 19 giugno 2016, sconfitto al ballottaggio da Chiara Appendino del M5s) e presidente dell’Anci (dal 2013). Ex deputato (XII-XVI legislatura: Pds, Ds, Pd), è stato ministro del Commercio estero nel governo D’Alema (1998-2000) e di Grazia e giustizia nel successivo governo Amato (2000-2001). Poi ultimo segretario dei Ds, fino alla confluenza nel Pd (2001-2007). «Ho sacrificato me stesso alla funzione che ricoprivo. E non so più se sia stato giusto».
• Vita Figlio unico di Eugenio, morto a 43 anni per un ictus cerebrale, e di Carla Grisa. «Mio nonno è stato un fondatore del Partito socialista, mio padre è stato uno dei più noti comandanti partigiani». Il padre lavorava come concessionario dell’Agipgas in Piemonte: «Enrico Mattei, che aveva conosciuto nella Resistenza, lo chiamò a lavorare insieme ad altri ex partigiani» (a Stefania Rossini). La madre era «bellissima, alta, esile, bionda».
• Nel 1968 prese la maturità classica all’Istituto sociale dei padri gesuiti, poi si iscrisse a Giurisprudenza (lasciata per Scienze politiche). «La mia prima tessera l’ho presa a 14 anni, iscrivendomi a Nuova Resistenza, un’associazione giovanile antifascista nata sull’onda della lotta a Tambroni. Ho avuto anche la fortuna di incontrare sulla mia strada uomini importanti. Come Aventino Pace, un dirigente sindacale, capo del movimento operaio torinese, uno di quelli che sequestrò Valletta quando ci fu l’attentato a Togliatti. Mi sono occupato di Fiat per 17 anni, e ho sempre seguito la sua massima: “Quando in fabbrica c’è un problema o lo risolvi tu o lo risolve il padrone”. Insomma: mai tirarsi indietro e cercare sempre soluzioni» (a Claudio Sabelli Fioretti).
• Dal 1969 nel Pci. «Mi iscrissi al partito all’indomani della sua decisione di condannare l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Cioè quando il Pci disse apertamente che la libertà veniva prima di ogni altra cosa».
• «Dopo un anno era già segretario della Fgci provinciale. Gianotti, all’epoca segretario del Pci torinese, se lo ricorda determinato, sempre in giro per sezioni. E ambizioso. Quanto bastava per puntare alla sua poltrona (a quei tempi incarico di rilievo, in Italia)» (Agostino Gramigna).
• Dall’83 segretario della Federazione di Torino: «L’avvocato Agnelli volle conoscermi appena venni eletto. Fu una lunga chiacchierata, molto simpatica. Mi disse: “Senta Fassino, io capisco tutto. A Torino ci sono tanti operai e voi siete il partito che li rappresenta. Ci scontriamo, ci mettiamo d’accordo, capisco tutto: comunista Torino, comunista Milano, ci sono le fabbriche. Ma una cosa non capisco: perché ci sono i comunisti a Roma e a Napoli?”».
• Candidato vicepremier con Rutelli nel 2001, incassata la sconfitta fu eletto segretario Ds con lo slogan «O si cambia o si muore» (rieletto nel 2005).
• «È diventato segretario della Quercia nel suo momento probabilmente peggiore, alla fine del 2001, dopo che gli antagonisti dell’ultimo decennio, D’Alema e Veltroni, spesso impegnati in una lotta per linee interne cruenta quanto silenziosa, erano finiti il primo nel limbo della Fondazione Italianieuropei, e il secondo in Campidoglio. I Ds quasi non esistevano più, divisi per bande e gruppi in confusa guerriglia reciproca – e Berlusconi era saldamente insediato a palazzo Chigi. Le invettive di Nanni Moretti (“Con questi dirigenti – disse indicando proprio Fassino – non vinceremo mai”), l’esplosione del movimento dei Girotondi, l’ascesa che pareva irresistibile della stella di Cofferati, l’ammutinamento dell’Unità di Furio Colombo e il movimentismo esasperato della Cgil di Epifani sembravano preludere ad un definitivo inabissamento della Quercia, e certo alla fine prematura della leadership fassiniana. Così non è stato» (Fabrizio Rondolino).
• Grande clamore per la pubblicazione, su Il Giornale del 31 dicembre 2005, del testo di alcune telefonate intercettate tra Fassino e Giovanni Consorte, manager Unipol all’epoca impegnato nella scalata alla Bnl: particolare scalpore destò la frase «Abbiamo una banca», pronunciata dall’allora segretario dei Ds. «Penso che ci sia molta cattiveria e ingenerosità nel modo in cui vengono utilizzate delle telefonate del tutto innocue. Io posso forse accettare di discutere dell’opportunità di quelle telefonate, ma non costituiscono certo né un reato né alcuna forma di illecito. In ogni caso, ormai ci siamo quasi abituati. Già con Telekom Serbia tentarono di colpirci: Cicogna, Ranocchio, Mortadella... e poi finì come finì. Noi siamo persone perbene, la gente ci conosce e lo sa» (a Federico Geremicca). Il fatto ebbe anche ripercussioni giudiziarie, nei confronti sia di Fabrizio Favata (vedi), l’imprenditore che aveva fornito l’intercettazione a Il Giornale violando il segreto investigativo, sia di Paolo e Silvio Berlusconi (vedi), il primo in quanto editore del quotidiano e il secondo per aver prestato ascolto all’audio della telefonata e averne tratto vantaggio elettorale (alle politiche dell’aprile 2006): entrambi i procedimenti giudiziari diedero ragione a Fassino, che si era costituito parte civile.
• Nell’aprile 2007, a Firenze, vinse il congresso dei Democratici di sinistra con la mozione “Per il partito democratico”, proiettando così il partito verso la fusione con la Margherita (poi avvenuta il 14 ottobre). «Il Partito Democratico è una necessità del Paese, serve all’Italia. Vogliamo dare vita ad un soggetto politico non moderato o centrista, bensì progressista, riformista e riformatore. Un partito che faccia incontrare i valori storici per cui la sinistra è nata e vive con l’alfabeto del nuovo secolo: e per questo dovrà essere un partito del lavoro, dello sviluppo sostenibile, della cittadinanza e dei diritti, dell’innovazione e del merito, del sapere e della conoscenza, della persona e della laicità, della democrazia e dell’autogoverno locale, dell’Europa e dell’integrazione sopranazionale, della pace e della sicurezza». Ospite del congresso fu anche Silvio Berlusconi, che applaudì il discorso di Fassino, sottolineandone la «volontà coraggiosa» e apprezzando la cifra socialdemocratica del nascente Pd, fino a proclamare: «Se è questo, al 95 per cento sarei pronto a iscrivermi pure io».
• Il 6 novembre fu nominato Inviato dell’Unione europea in Birmania dall’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell’Ue Javier Solana. Ricoprirà l’incarico fino al 2011.
• Nel maggio 2008, all’indomani della sconfitta elettorale, il segretario del Pd Walter Veltroni lo nominò Ministro degli Esteri del suo (breve) governo ombra.
• Nel 2009, in vista delle primarie per la segreteria del Pd, si schierò con il vicesegretario reggente Dario Franceschini, assumendo l’incarico di coordinatore della sua mozione, nella prospettiva di diventare presidente del partito: a vincere fu però Pier Luigi Bersani, e presidente divenne Rosy Bindi.
• In vista delle Amministrative 2011 (15 e 16 maggio), si candidò alla poltrona di sindaco di Torino, accettando di sottoporsi alle primarie di coalizione e vincendole con il 56% dei consensi. Anche alle Comunali vinse al primo turno, doppiando il candidato del centrodestra Massimo Coppola (56,66% Fassino, 27,30% Coppola). Nella gestione dei problemi cittadini ha dimostrato un atteggiamento piuttosto pragmatico, sebbene non alieno alla considerazione delle minoranze: così per quanto riguarda il nuovo corso Fiat, rispetto al quale ha sostenuto le innovazioni dell’ad Sergio Marchionne (già nel gennaio 2011 si era espresso per il “sì” al referendum di Mirafiori, al pari dell’allora sindaco Sergio Chiamparino), sollecitando però l’azienda a non isolare la dissidente Fiom e a non abbandonare la città, come pure in merito alla questione del Tav, la cui realizzazione ha sempre sostenuto per la sua importanza strategica, rispettando le proteste pacifiche e condannando i facinorosi, e anche rispetto al dissesto finanziario del comune ereditato dalla precedente amministrazione (3,5 miliardi di debiti a fronte di un bilancio di 1,5 miliardi), che ha affrontato attuando numerose privatizzazioni e prefiggendosi di non tagliare i servizi. Buono il suo gradimento tra i concittadini, attestatosi nel 2013 al 58%.
• A fine dicembre 2011, cogliendo alla sprovvista la sua stessa maggioranza in consiglio comunale, proclamò polemicamente che non avrebbe rispettato il patto di stabilità, definito «stupido e cieco» in quanto «mette sullo stesso piano chi s’indebita per finanziare la spesa corrente e chi investe». «Piero Fassino spende il peso di Torino – e il suo personale – per suonare la sveglia al governo e sollecitarlo a mantenere gli impegni, rivedendo il patto di stabilità, la legge che regola gli equilibri di finanza pubblica tra Stato ed enti locali. Lo fa nel giorno in cui decide di sforare i limiti stabiliti per il 2011 e sbloccare 450 milioni di euro che il Comune ha in cassa (ma che potrebbe spendere solo in parte) per pagare imprese e fornitori stremati dal ritardo nei pagamenti degli enti pubblici» (Andrea Rossi) [Sta 30/12/2011].
• Nell’autunno 2012, in vista delle primarie di coalizione per la candidatura alla presidenza del Consiglio alle Politiche 2013, si schierò con Pier Luigi Bersani (che risulterà poi vincitore): «Renzi? Ha una grande capacità mediatica, ma penso che il Paese abbia bisogno di una guida esperta e forte. Io sono per Bersani, che ha queste caratteristiche» (ad Angela Frenda) [Set 5/10/2012].
• Già nella primavera 2013, però, all’indomani del deludente risultato elettorale, Fassino divenne uno dei maggiori sostenitori di Matteo Renzi, che definì «l’uomo forte che rappresenta la capacità di novità» (a Claudio Cerasa) [Fog 23/4/2013]. In autunno supportò poi la candidatura di Renzi alle primarie per la segreteria del Pd, che ne avrebbero decretato il trionfo.
• Nel frattempo, a luglio, col supporto dei renziani, Fassino era stato nominato presidente dell’Anci (l’Associazione nazionale dei comuni italiani). È in questa veste che, a novembre, nel momento di massima confusione circa il rimborso ai comuni della loro quota di gettito Imu (tassa appena abolita, dopo mille tentennamenti), inviò una lettera estremamente polemica al governo e al suo capo Enrico Letta (anch’egli del Pd), nella quale, dopo aver preteso con urgenza un incontro chiarificatore, giunse a proclamare che «la situazione è al limite della rottura dei rapporti istituzionali tra Governo e Comuni»: «frase pesantissima, tanto più che viene pronunciata non da un qualunque Beppe Grillo, ma da un politico di lungo corso, e dotato di equilibro, come Fassino» (Giorgio Dell’Arti) [Gds 29/11/2013].
• Alle amministrative del 19 giugno 2016 è stato sconfitto al ballottaggio da Chiara Appendino, M5s, per 33.874 voti (168.880 le preferenze per Fassino contro le 202.754 per la Appendino).
• È sposato (dal 1992) con la collega Anna Serafini: «Si sono innamorati nel ristorante di un grattacielo a Santiago del Cile, dove erano in trasferta di lavoro. Pare proprio che galeotto fu un valzer. Vivono al centro di Roma. Lui in casa collabora molto, sistemando con grande meticolosità piatti e bicchieri nella lavastoviglie» (Panorama). La moglie: «Subii un lutto gravissimo, la morte di mio padre. Lui, che aveva perso il suo a quindici anni, mi scrisse un messaggio molto bello, mi colpì molto».
• Prima della Serafini aveva sposato la giornalista Marina Cassi.
• Non ha figli: «Vorrei aver avuto un figlio maschio a cui trasmettere amore ed esperienza». In casa ha una cagnetta, Nina, presa da un canile.
• Critica «È un ottimo dirigente, il tipo indispensabile nel gioco di squadra, un mediano alla Oriali, per citare una famosa canzone. Ma non sembra tipo da inventarsi nuove strade né possiede il carisma personale di un D’Alema o di Veltroni, Cofferati, Bassolino» (Curzio Maltese).
• Memorabile l’“operazione simpatia” architettata dal suo consulente d’immagine Klaus Davi, con la partecipazione di Fassino, il 22 ottobre 2005, al programma di Canale 5 C’è posta per te, condotto da Maria De Filippi: ad attenderlo in studio Elsa, la tata della sua infanzia. «Adesso l’Italia sa. Da bambino andava in cucina ad alzare le pentole ed era contento quando lei aveva preparato il coniglio. L’insalata russa e le patate fritte lo facevano felice. Cantava Ventiquattromila baci e si molleggiava sulle gambe. A quattordici anni portava già giacca e cravatta. Andava allo stadio a vedere la Juve col papà. Quando seppe che lei voleva andarsene le chiese di sposarla ma non ci fu niente da fare, Elsa lo lasciò. Stasera alle nove su Canale 5, da Maria De Filippi, potete vedere il segretario Ds che annaspa mentre la De Filippi gli fornisce gli indizi: un piatto di insalata russa, la canzone. Vederlo inquadrato in primo piano mentre capisce, si commuove, gli occhi si riempiono di lacrime, la gente applaude. Su, su, fa gesti con le braccia l’assistente di studio: più forte. È andata anche questa, un altro muro è caduto» (Concita De Gregorio) [Rep 22/10/2005].
• Soprannomi: «grissino di ferro», «la sottile linea rossa».
• Frasi «Io sono nato a Torino e sono sabaudo. Sono alto e magro e ho questa immagine un po’ austera, un po’ calvinista, tipica di chi è nato, vissuto e cresciuto in una città che è forgiata dalla cultura e dall’etica del lavoro. Una città fatta di understatement, dove nessuno deve mai superare un certo limite perché sennò viene considerato stravagante».
• «Botteghe Oscure è il luogo della mia giovinezza... il Comitato centrale al quinto piano con le sedie di legno prese da un vecchio teatro, il terrazzo al sesto, bellissimo, dove in primavera si teneva qualche conversazione. E poi, lì ho conosciuto mia moglie, la compagna Serafini, lavorava con Rubbi alla commissione esteri. Io la ereditai con la struttura» (a Fabrizio D’Esposito) [Rif 22/4/2009].
• È tra i pochi ex Pci ad aver fatto autocritica sul comportamento tenuto dal partito nei confronti di Bettino Craxi nei giorni della sua caduta, e ad averne rivalutata la figura: «Piero Fassino ha ribadito in questi giorni la sua rivalutazione del “politico della sinistra”, del “rivitalizzatore del Psi”, del primo leader ad aver intuito “il bisogno di modernizzazione economica e istituzionale” dell’Italia, dell’uomo di Stato che seppe decidere su Sigonella e sulla scala mobile; una mole di meriti che rende davvero imperscrutabile perché, come lo stesso Fassino ammette, il Pci-Pds-Ds-Pd abbia reso possibile farne il “capro espiatorio” di quel sistema di finanziamento illecito dei partiti sul quale “mancò allora una seria riflessione”» (Ida Dominijanni) [Man 5/1/2010].
• Nel luglio 2009, intervistato da Massimo Giannini negli studi di Repubblica Tv, commentò così, tra lo sdegnato e il sarcastico, il tentativo di Grillo di candidarsi alle primarie del Pd: «Un partito non è un taxi sul quale si sale e si scende, è una cosa seria. Se Grillo vuol fare politica, fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende! Perché non lo fa?».
• Vizi «Sono anni che mi sento fare domande sulla mia magrezza (192 centimetri per 66 chilogrammi – ndr). Cerchiamo di chiarire questa cosa. Non è che non mangio, sono lo stesso peso da trent’anni. Ho un buon metabolismo e mi fa bene fare quello che faccio. Forse l’affetto della gente dipende proprio dalla mia magrezza, dal fatto che sembro una persona tormentata». Giocando sul suo aspetto, durante la campagna elettorale per le Comunali 2011 fece distribuire in giro per Torino pacchetti di grissini recanti sopra il suo nome.
• «C’è chi si sfoga mangiando, chi bevendo, io lo faccio con gli scatti d’ira. Passata la tempesta, tornano però presto a volar gli uccelli e si rafforza il rapporto umano. Ci sono segretarie che mi telefonano a distanza di anni, ogni Natale».
• Ama Mozart, il jazz, il cinema, il teatro di Pirandello e Brecht, il ballo («dal rock al tango al valzer, davvero tutto»).
• Prese la laurea quando era già un politico affermato: «Ho voluto portare a compimento un percorso interrotto nel 1971, con molti esami già fatti. Fa parte della mia etica non lasciare una cosa a metà».
• Porta sempre in tasca un Pulcinella che stringe un tredici, portafortuna che gli venne regalato a Napoli «e che da allora mi accompagna sempre».
• In campagna elettorale annota meticolosamente su un libretto il numero delle persone che hanno assistito ai suoi comizi: «“Centocinquanta ore di viaggio su e giù per l’Italia” riassunte in tre colonne ordinatissime scritte a penna con calligrafia microscopica. Per ogni “campanile” il numero di quanti hanno partecipato al comizio, al dibattito o alla manifestazione» (Ninni Andriolo) [Unt 9/4/2006]. Per calcolare il numero dei presenti, «siccome sono abituato ai teatri, guardo la piazza e faccio il calcolo mentale di quante sale da mille posti ci vorrebbero per riempirla tutta. Grosso modo, tirando le somme, potrò sbagliare di 200 o 300 unità. Poi, annoto la cifra. Faccio così da anni, elezioni dopo elezioni» [ibidem].
• «All’eskimo preferisce il loden. “E sono stato l’unico a occupare scuola e fabbrica in giacca e cravatta”» (Giulia Cerasoli) [Chi 18/05/2011].
• Religione «Sono un credente, ma, proprio perché si tratta di un fatto assolutamente privato, non ne ho mai dato manifestazione pubblica, perché sarebbe del tutto improprio per il rispetto che ho della fede e delle mie convinzioni».
• «Sono stato per nove anni allievo dei gesuiti a Torino, e questo mi ha consentito di rafforzare la mia fede religiosa. Essere di sinistra non è in contraddizione con la fede, perché significa battersi per la giustizia, l’uguaglianza, il rispetto della persona: valori cattolici».
• Tifo Juventus.