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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Walter Burani

• Cavriago (Reggio Emilia) 24 gennaio 1933. Imprenditore. Fondatore e presidente del Mariella Burani Fashion Group, griffe di moda intestata alla moglie. Nel 2008 furono arrestati due investigatori (Giorgio Dragani e Walter Muzio) che avevano spiato per suo conto Sandro Siniscalco (Milano 8 febbraio 1953), amministratore delegato della controllata Greenvision: «Parlava male di me e dei miei figli». I figli sono Giovanni Valter (Parma 20 ottobre 1964), amministratore delegato Strategic Development & Finance, e Andrea (Reggio Emilia 18 settembre 1966), amministratore delegato Product & Operations.• Nel febbraio 2010 il tribunale dichiarò il fallimento della holding. «Come una galassia in formazione, Mariella Burani Fashion Group, ingloba aziende, diversifica negli accessori, va in Borsa (nel 2001), si trasforma sotto gli occhi dei suoi investitori, che sembrano gradire le buone performance del titolo. Da una costola di Mbfg nasce poi Antichi Pellettieri, la divisione leather, il gioiello di famiglia che fa il pieno di marchi prestigiosi (Coccinelle, Braccialini, Baldinini) e nel 2006 sbarca a Piazza Affari. [...] Nel business delle acquisizioni il metodo seguito è chiaro: sempre aziende medio-piccole dove i Burani entrano con quote di maggioranza sicura, ma conservando la presenza del socio fondatore nel capitale. Con una sorta di riguardo per chi c’era prima di loro. Il problema che sempre a debito. Perché la causa del crollo che ha causato l’uscita di scena della famiglia (e peggio gli avvisi di garanzia) non è stata la crisi della finanza prima e dei consumi poi che semmai ha aggravato la già drammatica vicenda, ma i debiti (500 milioni solo in capo a Mbfg). Soldi a prestito come se piovesse. Per acquisire aziende (a volte a prezzi troppo alti), finanziare attività ma anche per comprare titoli propri. [...] Un impero che perde un pezzo alla volta, con il capofamiglia convinto fino all’ultimo di poter pilotare l’azienda fuori dalla secche ma che per salvare il gruppo dalla bancarotta non riesce nemmeno a tirar fuori i 50 milioni necessari e più volte promessi a sottoscrivere un aumento di capitale. E quando anche la blasonata Mediobanca lascia il suo incarico di advisor finanziario con i primi dell’anno e abbandona il campo, per gli addetti al settore il destino del gruppo è segnato. Prima il fallimento di Bdh, poi le dimissioni di Walter da presidente e amministratore delegato di Mbfg (“una scelta sofferta ma per il bene della società”), un segnale di discontinuità chiesto dalle banche creditrici che Burani spera possa portare il gruppo verso il concordato preventivo. Mentre i sindacati, preoccupati per la sorte dei 2.200 dipendenti, premono anche sul ministero delle Attività produttive per l’ammissione alla legge Marzano. Il 16 marzo il tribunale di Reggio Emilia dichiara l’insolvenza dell’azienda, che viene così ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria. Arriva il commissario Francesco Ruscigno. Walter Burani si dichiara “profondamente amareggiato, anche sul piano personale”. Dopo neanche 15 giorni un’altra tegola: dalle ipotesi di reato di aggiotaggio, falso in bilancio, frode fiscale e ostacolo agli organi di vigilanza a quella di bancarotta fraudolenta con l’iscrizione nel registro degli indagati del fondatore (in qualità di presidente di Bdh), dei figli Giovanni e Andrea e di altri membri del consiglio di amministrazione. Nel mirino le transazioni in Borsa di Bdh, la holding olandese a monte di Mbfg, ritirata dall’Aim di Londra nel 2009 e posta in fallimento dal tribunale di Milano l’11 febbraio 2010» (Antonia Jacchia) [Cds 4/4/2010]. 
• Il 28 luglio 2010 Walter e il figlio Giovanni furono arrestati per bancarotta fraudolenta. Il capofamiglia ottenne i domiciliari perché ultra 75enne, mentre il figlio andò in carcere. «Evidentemente non sono bastati i casi Parmalat e Cirio. Il crack del gruppo Burani che ha portato all’arresto di Walter e Giovanni Burani, ha qualcosa di perfino più inquietante delle vicende legate a Calisto Tanzi e a Sergio Cragnotti. Innanzitutto perché, pur avendo dimensioni minori, coinvolge ben cinque società quotate; e in secondo luogo perché è successo nonostante gli insegnamenti che i casi Parmalat e Cirio avrebbero dovuto lasciare ben impressi nelle menti di tutti e, cioè, che una sana attività imprenditoriale riesce a farsi travolgere quando il virus della finanza (e, quindi, dei soldi facili) si impossessa dell’azionista di maggioranza. A riconoscere il ruolo malsano che la “smania finanziaria” ha svolto nell’ascesa e caduta del gruppo di Cavriago (Reggio Emilia) non sono le solite dicerie degli invidiosi bensì i magistrati milanesi che hanno accusato i proprietari della società di aver ingannato risparmiatori, banche e autorità di vigilanza attraverso la realizzazione di operazioni fittizie tese a fornire della Mariella Burani la “falsa apparenza di una solida realtà economica”» (Enrico Romagna Manoja) [Cds 20/8/2010]. Nel febbraio del 2013 padre e figlio furono condannati a sei anni.