28 maggio 2012
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Biografia di Teodoro Buontempo
• Carunchio (Chieti) 21 gennaio 1946 – Roma, 24 aprile 2013. Politico. Diploma di Ragioneria, giornalista, primo segretario del Fronte della Gioventù (1970), capocronista del Secolo d’Italia, ex membro del Comitato centrale del Ms-Dn, dal 1992 deputato di Alleanza Nazionale, dal 2007 presidente de La Destra, il partito fondato da Francesco Storace. Assessore alla Regione Lazio nella giunta di Renata Polverini.
• «“Quand’ero giovane i capelli mi arrivavano fino alle spalle, avevo la barba. Dormivo nella Cinquecento di papà davanti alla facoltà di Architettura. Il posto mi sembrava sicuro e poi c’era una fontanella per lavarmi”. Fu allora che lo soprannominarono “er pecora”. “Ma nessuno mi conosceva così. È stata la Repubblica, non ricordo chi, a riesumare quel nome, quando Gianfranco Fini era lì lì per battere Francesco Rutelli. Volevano accreditare l’immagine del rozzo, del picchiatore”. Non intendeva certo smentirla, nel dicembre 1996, quando tirò un pugno al giornalista Giancarlo Perna, colpevole di avergli messo in bocca dichiarazioni sgradite a proposito nientemeno che di Alessandra Mussolini, nipote del Duce. O quando disse dei naziskin che “bisogna prenderli a calci”. “Mio padre Giovanni era socialista. Faceva il muratore in un paesino di montagna dell’Abruzzo, Carunchio, provincia di Chieti. Denunciò gli abusi di potenti del posto e fu costretto ad andarsene. Mamma dovette abbandonare il lavoro in macelleria”. Si trasferiscono a Ortona, e qui inizia la carriera del contestatore. La partenza invero è soft e persino apolitica: “Volevo rompere la logica dei ragazzi da una parte e delle ragazze dall’altra. Irrompevo nelle scuole alla ricreazione col mio slogan: ‘Il ballo è libertà’”. Così viene notato e avvicinato da vari politici. Ma ha un debole per il Movimento Sociale. Perché era il partito dei vinti e perché il Benito Mussolini qualcosa di buono aveva fatto, non come Hitler, tutto odio razziale. Nel Msi fa carriera a livello locale, lo zio socialdemocratico gli toglie il saluto. Il padre muore d’infarto, la madre s’ammala di cirrosi. Col diploma in ragioneria, s’adatta a scaricare casse tra il porto e la stazione. Poi prende la Cinquecento. Tenta qualche esame a Scienze politiche, la sera fa il cameriere al ristorante Rupe Tarpea. Viene il 1968. “Il Sistema fece in modo di dividerci con la logica degli opposti estremismi”. Abbandona l’università, va a vivere in via Firenze, in sezione: per letto una pila di manifesti, vita privata zero. “Per campare toglievo le copertine ai fumetti in resa. L’uomo mascherato, Capitan Mike. Gli editori cambiavano le copertine e rivendevano i fumetti come nuovi. Poi, c’è quasi da ridere, compravamo lastre radiografiche all’Ospedale. Di notte in riva all’Aniene le facevamo scaldare. A temperature altissime, liberavano l’argento che colava negli stampi, si formavano lingotti. Se avessi continuato quest’attività sarei miliardario”. Dopo il business dei lingotti venne l’assunzione al Secolo. “Al Secolo rompevo i coglioni, ero nel cdr, feci assumere Storace abusivo. Trattai anche una vertenza. Io al tavolo con l’Fnsi, Giorgio Almirante e l’esecutivo all’altro. Mi misero in cassintegrazione, alla prima occasione fui licenziato”. Nell’81 entra in Consiglio comunale a Roma e ci resta per sedici anni» (Antonio Armano).
• «Furono anni tremendi, ma dentro eravamo animati da una forza morale, etica, da una passione politica straordinaria e persino il carcere, beh, persino il finire in carcere diventava un fatto epico, mitico. Sentivi i camerati che venivano a cantarti sotto le mura per darti coraggio, e poi, quando uscivi, ne trovavi cento, duecento, schierati fuori dal portone del carcere che ti aspettavano facendo il saluto romano». L’ultimo passaggio politico nel luglio 2007, quando, in polemica con Fini, lascia Alleanza Nazionale e segue Storace nel nuovo partito La Destra. Non rieletto alla Camera dopo 16 anni (La Destra non ha raggiunto lo sbarramento del 4%), dal 2008 è consigliere provinciale a Roma. «Se non avesse abbandonato An per la Destra storaciana, sarebbe parlamentare. Chi glielo ha fatto fare? “La fedeltà alle idee ha un prezzo. A Fiuggi, nel 94, mi sono opposto allo scioglimento del Msi. In An dicevano che avevo il torcicollo”. Torcicollo, con quel collo? Ce l’ha grosso e sodo. “Secondo loro, i modernisti!, io guardavo all’indietro. Con la nascita della Destra sono uscito da una situazione falsa”. Falsa in che senso? “Perché in An si dava un’immagine negativa della nostra storia. Come se il Msi fosse stato guerrafondaio, razzista, ecc. Una caricatura. Lasciando An ho difeso la mia vita politica. Volevo fare sapere ai miei figli che non ero stato un pazzo a ruota libera”» (a Giancarlo Perna, 12 anni dopo il cazzotto).
• Nel ballottaggio a sindaco della capitale aveva comunque appoggiato Gianni Alemanno e si dichiarò pronto a lavorare con lui (tra qualche protesta della comunità ebraica).
• Ultime imprese da deputato durante la legislatura del governo Prodi: rissa, durante il suo turno di presidenza, col deputato Quartiani dell’Ulivo e poco dopo con l’onorevole Fiano, sempre dell’Ulivo (15 marzo 2007, si stavano discutendo le lenzuolate di Bersani), occupazione dell’aula insieme con Daniela Santanché e Roberto Salerno in occasione delle dimissioni di Mastella (15 gennaio 2008): la Destra esigeva che Prodi venisse a riferire in aula.
• Era sposato con Marinella Vuoli, tre figli (Maria, Michele, Gianni). «Mia figlia si è laureata in Architettura a Oxford. Non è una rivalsa, ma la conquista del futuro. Ai figli non si lasciano ricchezze, ma si danno gli strumenti per la vita. I miei ragazzi studiano da otto anni il cinese e l’inglese è quasi la loro madre lingua. Ma hanno due paia di scarpe, uno per tutti giorni, l’altro di ricambio».