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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Enzo Salvatore Brusca

• San Giuseppe Jato (Palermo) 29 ottobre 1968. Pentito, a suo tempo mafioso. Fratello minore di Giovanni Brusca (vedi scheda).
• «Dei Brusca era il “fratello brutto”. Ne era cosciente, e da sempre provava un sordo rancore verso il suo potente congiunto. “Non sostengo che glielo auguro, compare mio, ma se finisse in galera ci prenderemmo tutto noi, allora sì che sarebbe tutta un’altra musica”, era solito dirmi nei momenti di crisi. Non lo voleva morto, ma se Giovanni fosse rimasto in galera per il resto dei suoi giorni, suo fratello Enzo non avrebbe pianto. Con pochissime eccezioni, l’intera mafia viveva questo tipo di fraterno rapporto, degno di Caino e Abele. Questa era la sua profonda radice, e tutto il romanzo che si è cercato di costruire su di essa non è altro che una grande presa in giro. Una bella storia da rifilare agli stupidi» (Giuseppe Monticciolo, amico d’infanzia di Enzo Brusca, braccio destro del fratello Giovanni).
• Viene arrestato col fratello Giovanni il 20 maggio 1996, a Cannatello, frazione di Agrigento. In attuazione del piano di legittimazione dei pentiti elaborato col fratello durante la latitanza, anche lui simula di volere collaborare con la giustizia, finché, non riuscendo più a reggere la parte, ammette di avere reso dichiarazioni false per smentire i collaboratori, d’accordo col fratello. Vista la volontà di collaborare i magistrati lo trasferiscono dal carcere dov’è detenuto Giovanni Brusca. «Un carcere dove, però, Enzo Salvatore Brusca – mi dice – si sente finalmente libero. Non è un paradosso, ma la presa d’atto di un timidissimo “picciotto” di ventotto anni. Se non fosse stato figlio di Bernardo Brusca, se non avesse avuto quali modelli di vita il fratello Giovanni o gente come Salvo Madonia e Giuseppe Graviano, se non avesse passato le domeniche a giocare in una casa di campagna con i figli di Raffaele Ganci, mentre suo padre e il boss della Noce arrostivano cadaveri sul retro…, forse non avrebbe mai nemmeno saputo cosa era la mafia» (Alfonso Sabella, allora pm del pool antimafia di Palermo, in Cacciatore di mafiosi).
• Il fratello, per creargli un alibi per un omicidio, aveva ordinato a Salvatore Aragona (vedi scheda), medico nell’Ospedale Civico di Palermo, la falsificazione di una cartella clinica in modo da documentare la sottoposizione di Enzo a un intervento all’ernia inguinale proprio il giorno del delitto. Ma i magistrati avevano scoperto la falsità del documento, e Giovanni Brusca, per dare forza all’alibi, aveva avuto l’idea di farlo operare davvero per provocare delle cicatrici compatibili con l’intervento descritto in cartella. Se ne occupò sempre l’Aragona, che si recò nel casolare dove stava trascorrendo la latitanza, e praticando una blanda anestesia locale, gli incise l’inguine in profondità, provocando per errore una lesione a un nervo e dolori indicibili.
• Affetto da un’intolleranza alimentare ai crostacei, una Pasquetta dovette sotto lo sguardo minatorio del fratello Giovanni mangiarne venti per accontentare Leoluca Bagarella, che andandone matto ne aveva ordinato due casse.
• Non si dimenticherà mai quel giorno di Carnevale (era ancora un bambino), quando il padre, vedendoselo arrivare vestito con una divisa da guardiamarina, con una mano gli mollò un ceffone, con l’altra gli strappò i galloni dorati dalle spalline, e nel farlo gli disse: «Levati ‘sta cosa da sbirro».
• Condannato in tutto a 30 anni di reclusione (tra i delitti commessi, il concorso nell’omicidio di Giuseppe Di Matteo, vedi DI MATTEO Mario Santo), nel 2003 è stato ammesso alla detenzione domiciliare per l’intera durata della residua pena da espiare fino al 10 gennaio 2025.
• Da una lettera scritta dal carcere da Enzo Brusca a un sacerdote: «Non è stato un travaglio facile, sono stati lunghi giorni, ma alla fine ha prevalso il genitore che albergava in me: tra il mondo di mio padre e quello della mia bambina ho scelto il secondo; come la chiesa prende posizione sui divorziati o sugli omosessuali che vivono assieme, la dovrebbe prendere sul mafioso ancora praticante» (a cura di Paola Bellone).