Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Delfino Borroni

Turago Bordone (Pavia) 23 agosto 1898 – Castano Primo (Milano) 26 ottobre 2008. È stato l’ultimo veterano italiano della Grande Guerra (1915-18), uno degli otto rimasti in tutto il mondo. “Ragazzo del 98”, è stato anche l’ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto rimasto in vita.
• «“Borroni, vai fuori a vedere la situazione” ordinò il sergente. “Perché devo andare a morire io, che sono il più giovane?” obiettò il bersagliere. “Perché tutti gli altri hanno figli”. Era l’inverno del 1917. Delfino Borroni, 19 anni, arruolato di leva nel sesto battaglione dei bersaglieri ciclisti, obbedì: prese la baionetta e strisciò fuori dalla trincea, ritrovandosi sotto il fuoco nemico. La sua ora, però, non era ancora giunta. Da quell’inverno, passato in una trincea di Caporetto, sono passati novantuno anni» (Giovanni Maria Fagnani)   «Dopo qualche settimana, Delfino fu catturato. “Una volta, in prigione, cominciai a urlare, volevo scrivere alla mia famiglia che da sette mesi non aveva notizie – spiegava il veterano - L’ufficiale austriaco mi rispose: ‘io è da dieci anni che non torno a casa’, ma poi mi diede un foglio e una penna”. Qualche mese dopo, la fuga. Dopo un giorno di marcia, alla sera, nella prigione, anche l’ufficiale romeno di guardia crollò dal sonno. Delfino fuggì e si unì a un battaglione italiano a cavallo, poi prese un treno che lo portò a Piacenza. Da lì, scrisse ai genitori, che lo raggiunsero. “Stavo riposando in una tenda, alzai gli occhi e vidi gli scarponi di mio padre. Mia madre lanciò un urlo così forte, che quasi mi moriva fra le braccia” » (Giovanni Maria Fagnani) [Cds 30/10/2008].
• Tornato a casa, riprese l’attività di meccanico e poi di macchinista di tram a Castano Primo (Milano) dove ha vissuto fino alla morte, nella casa di riposo Don Luigi Guanella, con una pensione di 40 euro al mese, frutto del cavalierato di Vittorio Veneto che gli fu concesso nel 1970. Due figli, Pinuccia e Angelo, tredici nipoti. «La vista lo ha lasciato quando aveva novant’anni, ma la memoria è formidabile».
• Al momento della morte, a 110 anni, era l’uomo più longevo d’Italia.