Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Andrea Bonomi

• New York, 1965. Imprenditore. Presidente del gruppo finanziario Investindustrial. Tredici aziende in portafoglio, 5 miliardi di fatturato, uno di margine operativo lordo e 2,5 di cassa (dati maggio 2016). «Più che una società di investimento ci vediamo come un gruppo industriale. Anzi come un’azienda che aiuta le altre a funzionare».
• Dal 2011 al gennaio 2014 è stato presidente del consiglio di gestione della Banca Popolare di Milano, della quale è socio «con l’8,2% grazie ad un investimento da 130 milioni datato 2011 e grande sponsor del progetto di trasformazione della vecchia e discussa popolare in società per azioni» (Costanza Iotti) [Fat 13/2/2013]. Progetto che ha dovuto temporaneamente rinviare a causa delle resistenze dei sindacati. «Andrea si è fatto avviluppare dalla sirena di Alberto Nagel che voleva impedire che Bpm cadesse in mani non gradite a Mediobanca. Andando a sottovalutare l’intreccio di sindacalisti-affaristi che ha pervaso e continua a pervadere la principale banca milanese. Così ha dovuto alzare bandiera bianca ma almeno con la soddisfazione del risanamento dei conti come ha dimostrato la recente Asset Quality Review della Bce» (Giovanni Pons) [Affari&Finanza-Rep 24/11/2014].
• Ultime Il 16 maggio 2016 si era lanciato alla conquista del Corriere con una cordata composta dalla sua Investindustrial e dai soci storici Diego Della Valle, Mediobanca, Pirelli e UnipolSai, ma il 15 luglio gli azionisti Rcs gli hanno preferito Urbano Cairo. Fiorina Capozzi: «L’Opa cash a 1 euro per azione, promossa dagli ex salotti buoni, partita in vantaggio con un 24,7%, è piaciuta solo al 13% degli azionisti dell’editrice (anzi un po’ meno, visto che Bonomi ha comprato qualche titolo sul mercato) e si è fermata al 37,7%» [il Fatto Quotidiano 15/7]. Cairo si è preso Rcs con il 48,8%.
• Il 28 aprile 2016 Bonomi conquista anche Valtur: «Il primo passo di un progetto finalizzato alla creazione di un gruppo turistico attivo nella gestione di resort leader nell’area del Mediterraneo». Investindustrial ha anche siglato un accordo con il gruppo immobiliare Prelios Sgr per acquisire la proprietà di tre resort a Ostuni in Puglia, Pila in Val d’Aosta e Marilleva (Trentino), oggi già gestiti dal gruppo Valtur. Inoltre, il gruppo di Andrea Bonomi ha sottoscritto un contratto di locazione per assicurare al gruppo Valtur la gestione del Tanka Village, in Sardegna [repubblica.it 28/4/2016]. Secondo gli ultimi dati disponibili Valtur ha una sessantina di milioni di euro di giro d’affari che, unite alle attività di Orogroup, portano il fatturato complessivo a oltre 80 milioni di euro [S24 16/3/2016]. E il 12 aprile 2016 con la sua Investindustrial Bonomi rileva il 60% di Artsana dalla famiglia Catelli e diventa l’azionista di maggioranza del marchio Chicco, Pic Solution, Lycia e Control, ma anche dei preservativi Control. Una manovara da 700 milioni. E il 12 aprile 2016, sempre con la sua Investindustrial Bonomi rilevava il 60% di Artsana dalla famiglia Catelli diventando l’azionista di maggioranza del marchio Chicco, Pic Solution, Lycia e Control, ma anche dei preservativi Control. Una manovara da 700 milioni.
• Investindustrial, società specializzata nell’acquisizione di aziende di medie dimensioni e nei fondi equity, fa «investimenti non puramente finanziari ma con un approccio industriale, in aziende di qualità, con un’ottica di management di medio-lungo termine. In sostanza cediamo la partecipazione quando il progetto industriale è concluso. Dai 5 ai 10 anni. E raramente vendiamo a fondi». Nel novembre 2007 acquistò Atkinson, storica azienda di profumi nata a Londra nel 1799, e nel dicembre 2012 è diventato azionista di riferimento della Aston Martin, acquistandone il 37,5%. «Oggi il gruppo Investindustrial ha in gestione assets per 5 miliardi di euro, 3,4 dei quali investiti in cinque fondi di private equity e 1,4 miliardi in hedge fund» (Pons cit.).
• «Nel 2006 ha comprato Ducati e l’ha rivenduta nel 2012 ai tedeschi di Audi, dopo aver avviato un percorso di globalizzazione che ha portato la società a espandersi in nuovi mercati tra cui Brasile, Cina e India. Ducati è un buon esempio di quanto il marchio e il made in Italy possono valere sul mercato. "La globalizzazione è una sfida fantastica per le imprese italiane, anche di dimensioni più modeste di Ducati. E possono uscirne vincenti a patto di continuare a innovarsi e rinnovarsi". Anche al traino delle grandi imprese, italiane come straniere. È il caso di Aston Martin, nel portafoglio di Investindustrial dal 2013, i cui principali componenti, sono realizzati da imprese italiane, tra cui spiccano Brembo, Brugola, Pirelli, Graziano, Zagato» (Maria Elena Zanini) [CorrEco 3/5/2016].
• Newyorkese di nascita, milanese di tradizioni e svizzero di residenza, è il cavaliere bianco del private equity. Nel febbraio del 2016 ha chiuso il sesto fondo: due miliardi di euro, il 40% dagli Usa, zero dall’Italia: «Per gli stranieri siamo la porta di accesso per investire nel nostro Paese; noi continuiamo a lavorare con investitori con cui facciamo raccolta da oltre 25 anni. L’Italia è un sistema complesso, dove c’è sempre una relazione da tener presente. Con questo fondo puntiamo a tre operazioni in Italia (la prima è stata Chicco, la seconda Valtur, la terza potrebbe essere la scalata al Corriere ndc), da qui a fine anno; in tutto ne faremo tra sette e dieci, compresi gli altri mercati. Continueremo sicuramente nel design, in cui siamo già ben presenti: complessivamente, pensiamo di arrivare ad un miliardo di investimenti in questo settore. E poi ovviamente il lusso: con Sergio Rossi abbiamo riportato in Italia la scarpa di lusso, dopo la parentesi francese con il gruppo Kering. Probabilmente ci investiremo molto più di quanto l’abbiamo pagata: per rilanciarla ci vorranno dai 5 ai 10 anni» (a Vittoria Puledda) [A&F 22//2/16].
• Studi in Francia all’Institut International Chateaubriand di Cannes, in Gran Bretagna al Lycée Français Charles de Gaulle di Londra, poi il titolo di Bachelor of Science in Business Administration presso la New York University nel 1985.Primi passi nella finanza alla Lazard Frères.
• Nipote di Anna Bonomi Bolchini (la Lady Finanza o Lady dané che s’inventò il Postal Market), primogenito di Carlo, è «il volto giovane della terza generazione dei Bonomi, dinastia di industriali e immobiliaristi milanesi, un braccio operativo tutto concentrato sull’impresa (Investindustrial) ma le radici sono quelle antiche. O meglio quelle rimaste dopo che nell’agosto dell’85 il manager scalatore Mario Schimberni soffiò loro Bi-Invest, la holding (classe 1918) che aveva in portafoglio dalle assicurazioni (Fondiaria) alla chimica (Mira Lanza e Montedison)» (Antonia Jacchia).
• Consigliere non esecutivo di Gruppo Illy S.p.A., RCS Mediagroup S.p.A. e della Camera di Commercio Americana in Italia.
• Sposato, padre di tre figli. Ha una passione per i motori.
• «Non rimpiango mai niente, mi piace guardare sempre al futuro, ma in Bpm non ce l’abbiamo fatta a completare il progetto. Ci abbiamo anche guadagnato, ma rispetto ai rischi che ci siamo presi è stato uno dei peggiori investimenti. Peccato, sarebbe stata una banca indipendente fantastica» (a Vittoria Puledda) [A&F 22/2/2016].