28 maggio 2012
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Biografia di Roberto Boninsegna
• Mantova 13 novembre 1943. Ex calciatore. Vicecampione del mondo nel 1970 (suo il gol del temporaneo pareggio nella finale persa 4-1 con il Brasile di Pelé). In Nazionale 22 presenze e 9 reti. Attaccante lanciato dal Varese, si affermò a Cagliari in coppia con Gigi Riva «la migliore coppia d’attacco del dopoguerra» (Mario Sconcerti). Con l’Inter vinse lo scudetto del 1971, con la Juve quelli del 1977 e 1978 (e la coppa Uefa del 1977). Nel 1971 e 1972 vinse la classifica cannonieri del campionato di serie A «In realtà sarebbero tre, perché nel ’74 mi tolgono un gol contro il Cesena, dicendo che era autorete e così vince Chinaglia» (ad Alberto Cerruti) [Gds 13/11/2013].
• Figlio di un operaio comunista alle cartiere Burgo, fu un «bomber cattivissimo. Uno, tanto per dire, che negli annali viene ricordato così: “Centravanti di sfondamento. Spavaldo, persino temerario, micidiale nel tiro da media distanza, sin troppo egoista”» (La Stampa).
• Segnò ovunque, a Cagliari (26 gol in 91 partite), alla Juventus (35 in 94 partite), all’Inter (171 in 281) «Per regalare lo scudetto all’Inter, segnò un gol al Napoli rischiando la vita, andando a colpire il pallone a tre centimetri dalla scarpa di Dino Panzanato, 2-1 al Napoli, 21 marzo 1971, e uno in rovesciata al Foggia, che chi va a San Siro non ha ancora dimenticato (2 maggio 1971, 5-0). Più che un centravanti, un uragano» (Fabio Monti).
• «Bonimba lo devo a Brera. A San Siro gli ho chiesto perché. Perché hai il culo basso e quando corri mi ricordi Bagonghi, nano da circo. Ho incassato guardandolo come per fargli capire che coi miei 176 centimetri ero più alto di lui. Poi Brera scrisse sul Giorno, più o meno: è inutile che Bonimba mi guardi dall’alto in basso, nano l’ho battezzato e nano resta. Un nano gigante, però» (a Gianni Mura) [Rep 4/11/2013].
• La sua carriera sportiva si è più volte incrociata con quella di Pietro Anastasi «Estate 1976, stavo villeggiando in Versilia, mi ero appena seduto al ristorante del mio hotel quando arriva un cameriere agitatissimo: “C’è il presidente Fraizzoli al telefono della reception”. Cosa vorrà? mi chiedo senza minimamente sospettare la botta che sta per arrivarmi. “Uelà Bonimba, ho da darti una grossa notizia: ti ho ceduto alla Juve, organizzati per raggiungere Torino...La Juve ci dà Anastasi e vuole te in cambio”. (...) I nostri destini, mio e di Pietro, si erano già incrociati a livello di Nazionale. Nel 1968 lui, al primo anno di Juve, si era laureato campione d’Europa sostituendo proprio me, non convocato per motivi disciplinari: maltrattando un arbitro avevo rimediato una squalifica di 11 giornate, poi ridotte a 9, e il c.t. Valcareggi per anni non mi chiamò in azzurro. Poi però nel 1970 io andai in Messico proprio grazie a Pietro, che alla vigilia della partenza della nostra spedizione, dalla quale ero rimasto escluso, dovette sottoporsi a un intervento chirurgico» (a Nicola Cecere) [Gds 4/8/2014].
• Duraturo ed extracalcistico il sodalizio con Gigi Riva «Come fratelli, abbiamo diviso per due anni la stessa camera, poi mi sono sposato ma siamo rimasti amici. In campo ci mandavamo spesso a quel paese, questione di temperamento. Un giorno giochiamo in Mitropa a Skoplje e c’è invasione di campo, noi due siamo i più lontani dallo spogliatoio. Nenè fa in tempo a infilare la porta e chiude a chiave, e noi fuori a urlare “apri, deficiente”. E intanto arrivavano i tifosi, sembrava un film con Bud Spencer e Terence Hill. Ne abbiamo stesi un sacco, ma ne abbiamo anche prese. Ma la paura più grande non è stata lì, ma quando Gigi m’ha proposto un giretto in macchina verso Villasimius. Aveva un’Alfa Quadrifoglio truccata. Non c’erano le cinture. Curve su due ruote. Il giorno dopo ho fatto l’assicurazione sulla vita» (a Mura cit.).
• Idoli giovanili «Avevo un debole per Skoglund, era una bellezza vederlo giocare. Poi c’era Lorenzi, l’altro mio idolo, a cui sentivo di assomigliare molto. Sia perchè giocava all’attacco, sia perchè era un rompiscatole» (a Nicola Calzaretta) [Guerin sportivo 4/2014].
• Avversari «Il più bravo e corretto di tutti, Guarneri. I più rognosi, nell’ordine: Spanio, Rosato, Galdiolo, Morini. Di quelli che ho incontrato, troppo facile dire Pelé o Gerson, Rivelino o Jairzinho. Sto in Europa: Overath in cima, poi alla pari Beckenbauer e Crujiff» (a Mura cit.).
• Dal febbraio 2012 fino al termine della stagione è stato osservatore all’Inter, squadra per la quale fa il tifo da sempre e della quale dice di essere tuttora «innamorato al 100%».
• Annovera anche una piccola carriera da allenatore delle giovanili della Nazionale prima e del Mantova poi «Ho fatto per 13 anni il ct dell’Under 21 di C. Meglio che fare l’allenatore, perché da selezionatore se un giocatore rompe i coglioni non lo convochi più, mentre da allenatore te lo devi tenere almeno un anno. Ho scovato gente come Toldo, Abbiati, Amelia, Fortunato, Barzagli, Iuliano, Bertotto, Di Biagio, Iaquinta, Montella e Toni, che era riserva nel Fiorenzuola e che chiamavo sbrindellone caracollante. Mi aspettavo qualcosa di più dalla federazione ma non mi lamento, so di essere stato un privilegiato» (a Mura cit.).
• Ha avuto una piccola parte nel Don Camillo di Terence Hill (1983) e recitato un breve cameo, nel ruolo di un monatto, nell’adattamento televisivo de I promessi sposi di Salvatore Nocita (1989) «Un giorno mi telefona Facchetti. Bobo, c’è il regista Salvatore Nocita, un interista vero, che girerà a Mantova un pezzo dei Promessi sposi, sceneggiato tv, e ha pensato a te. Che parte dovrei fare, Giacinto? Il monatto, quello che carica gli appestati sul carretto. E perché non lo fai tu? Perché io sono alto, bello e biondo. Così ho fatto il monatto, senza pensare di essere basso, brutto e moro. E mi sono anche divertito» (a Mura cit.).
• Sposato da 45 anni con Ilde, due figli, Gianmarco e Elisabetta.