28 maggio 2012
Tags : Francesco Bidognetti
Biografia di Francesco Bidognetti
• Casal di Principe (Caserta) 29 gennaio 1951. Camorrista. Capo, insieme a Francesco Schiavone, della confederazione dei casalesi (da Casal di Principe), che unisce tutte le famiglie camorristiche del Casertano (“autonomia federativa”). Arrestato il 20 dicembre 1993, è detenuto nel carcere dell’Aquila. Dal gennaio 1994 al 41 bis. Secondo i giudici è ancora «capo carismatico» del clan di appartenenza e continua ad arricchirsi con i proventi delle attività illecite gestite dall’associazione criminale.
• Il soprannome, Cicciotto ’e Mezzanotte, suona come una minaccia contro il prossimo (che provando a intralciare un suo affare, vedrebbe calare su di sé la mezzanotte). Secondo un’altra interpretazione fu soprannominato così già da ragazzo «perché iniziò la scalata del clan proteggendo le puttane» (Roberto Saviano).
• Condannato all’ergastolo il 15 settembre 2005, primo grado del processo “Spartacus” (associazione camorristica e delitti collegati: il processo riguardava 17 omicidi e inflisse 21 ergastoli). Sentenza diventata definitiva il 15 gennaio 2010. Continuano a notificargli ordini di custodia in carcere: il 27 marzo 2003 per l’omicidio di Francesco Picca (Aversa 6 agosto 1992, ergastolo in primo grado); il 22 dicembre 2004 (triplice omicidio di Domenico Tambaro, Vincenzo Mauriello e Vincenzo Ranucci, Villaricca 5 novembre 1990); il 6 giugno 2005 (omicidio di Vitale Salvatore, Giugliano giugno 1989); il 3 marzo 2006 (estorsione e associazione camorristica); il 27 giugno 2006 (omicidio di Nicola Alemanni, il cui corpo venne trovato carbonizzato nel bagagliaio di una vettura nel 1993, Bidognetti sarebbe il mandante; tentato omicidio dell’avvocato Delio Iorio); il 5 dicembre 2006 (omicidio di Raffaele Pezone, detto Lellucce Manomozza, che rubava nella zona di Parete senza il permesso dei casalesi, 2 settembre 93); il 26 marzo 2007 (smaltimento illegale di rifiuti tossici).
• Il 14 novembre è stato condannato a vent’anni, con giudizio abbreviato, per inquinamento delle acque e disastro ambientale, causato in provincia di Napoli, nell’area chiamata “Terra dei Fuochi”, perché si vedevano solo roghi di rifiuti. Il 13 marzo 2014
è tornato in aula come imputato per lo stesso reato (fatti commessi dagli anni Ottanta al 2006), ma il giorno dopo ha fatto più notizia la mancata costituzione come parte civile del Ministero dell’Ambiente. D’altronde nel 2008 era stato intercettato, mentre diceva al suo avvocato: «Ma la camorra cosa c’entra, c’entrano i politici nell’immondizia. I soldi se li dividono loro, Miché. In mano alla camorra c’entrano cento lire. E tremila li prendono loro. Hai capito, per questo c’è sempre l’emergenza a Napoli» (Dario Del Porto, “la Repubblica”, 7 dicembre 2013).
• Compare nel primo rapporto dei carabinieri dell’82 con l’elenco degli affiliati alla Nuova Famiglia (il cartello criminale fondato per contrastare la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo), come gregario di Antonio Bardellino. Ma quando Francesco Schiavone detto “Sandokan” fa fuori, con un abile doppiogioco, Bardellino (scatenando una faida interna alla confederazione con Vincenzo De Falco), si mette dalla sua parte. Il 13 dicembre 1990, nella riunione convocata da Sandokan per eliminare il De Falco (assente quest’ultimo che ha fiutato l’imboscata), irrompono invece i carabinieri. Sandokan e Bidognetti sono arrestati con l’accusa di detenzione di armi e associazione camorristica, ma la Prima sezione penale della Cassazione presieduta da Carnevale annulla il provvedimento di carcerazione in ordine all’accusa di associazione camorristica, e nel 1992 la Corte d’Appello assolve entrambi anche per l’imputazione residua (dando credito ai gregari presenti alla riunione che si sono accollati la responsabilità della detenzione delle armi, scagionando i capi).
• Vedovo di Teresa Tamburrino, morta di cancro (il medico condotto di Parete, Gennaro Falco, che non diagnosticò in tempo il male, fu ucciso nel suo studio nel 1993, dell’omicidio anni dopo fu accusato il figlio Raffaele, allora diciassettenne), per anni ebbe per amante Anna Barra, di professione prostituta (ora anche lei detenuta e diventata collaboratrice di giustizia). I due ex amanti hanno un processo in atto con l’accusa di concorso nell’omicidio di Genovese Pagliuca (commesso in Teverola il 19 gennaio 1995), fidanzato di Marianna D’Auria (che al tempo lavorava come parrucchiera e bambinaia al servizio della Barra). Secondo le accuse (fondate sulle dichiarazioni di alcuni pentiti), la Barra si era innamorata della D’Auria, e per punire il suo rifiuto la fece sequestrare dai fratelli, che la violentarono per tredici giorni. Dicendosi infastidita dal Pagliuca, che invece andava disperato alla ricerca della fidanzata, convinse il Bidognetti a farlo fuori, accusandolo di essere affiliato del clan rivale dei Picca. I due ex amanti sono coimputati anche di un altro omicidio, vittima Salvatore Coronella (ucciso in Teverola il 16 giugno 1990). In realtà la vittima designata era Fedele Giuseppe, ex carabiniere o poliziotto, gestore di una videoteca, anche lui colpevole di avere rifiutato le avances della Barra, che invece raccontò al Bidognetti il contrario, cioè di essere stata molestata da lui. Il Bidognetti ordinò la sua uccisione, non prima di avere eseguito lui stesso un sopralluogo nel negozio. Ma i due sicari incaricati di ucciderlo, Salvatore Cantiello e Francesco Biondino, entrati nel negozio, spararono alla prima persona capitata a tiro, il Salvatore Coronella, dipendente del negozio, che stava dietro il bancone (al processo è emerso anche che, violando i piani, il Biondino, che aveva problemi di vista, entrò in negozio, quando avrebbe dovuto limitarsi ad aspettare fuori il complice).
• Con Anna Carrino invece, Bidognetti aveva fatto sul serio (la considerava la madre dei suoi tre figli), e lei, devota, andava a trovarlo in carcere e poi portava i suoi messaggi ai boss liberi o latitanti. Finché non ha deciso di cambiare vita, abbandonando i figli che non l’hanno voluta seguire. Partita di nascosto in fuga da Casal di Principe, il 20 novembre del 2007 è stata arrestata a Roma dalla Dia, ed è diventata collaboratrice di giustizia.
• Il 19 settembre 2007 è stato arrestato il figlio Raffaele Bidognetti, al culmine di un’inchiesta partita dalle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia sulle attività illecite gestite dai Casalesi (estorsione a commercianti e imprenditori, traffico di stupefacenti, contrabbando di sigarette, racket della prostituzione).
• Il cugino, Domenico Bidognetti, detto “Bruttaccione”, detenuto nel carcere di Parma, al 41 bis dal febbraio 2000, nel settembre 2007 ha deciso di pentirsi (arrestato nel maggio 1999, «da quel momento», disse a Sergio D’Elia e Maurizio Turco in visita in carcere, «non ho capito più niente, mi hanno notificato tanti di quei mandati, che il Riesame di Napoli si è stancato di raccoglierli»).
• Il 17 aprile 2008 è stato arrestato anche suo figlio Aniello (insieme ad altre decine di Casalesi), grazie alle dichiarazioni di Anna Carrino, che poi è andata in tv a farsi intervistare e a dire al suo ex compagno pentiti. Per risposta due sgherri la notte del 31 maggio successivo sono andati a casa della madre della Carrino fingendosi agenti della Dia, e una volta entrati hanno sparato alla prima persona capitata sotto tiro, una nipote, Francesca, di anni 25, sopravvissuta per miracolo.
• Il 2 maggio 2008 gli uccisero il padre, Umberto. Mandante, secondo le indagini in corso al momento in cui consegniamo questo libro, Giuseppe Setola (vedi), capo del gruppo di fuoco fino ad allora alle dipendenze di Cicciotto ‘e mezzanotte, che intese così mettersi in proprio trascinandosi dietro i killer che consumarono la strage di Castelvolturno (18 settembre 2008, un italiano e sei extracomunitari trucidati a colpi di kalashnikov) (a cura di Paola Bellone).