28 maggio 2012
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Biografia di Bernardo Bertolucci
Parma 16 marzo 1941. Regista. Debuttò nella regia con La commare secca (1962). Poi: Prima della rivoluzione (1964); Partner (1968); Strategia del ragno (1970); Il conformista (1970); Ultimo tango a Parigi (1972, il film di maggior successo assoluto nella storia del cinema italiano con circa 14 milioni di spettatori, compresi quelli della riedizione Titanus dell’87. Fece epoca soprattutto la scena in cui Marlon Brando, per favorire una penetrazione anale in Maria Schneider, ricorre all’aiuto del burro (vedi sotto); Novecento (Atto I e II, 1976); La luna (1979); La tragedia di un uomo ridicolo (1981); L’ultimo imperatore (1987, vincitore di nove Oscar); Il tè nel deserto (1990); Piccolo Buddha (1993); Io ballo da sola (1996); L’assedio (1998); The dreamers (2003); Io e te (2012, dal romanzo di Niccolò Ammaniti). «Io spero sempre che i miei film non vengano compresi fino in fondo».
• Vita Figlio del poeta Attilio e di Ninetta Giovanardi, nata in Australia da mamma irlandese e padre ingegnere parmigiano costretto a emigrare (era la fine dell’Ottocento) per ragioni politiche. Fratello del regista Giuseppe (Vedi). «Ha vissuto fino a 12 anni in campagna, in una casa che “da quando è morto mio padre non ho più il coraggio di rivedere”. Arrivato a Roma, nuovi amici, nuovo quartiere borghese – Monteverde vecchio –, nuova casa al quinto piano in via Carini. “I miei genitori hanno costruito un incantesimo, nel quale mi sento tuttora immerso. Anche per questo, forse, non sono mai diventato padre”. Il rito di iniziazione alla regia ha luogo proprio in via Carini. È domenica pomeriggio, alle tre, ora del riposo. “Avevo quattordici anni, vado ad aprire, vedo un giovane vestito a festa, con un ciuffo strano. Chiedo: cosa vuole? E lui: cerco Attilio Bertolucci, sono Pier Paolo Pasolini. Mi spavento, gli dico di aspettare, lo lascio fuori, chiudo il portone. Vado da mio padre e gli racconto: c’è un tipo strano, ho paura che sia un ladro. E papà: ma no, è un poeta, fallo entrare”. Pier Paolo porta sua madre Susanna ad abitare al primo piano di via Carini e Bernardo – da giovanissimo aspirante poeta – scende le scale di corsa per far leggere le sue creazioni all’amico più grande» (Barbara Palombelli).
• «Quando avevo 17 anni, sempre sul portone di via Carini, un giorno Pier Paolo mi chiede: vuoi fare il mio aiuto-regista in Accattone? Io ribatto: ma non lo so fare, e lui a me: nemmeno io. In quel periodo, ho assistito all’invenzione del cinema, giorno per giorno, una scuola unica».
• Il padre fu uno dei primi critici cinematografici italiani. «Mi ricordo che, doveva essere il 1949 o il 1950, andava a vedere quei film americani di guerra. Poi tornava a casa e faceva una cosa incredibile. Telefonava al giornale. Si faceva passare lo stenografo e dettava tutta la sua recensione al telefono, senza esitazioni. Senza averla scritta prima. Dopo se la faceva rileggere e cambiava al massimo due parole».
• Quindicenne, con una 16 mm presa in prestito, girò i suoi primi cortometraggi: La teleferica, storia di tre bambini che si perdono nella foresta, e Morte di un maiale, unico piano sequenza all’interno di un mattatoio.
• A 21 anni vinse il Viareggio opera prima con una raccolta di toccanti liriche intitolata In cerca del mistero. Poi si decise per il cinema.
• «Eravamo all’inizio degli anni Sessanta. Con Glauber Rocha avevamo deciso di chiamare i nostri film “i miura”. I miura sono una razza di tori dalla pelle durissima. Non solo la spada del torero non riusciva a entrare nella cervice. Ma si diceva che neppure una zanzara poteva entrargli nel buco del culo. Nelle sale dove davano i nostri film nessuno entrava. Nessuno andava a vedere i nostri miura. Poi ho avuto un senso di soffocamento. E mi sono detto: “Voglio sentire il pubblico”. Voglio che la gente entri a vedere i miei film. E nel 1970 mi sono ritrovato a fare Strategia del ragno. E poi Il conformista, sentendomi un po’ come un traditore dei princìpi che fino a quel momento mi avevano formato. Era il passaggio dalla pura espressione alla comunicazione».
• «Quando Sergio Leone mi chiamò per sceneggiare C’era una volta il West (era il 1967, ndr), la prima cosa che mi chiese era come sparassi. Se impugnassi la pistola solo con una mano o se le usassi tutte e due. A me sembrò un marziano, ma aveva ragione lui: bisogna credere in quello che si fa» (a Paolo Mereghetti).
• Dopo la scomparsa di Maria Schneider (il 3 febbraio 2011), è tornato a parlare più volte della scena di sesso anale in Ultimo tango a Parigi per cui lei non l’aveva mai perdonato: «Sì, sono stato colpevole per la Schneider, ma non potranno portarmi in tribunale per questo. L’idea è venuta a me e a Brando mentre facevamo colazione, seduti sulla moquette. A un certo punto lui ha cominciato a spalmare il burro su una baguette, subito ci siamo dati un’occhiata complice. Abbiamo deciso di non dire niente a Maria per avere una reazione più realistica, non di attrice ma di giovane donna. Lei piange, urla, si sente ferita. E in qualche modo è stata ferita perché non le avevo detto che ci sarebbe stata la scena di sodomia e questa ferita è stata utile al film. Non credo che avrebbe reagito allo stesso modo se l’avesse saputo. Sono cose gravi ma è anche così che si fanno i film: le provocazioni a volte sono più importanti delle spiegazioni» (a Silvia Fumarola). [la Repubblica 18/11/2013]
• Dal 19 febbraio 2008 ha una “stella d’oro” sul marciapiede delle star, la Walk of Fame dell’Hollywood Boulevard di Los Angeles davanti al Chinese Theatre, premio che fu assegnato, tra gli italiani, a Rodolfo Valentino, Anna Magnani, Arturo Toscanini, Enrico Caruso, Sofia Loren.
• Nel 2007 fu premiato a Venezia con un super Leone d’oro («non è alla carriera, odora di prepensionamento, ma per il 75° compleanno della Mostra»).
• Nel 2011 a Cannes ha ricevuto la Palma d’oro alla carriera («La dedico agli italiani che hanno la forza di indignarsi»).
• È stato presidente della giuria alla 70esima edizione del Festival di Venezia.
• Nel 2000 fu operato per quella che sembrava una banale ernia del disco, da lì ne conseguirono altre quattro operazioni alla colonna vertebrale. Dodici mesi a letto, la depressione, poi la riabilitazione. Da anni è costretto a muoversi su una carrozzina. «Ho imparato ad accettare questa mia nuova condizione. Da allora è diventato tutto più facile. E ho ripreso a fare film. E ho capito che fare film è la sola terapia». [Alessandro Piperno, Cds 14/10/2012]
• È sposato con l’inglese Claire Peploe, regista e sceneggiatrice. Non ha figli. «Può darsi benissimo che il mio desiderio di paternità si materializzi nei miei film».
• Critica «Il suo è un cinema sotto la costellazione Marx-Freud-Verdi. Ama gli attori e sa sceglierli. Ama le scene di ballo e pochi come lui sanno far danzare la cinepresa su un dolly. Sa coniugare Proust al culatello, Hopper e Magritte al melodramma di Giuseppe Verdi. Bertolucci è un regista creolo» (Morando Morandini).
• «Ho capito che non riuscirò mai a eguagliarlo, perché viene da una cultura diversa dalla mia, suo padre è un poeta e lui stesso ha pubblicato delle poesie, è stato allevato con una coscienza politica, al contrario di me, che sono cresciuto in una casa dove non c’erano libri...» (Martin Scorsese).
• Frasi «I critici sono alpini di pianura».
• «È come se il mestiere di cineasta appartenesse a un’altra epoca come i lavori che scompaiono, tipo il sellaio. Credo che il lungometraggio, la forma film, abbia imboccato una strada di inesorabile declino, un po’ come quello che è successo con l’opera lirica».
• «A un certo punto è avvenuto in me un grande cambiamento. Mi è sembrato che i film che noi andiamo a guardare invece guardino noi».
• «Arriverei a dire che la lunghezza di una gonna, sopra o sotto il ginocchio, a volte è più importante di un’idea di sceneggiatura».
• «Quando finisco un film nuovo, provo un senso di pienezza a dir poco imbarazzante, che cerco di nascondere a tutti gli altri che si salutano con i visi tristi. Senti il bisogno di nasconderlo e di esorcizzarlo. Pensa che l’ultimo giorno di lavorazione di Io e te ho chiesto di essere truccato da donna. Alla fine sembravo una vecchia bagascia giapponese. Poi ho detto a tutti: “Vedete? Sono come Sean Penn. Più mi trucco più divento virile”» (ad Alessandro Piperno). [La Lettura 14/10/2012]
• Politica «Prima proiezione del mio Novecento, un film in cui raccontavo una saga familiare a partire dalla nascita del comunismo in Emilia Romagna. Eravamo nel 1976, in pieno compromesso storico e mi sembrava di dover celebrare un rito, pensavo di rendere omaggio alla storia del Pci. Paese Sera, quotidiano comunista romano, organizzò un dibattito con lo storico Paolo Spriano e Giancarlo Pajetta. Alla fine del primo tempo, Pajetta, entusiasta, mi abbracciò. Poi, vedendo le immagini della Liberazione, in cui mostravo anche le vendette private, i processi popolari contro i fascisti, si alzò furioso e se ne andò gridando: mi rifiuto di partecipare. Giorgio Amendola disse che il film era bruttissimo. La Fgci di Walter Veltroni, invece, mi appoggiò. Da allora, la mia tessera del Pci, presa nel 1969 contro l’estremismo filocinese dell’estrema sinistra, proprio nel momento in cui ci fu la rottura del partito con il gruppo del Manifesto, si è andata via via scolorendo... Alla metà degli anni Ottanta ho smesso di rinnovarla, non ero un militante, ho iniziato a vivere più all’estero che qui. Oggi, mi pare di non avere più trasporto politico per nessuno: salverei proprio soltanto Veltroni, perché è capace di guardare al futuro senza dimenticare le radici in cui tutti amiamo riconoscerci».
• Vizi «Sono ateo, grazie a Dio. Come diceva Buñuel».