28 maggio 2012
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Biografia di Giuseppe Berta
• 28 agosto 1952. Storico. Docente alla Bocconi. Laurea in Lettere nel 1975 presso l’Università Statale di Milano, si occupa di Storia dell’industria, Storia delle élite economiche e delle rappresentanze degli interessi ecc. Tra i fondatori dell’Assi (Associazione di Storia e Studi sull’Impresa), fra il 2001 e il 2003 ne ha ricoperto la presidenza. Dal 1996 al 2002 è stato responsabile dell’Archivio Storico Fiat. Fa parte del comitato di direzione del Dizionario biografico degli imprenditori italiani, edito dall’Istituto della Enciclopedia Italiana. Nel 2013 è stato membro del Consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, dal quale si è dimesso «per motivi personali» dopo appena venticinque giorni. Tra i suoi libri: Nord. Dal triangolo industriale alla megalopoli padana. 1950-2000 (Mondadori 2008), Eclisse della socialdemocrazia (il Mulino 2010), Fiat-Chrysler e la deriva dell’Italia industriale (il Mulino 2011), L’ascesa della finanza internazionale (Feltrinelli 2013).
• «Il “Quinto Capitalismo”. Così lo chiamano il sociologo Aldo Bonomi e lo storico Giuseppe Berta, che vagheggiano una “Paradise town” nella quale manifattura, terziario industriale, ricerca, conoscenza, servizi immateriali, loisir e cultura facciano “sistema”» (Alberto Statera) [la Repubblica 5/2/2007].
• «Secondo Berta “l’Italia industriale del 1970 era una clessidra irregolare: una base di piccole e piccolissime imprese, un vertice di aziende pubbliche e private di dimensioni rilevanti e in mezzo le medie imprese. Poi si è espansa la metà bassa del corpo della clessidra ed è venuto meno il vertice”» (Stefano Feltri) [il Fatto Quotidiano 5/11/2009].
• «Per Berta la concertazione anni ’90 è durata “fin troppo” visto che tutto il contesto è cambiato: una nuova moneta, un’urgenza che non è più l’inflazione ma il debito, un contesto nazionale a sovranità limitata “che rimescola gli interessi generali in un’ottica Italia/Europa”. Cambia la scena e devono cambiare i comportamenti. “Il sindacato è come un pugile che sta per finire k.o. (...) Oggi non c’è più sciopero generale che tenga, le sigle sono divise, il quadro sociale è frammentato”» (Lina Palmerini) [S24 14/12/2011]. «La cosa più giusta da fare per Confindustria è estinguersi. La vita vera delle associazioni non sta a Roma ma sul territorio. (...) Le associazioni imprenditoriali locali sono utili quando danno supporto legale, cercano e attraggono fondi europei, creano centri di ricerca in collaborazione con le università sviluppando il trasferimento tecnologico. Tutto il resto sono chiacchiere e retorica» (Antonio Vanuzzo) [Linkiesta 12/4/2013].