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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Benetton

• Una delle più potenti famiglie italiane. «Nella classifica delle dinastie che hanno accumulato più di 100 incarichi nei consigli d’amministrazione italiani primeggia Benetton, con 125» (Orazio Carabini).
• «Come quattro ragazzini di campagna, orfani di padre, siano riusciti a costruire un impero è una storia dickensiana, ma del nordest. (…) L’idea del maglione democratico, di lana colorata e accessibile a tutti, è l’inizio di una storia che li porterà a essere i leader di un nuovo modo di concepire le collezioni di abbigliamento di massa» (Marco Ferrante e Silvia Bernasconi) [First]. Dal 2012 alla guida di questo colosso c’è Alessandro, figlio di Luciano: «In quel momento non mi conveniva accettare, ma dovevo fare la cosa giusta» (a Daria Bignardi).
Ultime. Edizione S.r.l., la finanziaria della famiglia Benetton, presenta un fatturato che ha raggiunto nel 2012 euro 12,4 miliardi, con una popolazione totale del Gruppo di circa 85.500 persone. Edizione è attiva nel settore retail principalmente con le partecipazioni in Benetton Group e Autogrill, mentre attraverso la controllata Sintonia S.p.A., opera nel settore delle infrastrutture e dei servizi per la mobilità, con le partecipazioni in Atlantia-Autostrade per l’Italia e Gemina-Aeroporti di Roma. Edizione è inoltre presente, nei settori immobiliare, agricolo e alberghiero e detiene partecipazioni di portafoglio, tra le altre in Assicurazioni Generali, Pirelli e Mediobanca (Benettongroup.it).
• Nel novembre 2013 la famiglia Benetton «ha spacchettato la storica partecipazione in Pirelli per fare provvista di liquidità sul mercato con un bond da 200 milioni di euro convertibile in azioni della Bicocca», della quale restano soci all’1,6% (rispetto al 4,7% iniziale) [Cds]. Sempre nel novembre 2013 il cda ha approvato «il riassetto triennale, che divide il gruppo in tre realtà distinte, controllate da Edizione. La prima società sarà focalizzata sui brand, la seconda controllerà l’attività manifatturiera, e la terza gestirà gli immobili» [Cds].
• Nell’ottobre del 2013 i Benetton, azionisti di maggioranza di Autogrill (da 126 a 97 milioni di utili nel 2012) hanno scorporato la componente World Duty Free, avviando, attraverso Schematrentaquattro, la cessione del 9,18% di Autogrill e del 9,15% di World Duty Free per un totale di circa 340 milioni. L’azienda nata «per assistere il viaggiatore lungo le autostrade» (Bertone) fu comprata da Edizione Holding nel 1995 dall’Iri. Più di cinquanta marchi in gestione, bandierine piantate in quattro continenti. Dopo aver piazzato i suoi punti ristoro anche negli aeroporti, Autogrill è diventata leader mondiale.
• Sono anche azionisti principali di Autostrade (calo da 898 a 808 milioni nel 2012): Antonio Di Pietro, nella sua qualità di ministro delle Infrastrutture (governo Prodi II), impedì che la società Autostrade, di proprietà della Famiglia e titolare della concessione pubblica per la gestione della rete Anas, si fondesse con l’omologa spagnola Abertis. Secondo Di Pietro, i Benetton s’erano limitati ad aumentare le tariffe, incassare i dividendi e non fare gli investimenti previsti dal contratto di concessione. La Famiglia è ricorsa all’Unione Europea, che tendenzialmente ha dato torto al governo italiano e più volte minacciato una procedura d’infrazione, giudicando l’azione del ministro lesiva della concorrenza.
• «(...) malgrado l’impasse su Autostrade-Abertis archiviano il 2006 con oltre 300 milioni di profitti» (Livini).
• Il contrasto col governo Prodi sulla fusione Autostrade-Abertis, verificatosi nella seconda parte del 2006, ha poi determinato l’atteggiamento assai prudente della Famiglia nelle vicende successive. In particolare nel caso Telecom. I Benetton detenevano la quota di minoranza di Olimpia e hanno operato in modo da creare il minor numero di fastidi: disponibili nel momento in cui pareva che il governo volesse formare una cordata contro gli spagnoli (con Intesa, Generali e Mediobanca), hanno poi venduto senza far storie insieme con Tronchetti e investito 400 degli 800 milioni incassati per entrare nella cordata acquirente (Sulla vicenda Telecom vedi comunque Marco Tronchetti Provera).
• Sempre nel 2013 i quattro fratelli lasciano il posto nel Cda di Benetton Group ai figli: nell’ultimo statuto (2009) per regolare la successione è riemersa infatti la figura del fondatore: «ogni ramo familiare dovrà eleggere al proprio interno un unico rappresentante che assumerà proprio il nome di “fondatore” (potrà essere solo un consanguineo) e avrà funzioni e poteri speciali» (Maria Silvia Sacchi) [Corriere economia 6/7/2009].
• «C’è chi effettua scelte coraggiose proprio in tempi di crisi: il gruppo Benetton investe nella ricerca di oro e rame in Argentina, nella provincia di San Juan […] La società operativa è Minera Sud Argentina, di cui Benetton possiede una quota di maggioranza attraverso Compañias de Tierras. […]Proprio in Patagonia i Benetton, nel 1991, hanno acquistato aree per 350mila ettari. Più tardi hanno aumentato gli investimenti: nel 1995 e nel 1996 hanno comperato 258mila ettari a Rio Gallegos e poi altri 335mila a San Julian. Oggi il Gruppo possiede qualcosa come 900mila ettari. E in Argentina è diventato quindi il primo proprietario terriero» [S24 12/12/2008].
• I Benetton sono entrati nel capitale Rcs (la casa editrice del Corriere della Sera), comprando da Banca Popolare Italiana un 5,1% dal pacchetto Ricucci. Sono però fuori patto. Oggi l aloro quota è del 4,794% (maggio 2013).
• Sono anche entrati nel capitale di Mediobanca rilevando (con Ragione) un 2,17% della quota ceduta da Unicredit-Capitalia dopo la fusione (vedi Alessandro Profumo e Cesare Geronzi). Dal 2009 nel consiglio di amministrazione del Club Méditerranée. Soci di Cai, Compagnia aerea italiana (11,8%).
• Da ottobre 2007 sono in Adr, la società che gestisce i servizi aeroportuali a Fiumicino (194 milioni nel 2012).
• «Condanna da 3 milioni di euro per aver dedotto nel 2003 dei costi sostenuti a favore di due società con sede nell’isola di Man, cioè un paradiso fiscale..» (Francesco De Dominicis) [Lib 1/10/2009].
• In occasione delle elezioni politiche dell’aprile 2006 diedero 150 mila euro a ciascuno dei quattro partiti della Cdl (Forza Italia, An, Lega e Udc) e dei tre dell’Ulivo (Ds, Margherita, Comitato Prodi), 50 mila euro all’Udeur e 20 mila euro all’Italia dei Valori, che poi Di Pietro, all’esplodere del caso Autostrade-Abertis, restituì.
Storia Nel 1937 il padre aveva un negozio di autonoleggio molto ben avviato, che lasciò per seguire Mussolini in Africa. L’idea era di tentare un’impresa commerciale di nuovo tipo. Ma prese la malaria e, nel 1945, morì. La Famiglia stava comunque già molto bene finanziariamente. Luciano: «Nostro padre ci aveva lasciato anche dei beni immobili. Io avevo dieci anni e ho continuato ad avere la cameriera per almeno tre o quattro anni. Poi, certo, tutto è stato più difficile. La scuola lasciata, il precoce lavoro di commesso...».
• Luciano faceva il commesso, Giuliana lavorava la maglia per un negozietto «e un giorno mi regala questo maglione giallo. Beh, tutti lo volevano disperatamente, stanchi dei colori necrofili dell’epoca. Ma nessuno, a parte me, ce l’aveva. Allora ho detto: dai proviamo, tu fai e io vendo. Abbiamo comprato una vecchia macchina che faceva le righe alle calze a rete, la vendevano al peso del ferro, e l’abbiamo trasformata. Da lì non ci ha più fermato nessuno. Il mio primo negozio l’ho aperto in un vicolo cieco di Belluno con un idealista rivoluzionario di nome Marchiorello. Era un bugigattolo spartano targato ancora My Market, il nostro primo marchio. Vendevamo solo maglioni dai colori sparati. Erano le tinte di Kandinsky e di Klee. Successo pieno. L’anno dopo aprivamo a Cortina, che per noi era come il Lido. I colori erano il nostro tatuaggio. Lì abbiamo avuto una delle intuizioni guida. Vendevamo alle signore impellicciate e ai ragazzi allo stesso prezzo: 3.900 lire. Dunque il mercato dei giovani e quello degli adulti si era finalmente sovrapposto» (Luciano).
• L’idea vincente è la lavorazione affidata a terzi: «La differenza della loro fabbrica di maglie da altre simili, frequenti nel territorio, era data dalla capacità di distribuire il lavoro a domicilio a migliaia di famiglie e di controllarlo e organizzarlo con tutti gli strumenti della modernità di allora» (Guglielmo Ragozzino). Luciano: «Fino al 1978 abbiamo fatto poca pubblicità. Il nostro problema era un altro: non riuscivamo a soddisfare il mercato. La nostra crescita era così forte che ci mancava la capacità produttiva. Oliviero Toscani è arrivato nel 1982 e il suo apporto è stato importantissimo. In realtà la pubblicità ci ha reso unici aiutandoci ad esprimere emozioni, a comunicare il nostro mondo. La pubblicità ha contribuito a costruire la nostra identità nella mente della gente».
• «La campagna pubblicitaria è aggressiva e provocatoria, firmata per 18 anni di seguito (fino al divorzio consumato nel 2000) da Oliviero Toscani (…) La Benetton mette in tutto il mondo su enormi manifesti ragazzi di razze diverse che si tengono per mano con la scritta United Colors, i quattro fratelli fondatori sempre sorridenti, ma anche i preservativi colorati, il bacio tra un prete e una suora, l’urlo dei bambino appena nato, il malato di Aids, i condannati a morte, la donna che urla sul cadavere di un morto di mafia. In occasione della prima visita di Gorbaciov a Parigi tappezzarono gli Champs Elysées di manifesti con due bambini neri che si baciano, uno con la bandiera a stelle e strisce e l’altro con quella rossa dell’Urss (utilizzati anche a Ginevra nel 1985 durante l’incontro tra Gorbaciov e Reagan). Gorbaciav chiese a suoi collaboratori: “Chi è questo Benetton?”. Nel 1990 “tutti i colori del mondo” sbarcano anche a Mosca» (Ferrante, Bernasconi).
• «Ma anche la Formula Uno ha dato valore aggiunto a un prodotto che andava per conto proprio. Abbiamo vinto tre campionati del mondo (avevano messo alla guida di questa attività Flavio Briatore - ndr) e abbiamo avuto un’esposizione mediatica molto alta per tanti anni. Per noi la comunicazione è sempre stata un prodotto dell’azienda, un modo per trasmettere la cultura di tutta l’impresa. E questo spiega perché abbiamo fondato Fabrica, il nostro laboratorio di ricerca sui nuovi linguaggi della comunicazione, che consideriamo un avamposto di ricerca». La Benetton formula è stata poi ceduta alla Renault a fine 2001.
• «Nel 1986 l’attuale Benetton Group, società a cui fa capo il settore abbigliamento, viene quotata in Borsa. A partire dagli anni Ottanta la Famiglia comincia una radicale diversificazione dei propri affari. Conosce alterne fortune nella finanza e negli articoli sportivi (Nordica, Prince, Asolo, Kästle, Rollerblade) ma assume un ruolo da protagonista nella ricca partita delle privatizzazioni. Lo strumento di questa campagna d’espansione è la Edizione Holding, capogruppo non quotata che, a sua volta, possiede il 70 per cento di Benetton Group. Nel 1995, con Leonardo Del Vecchio e la Mövenpick Holding, comprano, in parte dall’Iri e in parte attraverso un’Opa in Borsa, il 60 per cento della Sme per 1.456 miliardi di lire. Le attività dell’ex società pubblica vengono separate e ai Benetton resta la catena Autogrill, ma controllata da Edizione. Nel marzo 2000 acquistano, assieme ad altri soci di minoranza, il 30 per cento di Autostrade, con un investimento di 2 mila 900 miliardi di lire. L’azienda si rivela una gallina dalle uova d’oro e nel novembre 2002 i Benetton stringono la presa, annunciando un’Opa sulle quote che ancora non controllano. Il valore dell’offerta, tutta finanziata a debito, è di 8 miliardi di euro. Gli interessi del gruppo spaziano dagli immobili (Beni Stabili) all’editoria (il Gazzettino, poi ceduto a Caltagirone - ndr), dalle stazioni ferroviarie alle compagnie aeree (Alpi Eagles). Ma l’operazione più clamorosa è del luglio 2001, quando, in cordata con Pirelli, Banca Intesa e Unicredito, Edizione acquista il pacchetto di riferimento di Olivetti, società che a cascata controlla Telecom Italia, Tim e Seat Pagine Gialle. L’investimento è di 6 mila 557 milioni di euro. I titoli Olivetti vengono acquistati a prezzi molto più elevati delle quotazioni di Borsa e gli oneri finanziari sui debiti assorbono tutti i ricchi utili del gruppo Telecom» (Luca Piana). Nel 2012 Benetton lascia Piazza Affari dopo 26 anni, La holding di famiglia lancia l’Opa con delisting e torna sotto il controllo privato.
• 6.500 negozi in 120 paesi (o per lo meno 5.000 negozi con la loro insegna) e la produzione annuale di 160 milioni di capi. «Benetton è il più noto nome dell’industria italiana nel mondo. (…) Ci sono infine il settore immobiliare con Maccarese in Italia e un pezzo rilevante di Argentina in Argentina. E ultimo, ma non minore, il settore degli sport: pallacanestro, pallavolo, rugby» (Ragozzino).
• «Noi abbiamo lavorato molto e abbiamo guadagnato, a un certo punto abbiamo cominciato a reinvestire una parte dei nostri utili in altri settori, ma senza penalizzare il core-business, l’abbigliamento. Tanto che Benetton group, l’azienda manifatturiera, è molto capitalizzata e ha pochissimi debiti. Naturalmente è cambiato il peso dell’abbigliamento sul nostro conto economico. Considerando l’aggregato delle nostre attività, escluse le partecipazioni finanziarie, l’abbigliamento pesa due miliardi di euro su otto, dunque circa il 25 per cento. Il peso dipende anche dai diversi modelli di business: se valutassimo il fatturato dell’abbigliamento a livello retail il suo peso crescerebbe di almeno due volte» (Luciano Benetton).
• Marchi posseduti: United Colors of Benetton (casual), Sisley (più orientato al glamour), Playlife (American College), Killer Loop (streetwear). Il gruppo è quotato a Milano e Francoforte. «In testa alla catena di comando del loro gruppo, che è abbastanza semplice, c’è una società di nome Ragione. È divisa in quattro parti uguali, che fanno capo ad altrettante società, ciascuna dei quattro fratelli Benetton, Luciano, Giuliana, Gilberto e Carlo. Questo significa che per prendere una decisione devono essere d’accordo tre su quattro (Luciano: “ma siamo sempre stati d’accordo”). Nessun componente della Famiglia ha o avrà incarichi operativi nel gruppo, solo posti nei consigli di amministrazione con funzione di controllo sul management». (Marco Ferrante).
• Nel 2013 l’annuale classifica dei più ricchi del mondo redatta dalla rivista Forbes mise i Benetton (Carlo, Gilberto, Giuliana e Luciano) con 2 miliardi di dollari ciascuno a pari merito con Dolce e Gabbana. Il primo tra gli italiani è sempre Michele Ferrero.
• La sede centrale di Benetton è in Villa Minelli a Ponzano Veneto (Treviso).
Alessandro Treviso 2 marzo 1964. Detto AB. Figlio di Luciano.
Dall’aprile 2012 Presidente del gruppo in Benetton Group, consigliere in Edizione Holding, Autogrill. Presidente e amministratore delegato di 21 Investimenti Spa, merchant bank da lui fondata nel 1993 e partecipata da Edizione Holding, la finanziaria di Famiglia, Banca Intesa Bci, Fininvest, Gruppo Seragnoli, Deutsche Bank, Assicurazioni Generali (800 milioni di euro da gestire). Studi alla Boston University e Harvard, tirocinio alla Goldman Sachs.
• «L’Inghilterra è importante nella sua formazione. Aveva 13 anni quando fu spedito lassù, da solo, in aereo. Prima tappa, Londra. Seconda tappa: Victoria Station. Terza tappa: un villaggio sperduto da qualche parte più o meno identificabile col suffisso “shire”. Se deve imparare l’inglese, fu il ragionamento di papà Luciano, lo faccia lontano dai college frequentati da italiani fighetti. “Quel viaggio me lo ricorderò sempre, ero un bambino ed ero terrorizzato all’idea di ritrovarmi all’estero, tra sconosciuti, solo all’aeroporto, solo in una stazione ferroviaria. Mio padre voleva che me la cavassi e me la sono cavata. A ripensarci, aveva ragione lui”. D’estate, a 12 anni, col fratello lavava le caldaie del primo stabilimento Benetton. In cambio, lo pagavano. “Ma non perché spendessi e spandessi. Sempre in quell’estate, mio padre portò me e mio fratello a comprarci le scarpe. Ne scegliemmo due o tre paia a testa, lui ci lasciava fare. Al momento di pagare non tirò fuori il portafoglio: ‘i soldi li avete, pagate voi’”. Luciano Benetton ha programmato con cura l’istruzione di Alessandro. Prima un liceo scientifico pubblico della propria città, utile per far crescere non solo le basi culturali ma anche le radici affettive. Poi l’università negli States e l’inevitabile master a Harvard, con un grande professore, l’economista Michael Porter. Dietro il sorriso morbido, è un tosto che cura i suoi interessi anche con una certa spietatezza» (Maria Latella).
• «Non ho maestro ma fonti di ispirazione. Perché quello che si può fare, stando accanto a grandi uomini, è intuire uno sguardo, una prospettiva. Penso ad Armand Hammer, il petroliere e collezionista d’arte, uno dei pochi che ha avuto a che fare con Lenin, Stalin e Gorbaciov. L’ho conosciuto perché accompagnava mio padre durante il suo primo viaggio al Cremlino. Era una potenza. Sa che cosa mi colpì di lui? Che si divertiva. Era minuscolo, molto anziano, aveva vissuto tutto, ma manteneva un enorme entusiasmo. Da lui ho capito che, se vuoi stare al gioco, devi imparare a divertirti e a prendere qualche calcio: se smetti di dialogare col mondo, invecchi».
• Dalla Compagnoni ha avuto tre figli: Agnese (17 agosto 2000), Tobias (15 gennaio 2003), Luce (16 dicembre 2006). Si sono sposati nel 2008 «perché ce lo hanno chiesti i ragazzi. L’avremmo dovuto fare nel ’99, quando stava per arrivare Agnese, ma avevamo sempre i fotografi addosso e non volevamo pubblicità. Così in un viaggio in America ci siamo fermati fuori New York, in una chiesetta di Tuxedo, e abbiamo celebrato la cerimonia. Noi e i due figli più grandi. Deborah mi ha molto aspettato sulla spiaggia quando facevo kitesurf, ma sugli sci e in bici nessuno aspetta nessuno» (a Emanuela Audisio) [Ven 19/4/2013]. «Il ménage di Alessandro Benetton e Deborah Compagnoni, molto ordinario: lui a volte torna a casa a pranzo (adora i minestroni), lei va a far la spesa al mercato e poi si mette ai fornelli. Fanno molto sport, la sera giocano a pinnacolo» (Monica Setta) [Cuore di manager, Sperling & Kupfer, 2002].
• «Vivono in una villa chiamata “The Invisible House”, progettata dall’architetto giapponese Tadao Ando (…) L’ufficio dista pochi minuti da casa, quando può torna a pranzo, la sera – confessa a Times – beve una tisana alle erbe e si addormenta alle dieci».
• Prima è stato fidanzato con Carolyn Besset (non ancora Kennedy). Una storia con la showgirl Samatha De Grenet di un anno e mezzo: «Finì, credo, perché eravamo troppo giovani» dice lei.
• Non butta via niente. «Frequento mercati e mercatini, annuso con curiosità le vite altrui». Ama gli sport pericolosi, la moto e l’elicottero. Ha tre tatuaggi con il nome dei suoi figli.
• Si è raccontato nel libro A Playfife Story (Electa, 2013): «Le prime scappatelle sentimentali di notte a Londra nell’82 con jet privato, l’esperienza da modello con William Baldwin a New York, con annessi attrici e jet-set allo Studio 54, il campus a Boston, il master ad Harvard, i viaggi in Vespa, l’avventura in F1, la stima per Ayrton Senna, il mondiale vinto con Schumacher (”94). “Chiamai Flavio Briatore e gli segnalai il nome di Schumacher, mi rispose che per averlo bisogna fare un putiferio. E io: facciamolo”».
• Per i suoi cinquant’anni AB ha chiesto «la meringata che gli ricorda il dolce preferito da bambino».
Carlo Morgano (Treviso) 26 dicembre 1943. È vicepresidente di Edizione Holding (la finanziaria di Famiglia) e dal 2013 non siede più nel Consiglio di amministrazione del Gruppo Benetton: ha lasciato il suo posto al terzogenito Christian. Presidente di Proposta (che detiene il 20% di Edizione) Con Franca Pin ha avuto quattro figli: Massimo (1967), architetto, ha una propria società di edilizia oltre che essere ad di Proposta. Sposato con Samantha Zoppas, ha due figli; Andrea (1969), presidente di Cirio Agricola, Sviluppo 2005 (titolare di un grosso progetto immobiliare alle porte di Roma), ad di Proposta, oltre che presente nel board di Maccarese, già vicepresidente esecutivo di Verde Sport spa (fino al 2012). Sposato con Giada Brizziarelli, quattro figli; Christian (1971) siede nel cda di Edizione e in quello della Benetton Group al posto del padre dal 2013, è ad di Propostata assieme ai suoi fratelli maggiori ed è presidente di Olimpias (Benetton Group). Sposato con Carola Traina; e Stefano (1975-1995) morto in un incidente stradale negli Usa). Con la seconda moglie Mary Josephine Spirito ha avuto Leone (1984), consigliere di Proposta .
Gilberto Treviso 19 giugno 1941. Presidente di Edizione Holding, direttore di Sintonia e Autogrill, consigliere di Autostrade, Mediobanca e Lloyd Adriatico. «Abito da sempre a Treviso in un appartamento in centro. Molto lavoro, pochi amici, sempre gli stessi. Tutte le sere dormo a casa. E quando è a Istambul? Ho il vantaggio di viaggiare con l’aereo privato. Anche partendo dopo cena, a mezzanotte al massimo sono nel letto di casa».
• «È l’anima finanziaria del gruppo» (La Stampa). «È l’uomo dei nuovi business. È lui che tiene le chiavi della cassaforte di famiglia e tesse i rapporti con i salotti della finanza e con il potere nei palazzi romani» (Ferrante, Bernasconi).
• È stato lui a insistere per l’investimento in Telecom attraverso Olimpia, fatto che, dati gli sviluppi successivi (Telecom fu acquistata da Colaninno-Gnutti a 4 euro per azione e rivenduta poi agli spagnoli di Telefonica e alla cordata italiana di cui fanno parte anche i Benetton a 2,8 euro), ha provocato tensioni con i fratelli: nel 2005 Gilberto avrebbe addirittura pensato di vendere Autogrill per ricapitalizzare Olimpia. Ha poi seguito lui stesso, per conto della Famiglia, tutta la fase della vendita (vedi Marco Tronchetti Provera).
• «Eravamo poveri. Mio padre lavorò anni come camionista in Libia. Morì di nefrite quando io avevo quattro anni. Non vorrei scadere nel patetico, ma sono quello che ha studiato di più in famiglia. E ho smesso a 14 anni».
• «Sono un uomo normale che fa una vita normale».
• «Quello che mi spiace è che mi danno del finanziere perché mi occupo delle attività diversificate. Ma io non sono un esperto di finanza, anche se fin da ragazzo i miei fratelli mi hanno incaricato di gestire i risparmi di famiglia. Mi reputo un imprenditore dei servizi, settore grazie al quale, ricordiamolo, l’Italia è riuscita ad aumentare l’occupazione».
• La passione per il basket proviene dal campo: «Dai 14 ai 21 anni giocavo nella Duomo Folgore, la progenitrice della nostra società attuale. Non sono arrivato alla prima squadra nonostante i consigli di un grande come Gianni Giomo e ho smesso dopo il servizio militare: un legamento rotto cadendo da un rimbalzo». Qualche guaio nel 2007 anche da questo settore: è stato accusato di aver premuto su Petrucci (a cui lo lega un’amicizia ultradecennale) per evitare una penalizzazione eccessiva alla Benetton, imputata di aver tesserato un giocatore in più di quelli consentiti (lo sloveno Erazem Lorbek). Nel 2012 la Benetton abbandona il Basket professionistico.
• Appassionato anche di golf (si costruì ad Asolo un campo con 27 buche).
• Sposato con Maria Laura Pasquotti, due figlie: Barbara (1969) e Sabrina (1971), membro del cda di Edizione Holding, consigliere di Benetton Group al posto del padre dal 2013, già marketing in Autogrill e responsabile delle campagne pubblicitarie di Kinder Loop e Nordica, poi uscita dal gruppo in seguito alla decisione di affidare l’azienda a manager e non a membri della Famiglia, moglie del commercialista Ermanno Boffa, madre di Carlotta, nata nel 2006).
Giuliana Treviso 8 luglio 1937. Consigliere di Edizione Holding, ha lasciato il suo posto da consigliere alla Benetton Group alla seconda dei suoi quattro fili: Franca Bertagnin Benetton. Presidente di Evoluzione, ha come amministratori delegati i suoi quattro figli.
• Lei è all’origine della fortuna dei Benetton, avendo creato i prodotti di successo da cui è nato l’impero della Famiglia. Linea battezzata Très Jolie (1956) a cui fu assegnato il marchio col cognome di famiglia «solo quando ci siamo sentiti sicuri» (1965). Sulla storia del maglione giallo regalato al fratello Luciano, vedi sopra. Il suo ritratto dipinto da Andy Warhol fu utilizzato per la promozione di una linea di calzature.
• La madre, Rosa Carniato, avversava la sua passione per la maglia e voleva avviarla a un’altra professione. Gilberto: «A diciassette anni Giuliana sapeva confezionare da sola un maglione dal primo all’ultimo passaggio».
• Secondo Hurun Report (Cina, 2013) la settima donna più ricca al mondo. Nel 2007 Forbes la mise al 91° posto tra le cento «world’s most powerful women» (seconda tra le italiane alla sola Marina Berlusconi): «La cosa non è strana, dal momento che possiede un quarto del patrimonio familiare che Forbes valuta in 5 miliardi di euro. Ma singolare è che solo a settant’anni ella debutti nel club esclusivo delle Top 100, dal momento che fu proprio la sua passione per il lavoro a maglia la scintilla che fornì al fratello Luciano – allora commesso in un negozio di abbigliamento – lo spunto da cui sarebbe nato il più grande gruppo laniero del mondo. Di cui, sempre lei, fu la prima “lavorante”. Lavorante esperta perché, dall’età di dieci anni e dopo la morte del padre, si era fatta le ossa in una piccola maglieria. Da allora, sia sul primo telaio impiantato in casa che sui mille telai del gruppo, Giuliana ha regnato come responsabile del prodotto e delle macchine, fino ad essere chiamata come consulente da un produttore giapponese di macchinari high tech. La signora del punto a maglia non si è mai pentita dalla sua vocazione, né rimpiange di avere dovuto – ma anche voluto – andare bambina a bottega. Tuttavia i suoi quattro figli, Paola (1958), Daniela (1969), Franca (1968) e Carlo (1971), nella tradizione degli eredi Benetton hanno tutti in tasca lauree e Master. Donna riservata che ha privilegiato il fare all’apparire, Giuliana non ha mai cercato il proscenio, che nella tradizione del clan di Treviso spetta al primogenito Luciano. Ma ha contribuito, con il suo gusto impeccabile, allo stile del gruppo: prodotti popolari ma mai volgari, raffinati nella semplicità. Ora, dopo la decisione presa nel 2003 con i fratelli di lasciare le responsabilità operative dell’impero ai manager, Giuliana ha più tempo per dedicarsi allo sport preferito, il golf (curiosa assonanza con il suo “mestiere”), alle case di Treviso, Venezia, Asolo e per tornare ad aghi e gomitoli» (Valeria Sacchi).
Luciano Treviso 13 maggio 1935. È l’uomo che ha avuto l’idea e a cui la Famiglia ha naturalmente assegnato la leadership, quello che dà la faccia al gruppo: capelli lunghi e ondulati, bel viso largo e sorridente.
• «Occhialini rotondi, chioma ricciuta, perenni stivali americani, è il capo indiscusso. Non ha la macchina, non usa il cellulare, non parla a voce alta e nemmeno bassa» (Ferrante, Bernasconi).
• Ex Presidente del Gruppo Benetton (ha lasciato il posto al figlio Alessandro), consigliere di Edizione Holding.
• «È il capofila di quella imprenditoria manifatturiera sbarcata nel settore delle tariffe. E che successivamente entra in rotta di collisione con la politica» (Marco Ferrante)».
• «Io non sapevo nulla, non conoscevo i mercati, non avevo esperienza. Però capivo che qualunque problema si può risolvere trovando le persone giuste con le idee chiare, così diventa tutto facile e divertente. Prima ci sembrava un grande obiettivo svilupparci in Italia. Poi è stata la volta dell’Europa. Un bel traguardo anche quello ma è bastato raggiungerlo per renderci conto che l’Europa è un piccolo paese e che bisognava puntare sui mercati emergenti».
• «Trovo un po’ ingenuo il rifiuto acritico della globalizzazione, che non solo è un fenomeno inarrestabile, ma è anche un’opportunità per i Paesi poveri. Se invece, come spero, dietro a un generico no ai prodotti e ai mercati globali, c’è la denuncia della sperequazione tra Paesi ricchi e poveri, allora ben vengano i no global».
• Passione per il canottaggio: nel 60 tentò di partecipare alle Olimpiadi di Roma, senza riuscirci. Nel 2007 annunciò l’intenzione di girare il mondo a bordo di Tribù, un megayacht di cinquanta metri e mezzo «che non inquina, dotato di un sistema di raccolta di tutte le acque, oleose, grigie, nere, che vengono trattate in vasche stagne e lì trattenute anche per parecchi giorni» (Erika Dellacasa): «Lavorerò a bordo, ho tutte le attrezzature necessarie. Oggi è possibile lavorare da casa collegati con il resto del mondo e lo stesso si può fare navigando. Vivendo molto meglio, guardando il mare e il cielo».
• Dicono che è l’Adriano Olivetti moderno: «Il paragone non funziona. Lui doveva essere una persona eccezionale, ma si avverte che era più un mecenate che un imprenditore. Io sono e resto soprattutto un imprenditore».
• Nel 1990 pubblicò con la giornalista americana Andrea Lee l’autobiografia Io e i miei fratelli (Sperling & Kupfer).
• Nel 1992 fu eletto senatore per il Partito repubblicano: «Non mi piacque, non era un ambiente adatto a me. Avevo accettato la candidatura per un’antica devozione a Ugo La Malfa. Mi ritrovai all’interno di meccanismi lontani dalla mia mentalità e mi sono guardato bene dal ripresentarmi».
• Nel 1993 propose a Fidel Castro – conosciuto all’Avana dove aveva aperto un negozio nel 1992 – di dirigere Fabrica, la scuola per nuovi talenti fondata dai Benetton, e di insegnare con regolare cattedra. Nello stesso anno comparve nudo su tutti i giornali. Lo slogan diceva: «Ridatemi i miei vestiti».
• Dalla moglie Maria Teresa Maestri ha avuto quattro figli: Mauro (Treviso 15 giugno 1962), Alessandro (vedi sopra), Rossella (Treviso 23 giugno 1965), Rocco (Treviso 29 settembre 1969). Non ha mai divorziato: «Non è un atto di attaccamento, né di anticonformismo. Credo che sia una ragione più profonda. È come se confermassi, ogni giorno, l’amore per i figli che abbiamo fatto insieme». Dopo una lunga storia con Marina Salamon, è stata la volta di Laura Pollini (amministratore delegato di Fabrica): «Ci siamo conosciuti in azienda, dove lei si occupava delle relazioni esterne, e ci siamo apprezzati reciprocamente. È una buona base per un rapporto. Da quando siamo insieme il mio umore è cambiato».
• «Mia madre è “morta” in un modo che vorrei definire straordinario. Non saprei come spiegare altrimenti quello che è successo. Avrebbe compiuto 88 anni il 29 aprile del 2000, stava in ottima salute, comincia a insistere per festeggiare il compleanno con un giorno di anticipo. Ci sembra una stranezza, ma l’accontentiamo con una festa molto allegra. Il giorno dopo, all’una del pomeriggio, non risponde più al telefono. La troviamo già senza conoscenza. E muore di lì a poco».