Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Angela Rosa Bazzi

Erba (Como) 12 settembre 1963. Colf. Condannata, col marito Olindo Romano, il 3 maggio 2011 in via definitiva all’ergastolo, con isolamento diurno per tre anni, per aver ucciso l’11 dicembre 2006 a Erba la vicina di casa Raffaella Castagna (30 anni), il di lei figlio Youssef Marzouk (due anni e mezzo), la di lei mamma Paola Galli (60), l’altra vicina Valeria Cherubini (50) e di aver ferito il di lei marito Mario Frigerio (65). Del delitto fu in un primo tempo accusato il tunisino Azouz Marzouk, marito della Castagna. Confessione a un mese dal delitto (10 gennaio 2007), alla vigilia del rinvio a giudizio (10 ottobre 2007) ritrattò tutto con una lettera scritta in carcere: «Non corrisponde a verità quanto ho detto nelle precedenti dichiarazioni». Il processo in Corte d’Assise iniziò il 29 gennaio 2008 (si disse che i 60 biglietti disponibili avessero fruttato ai bagarini fino a 200 euro). Nel 2013, a due anni dalla condanna definitiva, Azouz Marzouk ha sostenuto che l’omicidio della moglie e della figlioletto potrebbe essere opera in realtà di una banda di professionisti provenienti della Tunisia. Già nel 2012 Marzouk ha fatto ricorso alla Corte europea di Strasburgo contro la sentenza: «Olindo e Rosa non sono i colpevoli, sono solo dei poveretti che stanno pagando le loro ingenuità». [Il Giorno 20/1/2012]
• Il fatto Raffaella Castagna, una laurea in Psicologia, disoccupata, volontaria in una comunità di assistenza a persone disabili, la sera dell’11 dicembre 2006, in casa col figlioletto e sua madre, Paola Galli, andò ad aprire la porta di casa forse per buttare la spazzatura, forse perché suonarono il campanello. Si trovò davanti i vicini di casa, Olindo Romano e Rosa Bazzi, lui in mano un martinetto (una specie di cric per roulotte) col quale colpì subito alla testa Raffaella e poi sua madre, Paola Galli, lei in mano un coltello col quale sgozzò il piccolo Youssef, che piangeva disperato sul divano, prendendolo per i capelli e tagliandogli la gola. I due presero poi i tre corpi e li ammucchiarono, raccolsero giornali, carta, materassi, e, messo tutto insieme, appiccarono il fuoco. Alle 19.55 di lunedì 11 dicembre 2006, in via Diaz 25,a Erba. La vicina Valeria Cherubini, sposata con Mario Frigerio, voleva portar fuori il cane ma, il marito, avendo sentito quattro urla strazianti provenire dall’appartamento della Castagna (al piano di sotto), l’aveva fermata sull’uscio: «Stanno litigando, aspetta un po’ a scendere». Tornato il silenzio la Cherubini s’era decisa ad uscire, aveva passeggiato col cane e verso le 20.15 stava risalendo le scale quando vide il fumo uscire dalla casa di Marzouk, ebbe appena il tempo di gridare «Mario scendi, brucia la casa» che Olindo Romano la prese e la trascinò dentro l’appartamento, poi prese anche il marito, che era sceso a vedere, lo sollevò di peso e lo buttò a terra, picchiandolo, quindi si mise a cavalcioni sulla sua schiena, e, tenendogli la testa indietro gli tagliò la gola. Subito dovette rincorrere la Cherubini, che stava scappando su per le scale, e la accoltellò a morte. Mario Frigerio si salvò per via di una malformazione congenita della carotide che ne impedì il dissanguamento.
• La vita
Cresciuta a San Maurizio, ora quartiere inurbato a Erba. «Per tutti: la tosa del Lorenzo e della Lisa. Terza di tre sorelle. La più piccola, la più noiosa. Il padre sgobba nel cementificio di Merone. La madre fa la casalinga. Lei studia poco, ma parla tantissimo: alle amiche, alle bambole, ai maschietti, ai pupazzi che disegna, ai personaggi che inventa. Racconta storie a raffica. Dice bugie a raffica. È mancina. Soffre di asma. Gli altri bambini la prendono in giro. Lei non è forte, ma ha nervi e coraggio, reagisce, li mette al loro posto» (Pino Corrias, che sulla vicenda ha scritto il libro Vicini da morire, Mondadori, 2007).
• Dopo la quinta elementare, non volle più andare a scuola. Diventata grande, prese a far le pulizie a ore. Poi il matrimonio. Mamma Lisa: «Ha sposato un poco di buono, perché anche lei era così, una persona piena di veleno».
• «Lei è minuta. Ancor più piccina quando è accanto a lui, gli occhioni dolci, il sorriso buono, i passettini veloci che la portano a chiudersi nel suo mondo preferito, che è la lavanderia, oppure l’appartamento dove tutto è in ordine, tutto candido, tutto al posto giusto, e per non sporcare chi entra si deve infilare i calzettoni di lana o le ciabatte comprate apposta al mercato del giovedì» (Giovanni Cerruti).
• Gabriele Romagnoli: «I Romano e i Castagna reinterpretano un copione tragicamente ordinario. Due mondi sono costretti a vivere uno di fianco all’altro. Non si piacciono e non si rispettano. I Romano hanno origini più umili e fanno lavori più umili. Ai Castagna invidiano il successo economico. Che almeno se lo godessero lontano da loro, in una villetta singola e inaccessibile. Eccoli lì, invece, al piano di sopra. E la figlia Raffaella ha una colpa ulteriore: aver buttato via il proprio status di principessina del mobile, sprecato una dote che Angela Bazzi si sarebbe giocata ben diversamente, sposando un extracomunitario “poco di buono”. Facendoci un figlio, che gioca o piange disturbando la quiete di loro due che figli non ne hanno avuti e vivranno il resto della vita in coppia, loro due e amen, con i lavori di pulizia, i desideri senza più oggetto, la delusione da trasformare in rabbia per poterla dirigere all’esterno». Un gioielliere di Erba amico d’infanzia della Castagna: «La vicina ha cominciato subito a romperle le scatole. Se eravamo a cena da Raffa, lei ci scongiurava di non trascinare le sedie, di parlare piano, persino di non ridere troppo per non dar fastidio. Ma non c’era verso. Prima o poi arrivava la citofonata di quella lì. O si presentava su come una furia. Insulti. Roba pesante. Urlava come una pazza. Un delirio. In qualche modo conosceva i punti deboli di Raffa e se ne approfittava. Noi ci arrabbiavamo. Rispondile a tono, le dicevamo, ma lei non ne aveva il coraggio. Troppo mite, troppo educata. Spesso Raffa veniva qui e si sfogava: non so più che fare. Una volta han gridato al bambino figlio di puttana. Se lasciava il passeggino in cortile, quella glielo rovesciava o lo prendeva a calci. Un rumore, uno solo, e telefonava alla mamma di Raffa in piena notte maledicendo sua figlia. Quando Raffa si è sposata, ed è arrivato Azouz, le cose sono peggiorate. Lui non lo potevano proprio sopportare e odiavano anche il bambino. Non so quante denunce abbia fatto Raffa, quante botte e spintoni abbia preso».
• In un interrogatorio del 6 giugno 2007 la Bazzi disse che Marzouk l’aveva violentata tre settimane prima del delitto: «Ho cercato in tutte le maniere di dargli i calci, lui s’è abbassato i pantaloni ed è entrato nel mio corpo... è venuto sopra di me e ho sentito che è penetrato... Sì, ha avuto un orgasmo dentro il mio corpo. Mi teneva con una forza terribile... Mi ha detto che era una cosa bellissima perché lui mi voleva a tutti i costi. Lui rideva e ha detto: non ho mai fatto l’amore così bene con la Raffaella... S’è seduto, mi ha detto che se provavo a parlare avrebbe ammazzato l’Olindo, perché lui vuole a tutti i costi portarmi in Tunisia. Sono stata zitta». Gli avvocati di Marzouk: «Un tentativo penoso di costruire una via di fuga all’ergastolo». Parziale consolazione quando (1 dicembre 2007) il tunisino fu arrestato con l’accusa di essere uno spacciatore. Secondo il Corriere della Sera, reagì alla notizia lasciandosi sfuggire un ghigno: «Finalmente l’hanno preso, quel bastardo...».
• La madre Lisa, morta nella primavera 2007 senza più vederla, rivelò che da bambina Rosa era stata stuprata: «Andava ancora a scuola. Poteva avere dieci, undici anni. Cerco di non ricordare quel brutto episodio. Chi fu a violentare Angela Rosa non si è mai scoperto».
• Rosa Bazzi in carcere è diversa. Pulisce la sua cella una volta ogni 3-4 giorni, è apatica, non mette mai piede fuori per l’ora d’aria, poca tivù, poche letture: Famiglia Cristiana regalata dal cappellano della prigione è la rivista più sfogliata, per il resto Rosa sembra indifferente quasi a tutto salvo agli incontri del giovedì [con Olindo]. Però, a differenza di lui, parla molto. Attacca bottone ogni volta che può, «è un fiume in piena e spesso dice cose sconclusionate» conferma l’avvocato. Solo quando è insieme a lui segue un filo logico preciso: lo scuote, cerca di farlo reagire, di dargli coraggio perché, dice «l’ho coinvolto io, da solo lui non l’avrebbe mai fatto». Capita ancora adesso che la moglie di Olindo legga o ascolti servizi sulla strage di Erba, «ma perché – si lamenta – non parlano più di noi in televisione?» (Giusi Fasano). [Corriere della Sera 17/3/2007]
• Reclusa nel carcere di Bollate, riesce a vedere il marito tre venerdì al mese. «La loro settimana (a eccezione della quarta del mese) comincia e finisce il venerdì: per le due ore di colloquio, quando lei va e torna dal carcere di Opera, in attesa di un “ricongiungimento” che non servirà a farli incontrare più spesso, ma a risparmiare tempo e uomini per il suo trasferimento. Aspettando il venerdì successivo, Rosa ricama lenzuola per Olindo» (Bruno Vespa) [Cds 27/10/2011]. Per lui, ha cucito a mano anche delle tendine da appendere nella sua cella.
• Olindo, in una delle ultime lettere inviate al comitato «Rosa-Olindo: giustizia giusta», che si batte per la riapertura del processo, la descrive così: «Pesciolina con i capelli ricci, schiariti con delle sfumature sul biondo, leggermente abbronzata, con un trucco leggero». [Chiara Giannini, Libero 20/7/2013]
• ROMANO Olindo
Albaredo per San Marco (Sondrio) 10 febbraio 1962. Per anni autista in una ditta di mezzi pesanti, dal 1996 netturbino, «i colleghi dell’Econord danno di Olindo la stessa immagine: “Faceva gli affari suoi, ma quando c’era da scherzare scherzava. Un bonaccione”. Un paio di volte era stato richiamato sul lavoro, ma per piccole mancanze, niente di grave. A ridosso di quell’11 dicembre, si era preso qualche giorno di ferie “per riposare”. Uno si ricorda che una volta aveva commentato così la strage di Erba: “Proprio non riesco a immaginare chi ha potuto fare una cosa del genere”» (Enrico Bonerandi).
• «A Proserpio, un piccolo paese di 900 persone, il ricordo della coppia risale a tanti anni fa, a quando Rosa e Carmine, così si faceva chiamare Olindo in questo paese dove era cresciuto, ci avevano abitato per due anni, appena sposati, lei aveva 23 anni, lui 25. Un amore, il loro, diventato subito un patto contro gli altri. Prima di lei Carmine-Olindo era un ragazzo a cui piaceva giocare a pallone nella piazza, davanti la chiesa di San Rocco. Primogenito di una famiglia di quattro, si sentiva diverso dai suoi fratelli, perché quando era nato i genitori non erano ancora sposati. Abitavano ancora nel paese della Valtellina, Albaredo per San Marco. Il padre non c’è più, è morto d’infarto sull’uscio di casa, qualche anno fa. Non aveva fatto una vita facile, operaio frontaliere, partiva il lunedì e tornava il sabato. I quattro bambini, Carmine-Olindo, Piero, Lino, Agata li ha tirati su mamma Piera. In paese si ricordano ancora la scena della lite. Carmine-Olindo era già sposato con la Rosa e rivendicava parte della casa dove vivono, in appartamenti diversi, i fratelli. Diceva che l’aveva fatta anche lui. Il litigio si prolungò fino alla piazza. Da allora, per i suoi familiari, sparì» (Giusi Di Lauro). Piera, l’anziana madre di Olindo: «Mio figlio è innocente. È in carcere per colpa di Bazzi Rosa. Era lei che comandava. Tutte le vigliaccherie che poteva fare, le ha fatte. Se mi viene sotto Bazzi Rosa io l’ammazzo. (…) La madre (Lisa) era una vipera, velenosa come l’aspis. Il padre era un grande ubriacone…». [Lineagialla 15/10/2013]
• Nel 2011 è stata venduta all’asta la casa di Olindo Romano e Rosa Bazzi. L’appartamento, 75 metri quadrati al pianterreno di via Diaz 25 è stato comprato da una donna dell’erbese per 69mila euro. Basi d’asta: 122mila (nel 2009) [CdS 21/1/2011]
• Sorvegliato a vista fino 2011 nel carcere di Opera (Milano), ha avuto per vicino Lele Mora: «Adesso peso 119 chili, qualcosa in più rispetto ai 115-118 che pesavo prima di essere arrestato. Ma dovrei scendere. Lele, per esempio, in due mesi ha perso una ventina di chili».
• «Gli rimprovero di essere diventato cicciotto e barbone» (Rosa Bazzi).
• A Bruno Vespa: «Mi sveglio, faccio colazione alle 7.30... Fumo un paio di sigarette, mi rimetto in branda, mi addormento di nuovo fino alle 11. A ora di pranzo vedo i notiziari in televisione, poi lavoro un po’ e, dopo cena, guardo la tv fino a notte. Prima leggevo, adesso da un anno non leggo più niente. [Bruno Vespa, Cds  27/10/2011]
• Romano, per tre ore al giorno, spazza il corridoio d’entrata e le aree adibite al passeggio. [Bruno Vespa, Cds 27/10/2011]
• Nel marzo del 2012 i due fanno appello alla Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo.
• Negli ultimi tempi si è dato al giardinaggio: «Ho ancora trenta piantine di pomodori da trapiantare… il basilico, poi non so cos’altro. L’agente ortolano rimasto senza manodopera è nel panico. Settimana scorsa è venuto qui il vicecomandante. Mi diceva che lui e il direttore, se a me va ben, mi manderebbero, alcuni giorni a settimana, per qualche ora, al centro clinico, su base volontaria a fare un po’ il giardiniere. Va bene pur di uscire dallo sgabuzzino e andare un po’ in giro». [Chiara Giannini, Libero 20/7/2013]