28 maggio 2012
Tags : Francesco Barbaro
Biografia di Francesco Barbaro
• Platì (Reggio Calabria) 3 maggio 1927. ’Ndranghetista, capo storico della cosca omonima di Platì (alleata ai Trimboli, Sergi, Perre, Agresta, Romeo, Papalia e Marando, tutti legati da vincoli di parentela). Detto Ciccio ’u Castanu. Detenuto in Carinola (Caserta) dal 1989, in espiazione di 30 anni di reclusione, è stato scarcerato il 5 febbraio 2013 ed è tornato a Platì con obbligo di soggiorno.
• Fu tra gli imputati assolti nel processo “Condello + 202” dall’accusa di associazione mafiosa per aver fatto parte dell’organo di vertice Cosa Nuova (vedi, per tutti, Antonio Nirta).
• «Se San Luca rappresenta il cuore della ’ndrangheta, Platì è la mente» (Nicola Gratteri, Antonio Nicaso). Territorio del comune di proprietà della sua famiglia: due terzi (il 6 luglio 1989 fu acquistato da 49 suoi congiunti un intero massiccio, il monte Alati, 115 ettari, per 105 milioni di lire). Domenico De Maio, il sindaco di Platì che aveva sgomberato cento ettari di terreno demaniale adibito a pascolo dai Barbaro, fu ucciso il 27 marzo 1985 (i Barbaro accusati dell’omicidio furono scagionati per mancanza di prove). Alla famiglia sono attribuiti 17 sequestri di persona (tra cui Cesare Casella e Alessandra Sgarella), secondo gli inquirenti nascosti temporaneamente nei cunicoli di Platì (vedi Giuseppe Barbaro). I proventi, secondo le indagini, investiti in narcotraffico, perfino in Australia, dove una parte della famiglia si trasferì negli anni Cinquanta. Donald MacKay, candidato al Parlamento nel Nuovo Galles del Sud (Australia), il 15 luglio 1977 fu ucciso a colpi di lupara a Griffith, perché in campagna elettorale andava dicendo che bisognava espiantare le coltivazioni di marijuana che fruttavano ai Barbaro 60 milioni di dollari. Il 12 gennaio 1989, a Canberra, con due colpi di pistola alla nuca, morì invece Colin Winchester, vicecapo della polizia federale (per ambedue i delitti le inchieste portarono a Platì).
• L’alba del 13 novembre 2003, quando mille carabinieri assediarono Platì per eseguire le ordinanze di custodia cautelare emesse a carico di esponenti dei Barbaro-Perre (in tutto 125 le ordinanze, alcune eseguite anche nel Nord Italia, per associazione mafiosa, narcotraffico, favoreggiamento, corruzione). Tre gli ex sindaci indagati (allora il comune era commissariato da mesi, perché l’ultimo sindaco, Francesco Mitiga, era stato condannato per abuso d’ufficio). Tra gli abusi contestati: l’esonero dell’Ici per tutti i componenti della famiglia Barbaro (su 1.500 contribuenti, nel 2001 l’avevano pagata solo in 120, nel 2002, in 127); l’affidamento di tutti gli appalti pubblici alla cosca (liquidati senza esecuzione dei lavori); falsi contratti di affitto di immobili di proprietà degli indagati (senza delibere di Giunta e senza verifiche antinfortunistiche); falsificazione degli atti di gara per la fornitura dei servizi di mensa scolastica, tutti aggiudicati ad un ristorante di proprietà dei Barbaro.
• Operazione “Zaleuco” Il 10 maggio 2008, nel corso dell’inchiesta sulla faida di San Luca (vedi Francesco Vottari, Giovanni Strangio nato nel ’79), fu notificata in carcere a Francesco Barbaro un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. Era stato intercettato in carcere mentre comunicava direttive per il cessate il fuoco al genero Giuseppe Pelle, detto Saccu iancu (figlio del latitante Antonio Pelle, detto ’u Gambazza, invece lui fu arrestato). Precisamente gli aveva detto: «Ormai, là è morta la femmina, qua è morto l’uomo. Parlate con Ciccio Mammoliti, gli dici che hai parlato con tuo suocero e ha detto di vedere di chiudere, altrimenti alla fine arrestano tutti, da una parte e dall’altra». Il 3 marzo 2009 la Cassazione ha annullato l’ordinanza, perché il colloquio non provava alcun contributo all’associazione.
• Assolto in primo e in secondo grado per concorso nell’omicidio del brigadiere Antonino Marino (in Platì, il 9 settembre 1990), il 17 luglio 2013, la Cassazione ha annullato la sentenza, disponendo un nuovo giudizio che tenga conto di quanto la vittima avesse dato fastidio con le sue indagini all’imputato (a cura di Paola Bellone).