28 maggio 2012
Tags : Roberto Baggio
Biografia di Roberto Baggio
• Caldogno (Vicenza) 18 febbraio 1967. Ex calciatore. 452 presenze in serie A (Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter e Brescia) e 56 in Nazionale. In tutto ha segnato 261 reti (205 in campionato e 56 con la maglia azzurra). Pallone d’Oro nel 1993
• Ultime Ambasciatore della Fao (dal 2002), promotore dell’associazione Heroes Company, il 20 dicembre 2007 ritirò all’Accademia di Santa Cecilia il premio “Roma per la Pace e l’Azione Umanitaria” assegnato dalla giunta comunale ad Aung San Suu Kyi: fu proprio la leader dell’opposizione birmana (già premio Nobel) a chiedere che il premio fosse consegnato all’ex calciatore, convinta che la sua grande notorietà avrebbe potuto amplificare la notizia nel suo paese. Nel 2010 è chiamato alla guida del settore tecnico della Federcalcio. Lascia nel gennaio 2013. Sempre nel 2010, vince il World Peace Award per il suo impegno in attività umanitarie.
• Vita Con la Juventus vinse lo scudetto del 1995 (e la coppa Uefa del 1993), col Milan quello del 1996. Con la Nazionale (56 presenze, 27 gol), fu secondo ai Mondiali del 1994, terzo a quelli del 1990. Pallone d’Oro 1993 (2º nel 1994, 8º nel 1990, 23º nel 1995, 25º nel 2001, nomination anche nel 1998), Fifa World Player 1993 (3º nel 1994, 5º nel 1995). «Ho giocato tutta la carriera con una gamba e mezzo».
• Molti incidenti. Molto grave il primo: diciottenne fenomeno del Vicenza (serie C), una scivolata contro il Rimini allenato da Arrigo Sacchi gli fece saltare crociato anteriore, capsula, menisco e collaterale del ginocchio destro. Sua descrizione dell’intervento chirurgico: «Mi hanno bucato la testa della tibia col trapano, poi hanno tagliato il tendine e passato dentro il buco, lo hanno tirato su e fissato con duecentoventi punti interni... la gamba destra era diventata così piccola che pareva un braccio».
• Passato nell’estate dell’85 alla Fiorentina, divenne così popolare che quando fu comprato dalla Juve per 18 miliardi (estate 1990) la città scese in piazza. Protagonista ai Mondiali disputati in Italia (con Salvatore Schillaci costituì una formidabile coppia scissa dall’allenatore Azeglio Vicini, causa le pressioni dell’allora più carismatico Gianluca Vialli, nella semifinale persa ai rigori contro l’Argentina), nel 1993 vinse coppa Uefa, Pallone d’Oro e Fifa World Player. Nonostante una baruffa col ct Arrigo Sacchi che contro la Norvegia lo aveva comprensibilmente rimpiazzato con il portiere Luca Marchegiani per ovviare all’espulsione di Gianluca Pagliuca, e una deludente prestazione nel successivo match col Messico (Gianni Agnelli lo chiamò “coniglio bagnato”), nella fase ad eliminazione diretta diventò l’eroe della spedizione azzurra: due gol alla Nigeria negli ottavi, uno alla Spagna nei quarti, due alla Bulgaria in semifinale (tutti decisivi). Arrivò però stanchissimo e leggermente infortunato alla finale con il Brasile finendo col non combinare nulla e sbagliando (con Daniele Massaro e Franco Baresi) uno dei rigori con cui fu assegnato il titolo (il suo errore consegnò ai sudamericani la coppa del Mondo).
• Detto “codino” per i capelli lunghi. Definito da Michel Platini un “nove e mezzo” (cioè un calciatore che tiene in campo una posizione bastarda e che per gli allenatori è difficile da collocare), l’avventura con la Juventus finì nel 1995 (in panchina Marcello Lippi) causa l’esplosione del più giovane (e all’epoca più economico) Alessandro Del Piero. Passato al Milan, nonostante incomprensioni col tecnico Fabio Capello contribuì alla conquista dello scudetto 1996. Emarginato dalla successiva gestione di Sacchi, alla fine del campionato 1996/1997 passò al Bologna, dove nonostante nuovi screzi con l’allenatore Renzo Ulivieri si guadagnò a suon di gol la convocazione al terzo Mondiale (1998): in gol contro Cile e Austria, nel decisivo quarto di finale con la Francia padrone di casa il ct azzurro Cesare Maldini gli preferì inizialmente uno spento Del Piero facendolo entrare solo a partita in corso (finì con una sconfitta ai rigori, stavolta però segnò il suo). Passato all’Inter, complice la caotica situazione del club il primo campionato andò così così, il secondo peggio, causa l’arrivo sulla panchina nerazzurra di Lippi (in una successiva biografia accusò il tecnico di averlo inutilmente invitato a fare la spia). Andato a Brescia (dal 2000/2001), concluse in bellezza la carriera, portando la squadra lombarda (che in passato era sempre retrocessa) a ben quattro campionati consecutivi nella massima serie (immediato ritorno in B nella stagione seguente al suo ritiro), superando i 200 gol in serie A e meritando nonostante un grave infortunio la convocazione per il quarto Mondiale (2002) che gli fu però negata dal ct Giovanni Trapattoni. Giocò l’ultima partita il 16 maggio 2004, a San Siro contro il Milan.
• È il calciatore che ha segnato più gol in serie A nel terzo quarto d’ora del secondo tempo (recupero compreso): 60 (Calcioreference.com). Pallone d’Oro nel 1993.
• Critica «Baggio è diventato veramente popolare il giorno in cui è diventato il simbolo del catenaccio al destino, rappresentato da allenatori senza cuore. Respinto da Milano (Capello prima e Sacchi poi), chiuse le porte di Parma (Carlo Ancelotti), costretto a proseguire lungo la via Emilia, Baggio arrivò a Bologna. Lì si è trasformato dal grande campione misconosciuto che era nel campione non più giovane che sa strappare al declino momenti di splendida rivalsa tecnica: 30 presenze e 22 gol nella stagione 1997-98 e via, al Mondiale francese a contendere al ragazzo Del Piero, colui che l’aveva spinto via dalla Juve, il ruolo dell’alchimista di palloni. E proprio in quel Mondiale, il terzo e ultimo della sua carriera, c’è la foto che immortala e sintetizza l’esistenza sportiva di Baggio. Quel tiro al volo, in perfetta coordinazione, nel secondo tempo supplementare con la Francia che passa vicino al palo alla destra di Barthez. E lui, Roberto, che fa segno con le mani: tanto così. Già, tanto così: a Baggio è mancato, per pochi centimetri, qualcosa. Non si tratta di classe, ma di compiutezza. In quei centimetri c’è tutto, sfortuna, infortuni, incomprensioni con gli allenatori, un rigore troppo alto e una parola di troppo. Baggio è diventato popolare nella fase finale della sua carriera perché è diventato l’uomo dei sogni. Come tutti ne inseguiva uno e questo l’ha fatto avvicinare alla gente, anche a quelli che lo prendevano in giro quando era veramente grandissimo. Per questo si può dire che è un “9,5” non per altro» (Roberto Perrone).
• Vizi A Firenze si convertì al buddismo, diventando seguace della Soka Gakkai: «Prega. Due ore al giorno, ogni giorno, da anni. È come una goccia di tecnologia mistica che ogni giorno va all’ammasso per costruire qualcosa che non sappiamo e non capiamo. Lui cerca il suo Dio ogni giorno e forse lo trova» (Mario Sconcerti).
• Appassionatissimo di caccia (ha una tenuta in Argentina dove appena può va a sparare): «Per lui, come per me, il calcio era un’attività naturale, fatta con le doti fornite da madre natura, la caccia invece richiedeva un vero impegno» (Giampiero Boniperti).