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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Mimmo Cuticchio

• (Girolamo) Gela (Caltanissetta) 30 marzo 1948. Puparo. Nel 2013 ha celebrato i cinquant’anni di attività, allestendo all’Auditorium Parco della musica di Roma alcuni successi dell’Opera dei pupi: Guerrin Meschino, La passione di Cristo, Astolfo nell’isola di Alcina e il concerto Quaderno di danze e battaglie. «Siamo l’ultima riserva indiana».
• «Il più potente cuntista della scena italiana, michelangiolesco scultore di sillabe, omerico cantore di cicli cavallereschi, superbo uomo siciliano dotato di barba storica e di sapienza fisica» (Rodolfo Di Giammarco).
• «Ho iniziato con mio padre: eravamo artisti viaggianti, e lo siamo tuttora. Rammento i paesini di una Sicilia atavica e un po’ ferma. Erano gli anni Cinquanta. I giovani abbandonavano la campagna, emigravano e in paese restavano vecchi e bambini. Nelle strade sterrate circolavano solo i muli, i carretti, di macchine poche. Molti paesani dormivano ancora nei soppalchi con sotto le bestie, eppure ai nostri spettacoli venivano tutte le sere, seguivano le storie, si incontravano, discutevano. E, siccome all’epoca c’era poca moneta, pagavano il biglietto barattando formaggio, olio, vino... Il calzolaio faceva l’abbonamento a dieci spettacoli, risuolandoci le scarpe. Mio padre si faceva barba e capelli gratis dal barbiere, che poi la sera sedeva in platea con tutta la famiglia» (a Emilia Costantini) [Cds 28/12/2012].
• Fino al febbraio 1967 accompagnò il padre in giro per la Sicilia. «Ma a diciannove anni, a Parigi, capì che suo padre era Dedalo e lui Icaro. Palermo aveva donato all’Ambasciata d’Italia stucchi e arredi di un palazzo famoso. Giacomo Cuticchio fu invitato a inaugurare la sala dell’Ambasciata in cui furono rimontati gli stucchi. Altri spettacoli furono portati nella “cave” di una libreria in boulevard St. Michel, nel quartiere latino. Ma Giacomo Cuticchio non ci si trovava. Lo imbarazzava avere un pubblico di bianchi e di neri. Domandava: “Ma chi devo far vincere, i saraceni?”. E decise di tornarsene a casa. La libreria era diretta da Enrico Pannunzio, che gli disse: “Lasciami tuo figlio”. E lui: “No, ti lascio il mio aiutante”. Sul treno che correva verso Palermo, quella decisione ronzava nella testa di Mimmo, che improvvisamente sbottò: “Ma come! Lasci i pupi, lasci un estraneo, e non lasci me?”. La tappa di Torino fu fatale. Mimmo scese dal treno e al padre allibito disse: “Vai avanti tu, io prendo il prossimo”. Invece andò a comprare un biglietto per Parigi. Lui non si era mai chiesto se doveva far vincere i bianchi o i neri» (Osvaldo Guerrieri).
• «Negli anni ’70 trova nel cuntista e puparo Peppino Celano un orizzonte creativo: grazie a lui apprende le tecniche del cunto. Alla morte del maestro apre il Teatrino dei pupi Santa Rosalia (1973) e realizza il suo primo copione Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro. Nel 1977 fonda l’associazione “Figli d’arte Cuticchio”, che incorpora la compagnia omonima. È dei primi anni ’80 il suo primo spettacolo di cunto La spada di Celano. Da quel momento Cuticchio avvia un percorso di “rifondazione” del teatro dei pupi con spettacoli che aprono i modelli del cunto e dell’opra tradizionali a un impegno civile e artistico segnato da uno sguardo rivolto alla contemporaneità, fino all’ideazione degli ultimi spettacoli O a Palermo o all’inferno (2011) e Carlo Magno reale e immaginario (2012). Parallelamente dà vita a eventi teatrali per pupi, attori e musici, tra opra e opera lirica, come La terribile e spaventosa storia del Principe di Venosa e della bella Maria (1999) con le musiche di Salvatore Sciarrino e Don Giovanni all’Opera dei pupi (2002) con le musiche di Mozart» [Cds 2/1/2014].
• «Complessi e assidui sono i suoi rapporti anche con cinema (Coppola, Tornatore, Turturro, Ciprì e Maresco, Crialese), fotografia, radio, arte contemporanea (Mimmo Paladino), musica pop (Lucio Dalla, Loreena McKennitt)» [ibidem].
• «Eravamo sette figli, nati e cresciuti dietro le quinte. Lungo il cammino alcuni hanno lasciato e, da sette che eravamo, siamo rimasti in due. Ma la tradizione continua con figli e nipoti, ai quali poi passeremo il testimone. Per ora, siamo ancora tutti in viaggio sulla nave: a noi vecchi la responsabilità generale, i giovani si sono messi al timone. Mio figlio ormai è in grado di mettere su uno spettacolo da solo» [a Emilia Costantini, cit.].
• Ama definirsi «erede dei cantori medievali che non si nasconde più dietro i teli».