28 maggio 2012
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Biografia di Gianni Cuperlo
• (Giovanni) Trieste 3 settembre 1961. Politico. Presidente del Pd (dal dicembre 2013). Eletto deputato nel 2006, 2008 e 2013 (Ulivo, Pd). Ex presidente del Centro studi del Pd (2009-2013). Ultimo segretario della Figc (poi Sinistra giovanile). «Dalemiano di rito eterodosso» (Maria Teresa Meli), «uno spessore culturale insolito per un politico – dalla comunicazione alla letteratura – un sito Internet e un blog molto letti» (Fabio Martini).
• Ultime Il 10 maggio 2013, intervistato da Gad Lerner all’interno della trasmissione televisiva Zeta (La7), annunciò la propria candidatura alla presidenza della segreteria del Pd, in vista del congresso del partito: «Mi candido a segretario perché penso che il Pd sia l’investimento più importante che abbiamo fatto in questi anni. So di non essere un leader politico, però voglio dare una mano. E lo faccio anche con qualche violenza a un carattere che mi avrebbe spinto a rimanere dov’ero».
• Slogan principale della sua campagna: «Bello e democratico». Altri: «Per la rivoluzione della dignità», «Tolleranza zero contro la povertà».
• «Oggi nel Pd vacilla un altro muro, la tradizione originata dal Pci e transitata per il Pds, i Ds, il Pd, i simboli che sulla copertina del suo libro Basta zercar finiscono in uno scatolone, perché, spiega Cuperlo, “la mia generazione è quella dei traslochi, decisi quasi sempre dagli altri”. E l’ultimo segretario dei giovani comunisti rischia di essere l’ultimo candidato segretario del Pd che ha avuto in tasca la tessera del Pci. Con scarsissime possibilità di vittoria. “Mi rendo conto della difficoltà. Ma se non mi fossi impegnato la mia discrezione si sarebbe trasformata in un atto di diserzione, in una fuga dalle responsabilità”, spiega. Non una scelta personale: a spingerlo sono stati Massimo D’Alema, i suoi coetanei spaventati dalle truppe di occupazione renziane, e da ultimo Bersani» (Marco Damilano) [Esp 20/9/2013]. «Cuperlo è il personaggio di maggior spessore culturale, e il segretario del nostro partito deve essere così: uno davanti al quale la gente tace perché si aspetta di sentire cose che non sa» (Massimo D’Alema).
• «Oggettivamente, il gioco di prestigio di Cuperlo stenta a decollare. Si capisce che a molti risulti complicato capire come il candidato che più degli altri in fondo rappresenta la sintesi perfetta tra il dalemismo e il bersanismo possa pensare di trasformarsi nel simbolo della discontinuità rispetto al Pd dalemiano e bersaniano, e possa insomma pensare di essere efficace più nella parte di chi la butta sull’estetica, sul bello e sul democratico, che nella parte, forse più credibile, di chi rivendica le cinquanta sfumature di grigio dell’apparato» (Claudio Cerasa) [Fog 31/10/2013].
• Alle Primarie (8 dicembre) si sfidarono Matteo Renzi, Gianni Cuperlo e Pippo Civati. I votanti furono oltre 2,8 milioni: come ampiamente previsto, trionfò Renzi (67,55 %), e Cuperlo arrivò secondo (18,21 %). «La sconfitta di Cuperlo, ultimo capo della Fgci e intellettuale del dalemismo, segna la fine dell’egemonia rossa su un partito che aveva visto Veltroni travolgere la Bindi ed Enrico Letta, quindi Bersani battere senza troppi problemi prima Franceschini e poi lo stesso Renzi. E sembra dissolversi una volta per tutte il mito del comunismo italiano, per cui un’ideologia criminale o comunque sbagliata da Cuba alla Siberia diventava per l’élite culturale della penisola giusta o comunque nobile» (Aldo Cazzullo) [Cds 10/12/2013].
• L’indomani Renzi, che il giorno stesso della vittoria aveva detto «Se c’è una persona nel Pd con cui ho voglia di dialogare e discutere, quella è proprio Cuperlo», gli offerse la presidenza del partito. Dopo un iniziale rifiuto, il 13 dicembre, accogliendo le calorose sollecitazioni dei suoi, accettò, e due giorni dopo fu ufficialmente proclamato presidente dell’Assemblea nazionale del Pd. «Cuperlo non voleva sporcarsi le mani col vincitore, ma una parte dei suoi lo ha convinto a desistere e a collaborare. Questo non gli impedirà, secondo quanto ha precisato lui stesso, di guidare una piccola pattuglia di minoranza a contrasto del sindaco di Firenze sulle cose che non condivide» (Giorgio Dell’Arti) [Gds 16/12/2013].
• Vita Laureato al Dams di Bologna con una tesi sulle comunicazioni di massa, al vertice della Figc si fece notare per frasi ad effetto («L’importante non è avere una tradizione, ma cercarla») e slogan astrusi («Benficenti, tolleranti o solidali?»). «Nel 1990 fu lui a chiudere la Fgci e fu lui che materialmente staccò la targa da Via dell’Ara Coeli (l’entrata laterale della sede del Pci). Se la portò a casa e la tenne come un cimelio. Poi nell’aprile del 2009 la mise in una teca e la portò come regalo alla festa per i 60 anni di D’Alema alla Casa del Jazz di Roma» [il Post 10/9/2013].
• Alla nascita del Pd si fece promotore di un appello per la laicità. «Se un esponente del mio partito dice che i gay vanno curati credo che sia una boutade. A pensarla così saranno sì e no in cinque. Ma è un segnale».
• Dopo la sconfitta elettorale del 2008 (rifiutò di fare il ministro ombra), sul palco dell’assemblea nazionale del Pd disse a Veltroni e a tutto il gruppo dirigente che, con «i loro grandi meriti e i loro limiti», dovevano prendere atto della situazione e lavorare per «lasciare alle nuove generazioni la leadership».
• Nel 2008, al termine della sua prima legislatura da deputato, nel corso della quale non aveva mai preso la parola in Aula, fece pubblicare «un libretto – identico, nella grafica, a quelli che la Camera dei deputati pubblica e che raccolgono gli interventi dei parlamentari. Gianni Cuperlo. Tutti i discorsi parlamentari, il titolo. Dentro, pagine e pagine bianche» (Stefano Di Michele) [Fog 11/5/2013].
• Ex ghost writer di Massimo D’Alema, del quale disse a inizio 2008: «Penso, da anni, che sia il capo della sinistra». Lo introdusse alla lettura di Rilke. «Cuperlo non fu mai un “ideologo” di D’Alema – che non ne aveva bisogno, né inclinazione ad averlo – quanto, più, un arricchitore culturale e di idee del discorso e del pensiero di D’Alema: essendo Cuperlo stesso più un dalemiano biografico che un comunista ideologico» [il Post 10/9/2013].
• Fu lui a suggerire a Veltroni La canzone popolare di Ivano Fossati come inno dell’Ulivo.
• Ha insegnato Teoria e tecnica della comunicazione pubblica e Comunicazione politica all’Università di Teramo, ha scritto il libro Par condicio? Storia e futuro della politica in televisione (Donzelli 2004).
• Sposato con Ines Loddo (conosciuta nella Fgci), ha una figlia, Sara (studentessa universitaria), e un cane, Floyd.
• Frasi «C’è la sinistra di matrice cattolica, la sinistra laica, quella ambientalista: tutte queste sinistre non sono una componente minoritaria del Pd, ma sono il Pd. E c’è una sinistra Dc, non a caso parte di questo progetto. Ma senza la sinistra, senza i principii e i valori della sinistra, il Pd non c’è, non è possibile» (a Stefano Di Michele) [Fog 14/9/2013].
• «Ricorda il film Amadeus? Lì Mozart è un giocherellone, talento puro, ma al fondo poco interessante. Io mi sono sempre identificato nel rivale, in Antonio Salieri... Sì, mi affascina Salieri, con i suoi tormenti, la sua impossibilità di essere il numero uno» (a Marco Damilano) [Esp 20/9/2013].
• «La mia generazione è stata schiacciata dalla scarsa generosità dei fratelli maggiori e dalla famelica ambizione di quelli minori» [ibidem].
• «“Ai poeti resta da fare la poesia onesta”: ha presente? Quello è un testo straordinario di Umberto Saba. Lasciamo in pace i geni. Ai politici resta da fare la politica onesta: nient’altro che questo. Ma sarebbe la rivoluzione» (a Carlo Puca) [Pan 27/9/2013].
• «Voglio una forza popolare e radicata nel paese. Penso a un partito-società, a un partito-movimento che si organizza sulla base di principii e traguardi che scuotano le coscienze. Voglio un partito che si opponga all’idea che ciascuno debba rimanere isolato nel suo rapporto con il potere perché in quel modo il potere, anche quando viziato, avrà sempre la meglio» (a Giovanna Casadio) [Rep 8/11/2013].
• «L’errore più grande che ho fatto? Non essere diventato uno storico del teatro» (a Vittorio Zincone) [Set 23/8/2013].
• Critica «È rimasto sempre all’ombra del Palazzo: sia perché non è un tipo che ama sgomitare, sia perché non ha la stoffa del leader» (Guido Quaranta nel 1999).
• «Ha grandi qualità umane. Sa ascoltare, e non è arrogante. Però, attenzione: è cocciuto come un mulo, e, se è convinto di esser nel giusto, ascolta tutti ma poi decide lui. Politicamente è antico, se vogliamo dire la verità, quasi fermo al berlinguerismo anni ’70, con qualche venatura ingraiana» (Fabrizio Rondolino).
• «Il migliore e il più civile della nostra compagnia. Che sia civile ed educato non inganni, però: non è uno sprovveduto, e il suo cursus lo dimostra» (Claudio Velardi) [Federico Geremicca, Sta 4/5/2013].
• «Gianni Cuperlo, brava persona, è un introverso, la negazione di tutto quanto Matteo Renzi rappresenta in termini di apertura alla società, di inclusività e di capacità aggregante, perfino oltre i confini della sinistra» (Giuliano Ferrara) [Fog 11/9/2013].
• «Gianni Cuperlo non è di sinistra: è dalemiano» (Pietrangelo Buttafuoco) [Fog 7/11/2013].
• «Cuperlo sembra un politico della Prima Repubblica, e nel pensarlo elaboro il complimento più grande. Ha l’autorevolezza, pacatezza e cultura di quella gente lì; la sua totale anomalia rispetto ai tempi potrebbe anche farlo funzionare in tv, dove non passerebbe inosservato. Ma non lo conosce nessuno, e chi lo conosce sa di lui che è stato dalemiano prima, bersaniano poi: biglietti da visita, questi, per lo più impopolari, mediaticamente inaccettabili» (Diego Bianchi) [Paolo Siepi, Iog 29/11/2013].
• «Gianni Cuperlo sarebbe il genero ideale per tante madri che spasimano di dare la figlia in sposa a un signore che la tratti come una rosa al naso. Pur avendo superato la barriera dei cinquanta, il compagno Gianni ha sempre l’aria perfettina e inamidata del dirigente della Gioventù comunista che piace non solo alle mamme, ma alle zie e alle nonne. E, di conseguenza, la sua visione dell’Italia è un po’ datata» (Giampaolo Pansa) [Lib 1/12/2013].
• «Troppo elegante nella sua posa da Bruce Chatwin lost in Pietroburgo, concentrato nella declamazione di parole alate buone per una disputa ottocentesca sul Nevsky Prospekt» (Alessandro Giuli) [Fog 10/12/2013].
• Tra i soprannomi: «il Robert Redford della Mitteleuropa», «morte a Venezia».
• Vizi Considera Joe Lansdale «il più grande scrittore contemporaneo». «Capita di vederlo alla Camera, spesso solo: seduto su un divanetto del Transatlantico con un libro in mano, a un tavolo della mensa (non del ristorante, ma della mansa) mentre osserva non visto quelli del tavolo vicino, passeggiare riflessivo nel cortile sempre con lo zainetto in spalla e l’aria di uno che ha tempo “e anche il lusso di sprecarlo”. Capita di sentirlo parlare. Ed è strano, alla Camera, sentir parlare di letteratura americana» (Andrea Cangini) [Quotidiano Nazionale 5/5/2013].
• Milanista.