28 maggio 2012
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Biografia di Domenico Crea
• Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) 28 agosto 1951. Detenuto in custodia cautelare dal 28 gennaio 2008 per concorso esterno in associazione di stampo mafioso (nella specie ’ndrangheta). Sposato, due figli. Medico, fin da quando scelse la specializzazione (Igiene e sanità pubblica), ambiva più a fare politica che a curare il prossimo. Cariche amministrative: vicedirigente sanitario del Presidio poliambulatoriale di Melito e vicedirettore sanitario presso l’ospedale “T. Evoli”. Cariche politiche: consigliere provinciale di Reggio Calabria, vicepresidente di minoranza della Comunità Montana versante Jonico Meridionale, due volte consigliere regionale in Calabria (assessore all’Urbanistica, all’Ambiente, all’Agricoltura, al Turismo, Industria Alberghiera, Sport, spettacolo e trasporti). Passò dal centrodestra (Ccd), al centrosinistra (Margherita), e poi di nuovo al centro destra (Democrazia cristiana per le autonomie). In particolare si autosospese dalla Margherita dopo l’arresto di Alessandro e Giuseppe Marcianò (21 giugno 2006, vedi), accusati di essere i mandanti dell’omicidio del vicepresidente della Regione Calabria Francesco Fortugno. Antefatto: alle elezioni regionali dell’aprile 2005 Fortugno e Crea erano candidati entrambi nella Margherita. Vinse Fortugno, ma alla sua morte subentrò Crea (primo dei non eletti), e la Margherita gli chiese di autosospendersi, perché i Marcianò erano accusati di avere ammazzato Fortugno proprio a questo scopo (rispose: «Un’eventuale “autosospensione” appartiene etimologicamente, in via esclusiva, al soggetto che deve determinarsi o meno ad una segnata scelta»). Passato alla Dca, assunse il ruolo di capogruppo in Consiglio regionale.
• Onorata sanità Fu arrestato all’alba del 28 gennaio 2008 (l’operazione, chiamata “Onorata Sanità”, rientra in un filone d’inchiesta sull’omicidio Fortugno). In tutto 18 gli arresti (per un totale di 44 indagati), tra cui il figlio Antonio (29 anni, medico, direttore sanitario della clinica privata “Anya” di Melito Porto Salvo, messa sotto sequestro, tra l’altro, perché alcuni pazienti, privati di assistenza, morirono), e gli stessi Marcianò Alessandro e Giuseppe imputati nel processo Fortugno. Sono accusati a vario titolo di associazione mafiosa, il Crea di concorso esterno (l’associazione sarebbe quella dei Morabito di Africo, infatti fu arrestato anche Giuseppe Pansera, genero di Morabito Giuseppe, detto ’u Tiradrittu). Titolari dell’inchiesta il procuratore facente funzioni Antonino Scuderi, il capo della Dda, Salvatore Boemi, e i sostituti Mario Andrigo e Marco Colamonaci (gli ultimi due pm nel processo dell’omicidio Fortugno). Scrissero i pm nella richiesta di misura cautelare che i mafiosi avevano come referenti politici e dirigenti sanitari per assicurarsi «l’accaparramento di risorse pubbliche (…), soprattutto mediante l’inserimento negli appalti di servizio e fornitura, sino a quelli più bassi di mera conquista da parte di terzi, amici e familiari, del tanto agognato “posto pubblico”, quest’ultimo distribuito “a pioggia” agli amici ed agli “amici degli amici”, per consolidare il proprio potere attraverso l’asservimento della popolazione, messa in condizione di ritenere che l’unico modo di lavorare o comunque garantirsi un guadagno sia quello di continuare ad essere vicini a chi “conta” o comunque di appoggiare certi personaggi». «Da tutto ciò, scrissero i pm, è derivata la creazione della “borghesia mafiosa” grazie alla quale le cosche traggono linfa vitale in termini di arricchimento illecito mediante l’accaparramento di denaro pubblico ed anche di consenso popolare, in assoluta contrapposizione a quello dello Stato».
• Domenico Crea, in particolare, «voleva mettere gli artigli su un assessorato regionale, per poterne spolpare a proprio piacimento le risorse in termini sia di budget finanziario, sia di collocazione dei propri soldati nei posti chiave». I pm accertarono «come nel corso del tempo, prima e dopo le competizioni elettorali regionali, alle quali ha preso parte, si sia articolato il do ut des tra Crea e i suoi sponsor elettorali mafiosi; la capacità d’intimidazione e i metodi tipicamente mafiosi, utilizzati da Crea e anche da suo figlio, per perseguire i propri interessi a discapito di chi abbia tentato di frapporsi alla loro realizzazione e abbia semplicemente ritardato il comportamento “dovuto”». Tra le prove l’intercettazione della telefonata del 3 agosto 2007 con l’ex dirigente dell’Asl Antonio Iacopino (ritenuto dagli inquirenti direttore amministrativo occulto della clinica privata Villa Anya), in cui il Crea si disse sicuro di tornare presto a fare l’assessore con il centrodestra, «nonostante, scrissero i pm, il caso Fortugno, le polemiche e tutto quello che è successo»: «È una certezza dettata dalla consapevolezza circa la solidità dell’appoggio elettorale. Quando è possibile controllare fino all’ultimo voto in modo capillare grazie a rapporti e sponsorizzazioni che non risentono in alcun modo delle “avversità” contingenti, il cammino politico diviene qualcosa di molto simile ad un “investimento” finanziario, a fronte del quale vanno comunque corrisposti gli interessi».
• Crea, al telefono con Iacopino: «A me la gente, quelli che si sentono intelligenti, mi possono tenere le p..., se mi seguono... E lo sai quando... che mi servivano lo sai come, alla perfezione... cioè alla perfezione e non... non si muovevano di una virgola... ed io sfondavo. Non mi tradivano e lavoravano, non so se sono... Ti parlo del 95, 96, quando io ero un Dio che dopo ti fanno la corte pure quelli che hai intorno. Non quando sei solo (…) All’epoca le mie tre braccia erano Pino, Bruno e il mongolo di Sandro (…) Mi hai capito? e sono tutti miliardari... Il più fesso di loro è miliardario... e ti ho detto tutto... » (secondo gli inquirenti “Sandro” è Alessandro Marcianò).
• Scrissero ancora i pm che le indagini avevano consentito «di inquadrare la matrice dell’omicidio eccellente perpetrato ai danni dell’on. Fortugno proprio nel contesto del controllo politico-mafioso delle strutture sanitarie calabresi, e della provincia di Reggio Calabria in particolare»: «l’elezione dello stesso, oltretutto permessa da una incredibile mole di voti a suo favore (…), poteva determinare la discussione di alcuni equilibri».
• Il 10 aprile 2008 spedì una lettera di dimissioni da consigliere regionale dal carcere di Palmi.
• Ultime Ottenuti gli arresti domiciliari, causa una patologia renale, il 22 gennaio 2012 è stato condannato in via definitiva a 7 anni e 6 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa (processo “Onorata Sanità”) (a cura di Paola Bellone).