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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Luca Cordero di Montezemolo

• Bologna 31 agosto 1947. Manager. Presidente di Alitalia (dal novembre 2014), di Telethon (dal giugno 2009), del comitato promotore dei Giochi Olimpici di Roma 2024 (dal marzo 2015), vicepresidente di Unicredit (da ottobre 2012, in rappresentanza del fondo di Abu Dhabi Aabar). Ex presidente della Fiat (2004-2010), della Ferrari (1991-2014), dell’università Luiss (2004-2010), di Confindustria (2004-2008), della Fiera di Bologna (1998-2008), della Maserati (1997-2005) ecc. Imprenditore. Le due holding di famiglia, la Fisvi e la Mcg, controllano le quote di Ntv, Gnv, fondo Charme, Sigaro Toscano. Nel cda di Poltrona Frau e Tod’s, Editrice La Stampa ecc. «A scuola ero campione mondiale di copiatura e questo dimostra che anche chi copia ha speranza».
Vita Primo di tre figli di Massimo (Rosignano 23 dicembre 1920) e Clotilde Neri (Bologna 26 agosto 1922), che si sposarono il 7 novembre 1946 (nacque giusto nove mesi dopo). «Cordero dei Marchesi di Montezemolo è antico ceppo piemontese legato ai Savoia» (Giancarlo Perna). «Ragazzino ossuto, tanto da meritarsi il nomignolo di “Spigolo”, si cimenta nella squadra di calcio del ginnasio. Ruolo: ala destra. “Ero bravino”, ricorda con modestia» (l’Espresso).
• Liceo classico all’istituto Massimiliano Massimo, la scuola romana dei padri gesuiti erede del Collegio romano fondato da sant’Ignazio di Loyola nel 1550 e sfrattato dall’Italia unita nel 1870 (vedi Franco Rozzi), fu compagno di classe di Mario Draghi.
• Laurea in Legge alla Sapienza di Roma (110 e lode), prime esperienze nello studio legale Chiomenti di Roma e in quello Bergreen & Bergreen di New York, frequentò i corsi di Diritto commerciale internazionale alla Columbia di New York, non prese il master ma si appassionò ai motori. L’Espresso: «Di nascosto dalla famiglia gareggia all’autodromo romano di Vallelunga in coppia con Cristiano Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli. Nome d’arte: Nerone (Montezemolo ha raccontato che anche Cristiano Rattazzi adoperava un nome d’arte: serviva per non farsi ammazzare di botte dai genitori – ndr). Si dà al rally con una 500 rossa e a 22 anni è nella squadra Lancia. “Libero e bello”, come tutti hanno preso a chiamarlo per la chioma fluente, incontra Enzo Ferrari (è Ferrari che gli telefona perché lo ha sentito alla radio, durante la trasmissione 3131, difendere l’automobilismo – ndr) e decide che il mestiere di avvocato può attendere. Nel 1973 diventa assistente del Drake e responsabile della squadra corse del Cavallino, che ha la sua punta di diamante nel fuoriclasse austriaco Niki Lauda. Nel 1975, dopo un digiuno durato 11 anni, il team vince il campionato di Formula 1».
• «Monza, 7 settembre 1975, credo che sia il più bel giorno della mia vita, insieme ai giorni in cui sono nati i miei figli. Il giorno in cui Regazzoni vinse la gara e Lauda, classificandosi terzo, vinse matematicamente il campionato del mondo, un titolo che mancava alla Ferrari dal 1964, da 11 anni. E quindi vincere la gara e il Mondiale sulla pista di casa è davvero il massimo. Guardo spesso con nostalgia un filmato che ogni tanto si vede in tv. Io che invado la pista all’arrivo di Lauda: la macchina non ha ancora finito la parabolica e io sono già lì che festeggio» (nel 1996).
• L’Espresso: «Una seconda vittoria arriverà nel 1977. A trent’anni entra nella Fiat guidata da Gianni Agnelli, con cui coltiverà fino alla fine un rapporto di profonda amicizia».
• «Aveva conosciuto l’Avvocato molto presto. Studente ventenne, una volta era andato a cena con lui. E Gianni Agnelli, abitualmente senza soldi in tasca, gli aveva chiesto di pagare il conto» (Roberto Ippolito).
• «Il ragazzo, non più ragazzo, piace all’Avvocato. Non per via di quella provenienza dalla nobiltà sabauda e ancor meno per quelle voci che più volte hanno provato ad accreditarlo come suo figlio segreto. Più credibile invece l’idea di un’empatia che fa sì che l’allora presidente della Fiat veda nel giovane Montezemolo, brillante, spigliato, amico di americani, corteggiato dalle donne e di suo sensibile alle donne, il figlio che avrebbe voluto avere. Luca, l’avvocato con la A minuscola, non diventa un manager come tanti ma rassomiglia di più a uno della famiglia, per una sorta di cooptazione di quasi tutti i suoi membri. Nella vasta cerchia di amici e collaboratori del patriarcapresidente lui è uno dei pochissimi a chiamarlo Gianni e a rivolgersi a lui col confidenziale “tu”» (Salvatore Tropea).
• «Primi anni Settanta, ristorante il Passetto. Lui mandava sempre in avanscoperta Luca Cordero di Montezemolo che prenotava i tavoli, faceva i sopralluoghi... Agnelli non entrava mai dalla porta principale. Specialmente se stava con una tipa come Rossana Podestà. Vengo a sapere che è lì dentro, mi metto in attesa, un’ora, due, finalmente esce, cinque scatti, solita fuga. All’alba del giorno dopo mi squilla il telefono: Montezemolo vuole le foto a qualunque prezzo. Io gli dico di no: vendo solo a chi pubblica. Non faccio né ricatti né favori: è la mia etica». Soluzione: i cinque scatti vengono acquistati da un giornale «tipo l’Eco dell’Industria, che è roba Fiat». Mai uscite, «ma pagate a prezzo di mercato» (il fotografo Umberto Pizzi a Pino Corrias).
• L’Espresso: «È il periodo dello scontro sindacale. E a Montezemolo tocca (fino all’81) un compito delicato: la responsabilità delle relazioni esterne. Diventa amministratore delegato della Itedi, la holding che riunisce tutte le attività editoriali della Fiat (tra cui La Stampa – ndr) e poi, nel 1984, sbarca alla Cinzano, dove cura l’organizzazione di Azzurra Challenge, l’avventura italiana nella coppa America di vela. Nel gioco di squadra ci sa fare. Così, viene chiamato a Roma, dove per cinque anni è general manager dell’organizzazione dei Mondiali di calcio. All’inizio degli anni Novanta è lanciatissimo. Agnelli lo chiama a fare il vice presidente esecutivo della Juve. Gli affida insomma uno dei suoi gioielli. La stagione va come peggio non si può. Per la prima volta dopo 28 anni la Signora è fuori da tutte le coppe europee. L’Avvocato non gliela perdona: “Adesso”, scandisce perfido, “voglio vedere cosa farà Luca da grande”. Luca è in difficoltà. Non bastasse la Juventus, ci si mette anche la Rcs Video. Da amministratore delegato ha comprato una partecipazione nella Carolco, una delle più importanti case cinematografiche del mondo. L’acquisto doveva segnare il ritorno alla grande del gruppo milanese nel mondo dei film. Finisce invece in un flop. L’Avvocato vuole metterlo alla prova e dargli l’occasione di rifarsi. Nell’inverno del 1991 gli rifila un’autentica patata bollente: la guida della Ferrari, che dopo la scomparsa del Drake (1988) è finita in cattive acque e non vince un titolo dal lontano 1979. L’inizio non è promettente: nel primo anno le rosse non rimediano neanche un podio. Ma Montezemolo, che dal 1996 è diventato presidente degli industriali di Modena e dal 1997 guida anche la Maserati, non si arrende. Ingaggia Michael Schumacher e Jean Todt. Tre anni dopo, nel 1999, comincia a vincere. E non si ferma più. Il 7 luglio 2000 si sposa: l’Avvocato gli regala una Ferrari 360 Modena grigio argento, commissionata apposta a Pininfarina. Nel 2001 Berlusconi fa il suo nome come ministro. Non se ne fa nulla. Ma l’anno dopo conquista la presidenza della Federazione degli editori. Poi, nel giugno del 2002, arriva uno smacco inatteso. La Fiat vende a Mediobanca il 34 per cento della Ferrari senza neanche avvertire Luca. Montezemolo minaccia il divorzio. Dalla sua ci sono i risultati. E non solo quelli sportivi: al momento di vendere a Mediobanca, la Ferrari viene stimata 2,4 miliardi di euro, dieci volte di più rispetto all’inizio della cura Montezemolo. Il quale nel frattempo è diventato anche imprenditore (Acqua di Parma, Poltrona Frau)».
• «Gli amici, spesso, hanno nomi famosi, come Diego Della Valle, Leonardo Del Vecchio. Le cose da fare, invece, nascono per caso. O quasi. Come è successo per l’Acqua di Parma, vecchia marca di acqua di colonia. “Quando ero piccolo la usava anche mio padre, la ricordavo benissimo, ma poi era praticamente sparita dalla circolazione”. Fino a una cena quando lui, Della Valle e Paolo Borgomanero, campo tessile, tra una chiacchiera e l’altra scoprono di avere anche questa passione in comune. Scatta la ricerca, si compra il marchio (“pagato pochissimo”) e, dopo qualche altra serata a metà tra il lavoro e l’amicizia, l’Acqua di Parma torna nelle vetrine di lusso» (Sette). Con Luxottica si è lanciato negli occhiali da sole, marchio Web (poi ceduti alla Marcolin).
• Nel 2004 un gruppo di industriali lo convinse a candidarsi alla presidenza di Confindustria. «Lucky Luca, o LCdM, o Monteprezzemolo, o ancora, Montezuma secondo il soprannome (non gradito) che gli ha affibbiato molti anni fa Susanna Agnelli, mutuandolo da un imperatore degli Aztechi. Ma Suni può permetterselo. Lo conosce fin da quando, adolescente, frequentava il Liceo con suo figlio Cristiano. Anche allora era simpatico, brillante, divertente. Apprezzato dall’Avvocato, che lui considera un secondo padre; piace a Umberto, che è per Luca una specie di fratello maggiore. La famiglia Agnelli quasi lo adotta. Così, molti anni dopo quando Gianni e Umberto muoiono e Jaki è ancora troppo giovane per prendere il posto dello zio e del nonno, è proprio a Montezuma che gli Agnelli pensano e, dopo varie controversie e peripezie, gli affidano il gruppo. Luca apprende il mandato domenica mattina, 30 maggio, nella sua tenuta sulle colline bolognesi. L’indomani, per la prima volta, avrebbe partecipato all’assemblea della Banca d’Italia come presidente della Confindustria. Ci andrà invece anche come presidente della Fiat» (Elena Polidori).
• La proposta di ricoprire la carica di presidente della Fiat, a pochi giorni dalla morte di Umberto Agnelli, gli fu comunicata dal presidente dell’Ifil, Gabetti, con una telefonata: «Luca, adesso tocca a te». E lui: «Ci avete pensato bene?». E dall’altra parte arrivò l’applauso della famiglia ancora riunita in assemblea.
• Eletto alla guida di Confindustria alleggerì gli incarichi minori lasciando la presidenza della Federazione editori, il cda di Rcs e, in seguito, anche Indesit (mantenendoli in Poltrona Frau, Tod’s, Editrice la Stampa). Da presidente di Confindustria accompagnò la caduta di Berlusconi scommettendo sul governo Prodi. L’atteggiamento sottilmente ostile verso il centrodestra provocò un clamoroso exploit di Silvio Berlusconi nel marzo 2006 a Vicenza (che attaccò i vertici, in particolare Diego Della Valle, e riscosse gli applausi della platea) e l’opposizione interna degli imprenditori del nord-est e dell’Assolombarda guidata da Diana Bracco. Passato al potere il centrosinistra (maggio 2006), tenne ancora un atteggiamento critico e paragonò il governo Prodi a «una vettura così pesante, così costosa, così difficile da manovrare, così obsoleta, che per quanto bravo possa essere il pilota non riesce a vincere».
• Nel maggio 2007, dopo il lancio del suo “manifesto” all’assemblea di Confindustria, molti lo davano (nuovamente) pronto per la discesa in politica: «Da 15 anni l’Italia è prigioniera di una transizione che non accenna a finire. Da 15 anni si dibatte alla ricerca di una via d’uscita dalla crisi politica nella quale è precipitata». Massimo Giannini (la Repubblica): «L’ultima relazione da presidente di Confindustria, la prima prolusione da leader di partito». Montezemolo: «Se vuole glielo metto anche per iscritto: non entro e non entrerò mai in politica...».
• Caduto il governo Prodi ha respinto le lusinghe sia del centrodestra che del centrosinistra, fatto gli auguri al nuovo governo («mix di esperienza e novità») e accolto con soddisfazione i provvedimenti sulla detassazione degli straordinari e dei premi di rendimento. Con Berlusconi i rapporti sono tornati distesi e il Cavaliere gli ha proposto di diventare ambasciatore del made in Italy (ma senza formalizzazione di incarichi o nomine governative) ricevendo in cambio «l’impegno a rappresentare nel mondo le tante eccellenze dell’Italia».
• Il 21 maggio 2008 ha lasciato la carica di presidente di Confindustria a Emma Marcegaglia. Una gestione (2004-2008) inizialmente terzista, quasi filo-prodiana poi, soprattutto dopo il famoso congresso di Vicenza 2006, sempre più antipolica e critica con il centrosinistra, i sindacati, il settore pubblico, caratterizzata dal leit motiv industria-lavoro-sviluppo. Raffaella Polato (Corriere della Sera): «Sul piano interno: il record storico di imprese associate, l’apertura al mercato anche con Il Sole in Borsa, soprattutto la “lotta al pizzo” e quella grande spinta all’internazionalizzazione tradotta in 21 “missioni di sistema” e in un aumento dell’export del 35,5% in quattro anni. Sul piano di “sindacato delle imprese”: la riduzione del cuneo fiscale e gli interventi su Irap e Ires».
• A fine 2006 aveva fondato con Diego Della Valle, Gianni Punzo e Giuseppe Sciarrone (i tre hanno il 35%, Sncf il 20 per cento, con la partecipazione di Intesa Sanpaolo e Generali) la Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv), in Italia la prima società privata nel trasporto ferroviario che ha iniziato ad operare il 29 aprile 2012. Nel gennaio 2008 è entrato nell’assetto societario Intesa Sanpaolo, seguito nell’ottobre dello stesso anno dalla Société nationale des chemins de fer français (Sncf). Montezemolo, Della Valle e Punzo controllano il 35% della società attraverso Mdp Holding, Intesa e Snfc hanno il 20% ciascuno, Generali il 15%. Dall’ottobre 2012, in concomitanza con la sua nomina a vicepresidente di Unicredit, Montezemolo ha lasciato la carica di presidente di Ntv, rimanendo azionista. Per 650 milioni di euro la Ntv ha commissionato all’industria francese Alstom 25 esemplari dell’Agv, treno ad altissima velocità di ultima generazione capace di viaggiare fino a 360 km all’ora (100-120 euro la tariffa minima per andare da Roma a Milano in tre ore). Con 25 treni attivi e poco meno di mille dipendenti, Ntv ha chiuso il bilancio 2011 con un perdita di 77 milioni nel 2012, ha dovuto rimandare di due anni la previsione del pareggio, originariamente previsto per il 2014, e ha siglato con i sindacati un contratto di solidarietà per i suoi dipendenti, che prevede una riduzione di 1,5 giorni di lavoro (e relativo stipendio) al mese. Nel 2013 i passeggeri sono stati 6,2 milioni (contro i 27 dei Frecciarossa Trenitalia). In più occasioni, dal 2012 in poi, Ntv ha presentato esposti all’Antitrust per comportamenti anti-concorrenziali da parte di Fs. Le accuse vanno dal dumping sui biglietti venduti da Trenitalia a prezzi stracciati per costringere Ntv a ridurre a livelli insopportabili i margini di profitto, fino a «comportamenti ostruzionistici nell’accesso all’infrastruttura ferroviaria» attraverso la mancata assegnazione di tracce (collegamenti) nell’ora di punta. Oppure atti «apertamente ostili» all’azienda privata, come il mancato accesso all’impianto di manutenzione di Milano San Rocco.
• «Se Della Valle e Montezemolo puntavano, nel 2006, a un facile successo di un servizio da offrire alla fascia più alta dei consumatori/viaggiatori italiani sull’asse Milano-Roma, in realtà le cose sono più complesse e soprattutto non avevano fatto i conti con Moretti: le Fs del 2005 sembravano vicine al default, ma è stato proprio il nuovo ad a invertire la tendenza,scaricando sull’alta velocità una potenza di fuoco (in termini di numero di mezzi, frequenze e collegamenti) impressionante. Avendo, tra l’altro,dalla sua anche la leva del pedaggio che le Ferrovie, proprietarie della rete, chiedono a Ntv per correre sui suoi binari. Alla fine l’Antitrust ha imposto a Fs di abbassare quel pedaggio del 15%. Per Ntv vale qualche decina di milioni di costi in meno» (Marcello Zacché).
• «Il nostro competitor, le Ferrovie, è giocatore e arbitro insieme. Possiede la rete e possiede i treni. Ci fa una guerra bestiale. Faccio un esempio. Le macchinette che vendono i biglietti: ne abbiamo comprate moltissime, ma ne abbiamo potute mettere pochissime. E ce le nascondono. La storia di Ntv, di Italo, è esemplificativa di quanto sia complicato fare impresa in Italia. Abbiamo assunto 1.100 ragazzi a tempo indeterminato, età media ventotto anni. Abbiamo investito in formazione, abbiamo speso un miliardo di euro per comprare i treni, ma subiamo una concorrenza sleale da parte delle Ferrovie».
• Con Della Valle possiede anche il 13% della Grandi navi veloci (Gnv).
• A febbraio 2014 si è dimesso da presidente di «Italia Futura», associazione che lui stesso aveva fondato nel 2009 come pensatoio e laboratorio che si prefiggeva di sviluppare iniziative capaci di portare a un miglioramento della situazione politica italiana. Al suo posto l’armatore Carlo Pontecorvo, a capo del gruppo Ferrarelle.
• «La creatura di Luca Cordero di Montezemolo puntava a essere un incubatore, non solo un think tank di una forza politica terza capace di creare di fatto un centro moderno, laico, innovativo, aperto alle professioni. C’erano ottimi quarantenni o trentenni, Andrea Romano, Irene Tinagli, c’erano molti professionisti del nord, c’era l’ipotesi – per la verità sempre rimasta a mezz’aria – di un impegno politico diretto di Montezemolo. Come sia andata lo sapete» (Jacopo Iacoboni).
• È sembrato sul punto di candidarsi in prima persona alle politiche del 2013, salvo poi rimanere defilato, appoggiando con la sua fondazione la Lista Monti. «Negli ultimi anni LCdM ha speso dei soldi, ha speso il suo nome, ha speso del tempo, ha messo in moto la sua non indifferente macchina di relazioni, ha costruito una squadra di professori intorno al think tank ItaliaFutura, ha fatto quello che gli anglosferici chiamano networking, ha organizzato una convention con Andrea Riccardi e ha pronunciato pure un bel discorso da leader. Insomma per anni Montezemolo ha fatto tutto ciò che è lecito immaginare debba fare un membro dell’establishment, per quanto incerto e soffice, che voglia preparare una sua entrée charmante in politica; ma alla fine, malgrado gli sforzi, e persino malgrado la presenza fisica del campione Mario Monti, l’uomo dell’establishment ha invece scelto di non esserci. (…) E d’altra parte è dal 2001 che Montezemolo tentenna, un po’ dentro la politica, un po’ fuori, blandito da Berlusconi, sempre a un passo dal fargli da ministro (il Cavaliere lo annunciò solennemente a Porta a Porta), e poi niente, sempre segnato dall’abilità (o soltanto dalla fortuna?) di non essersi mai fatto compromettere dal Cavaliere (“il posto di presidente del Consiglio è per il futuro a sua disposizione”), ma accompagnato pure, sempre, dal retropensiero che la sua riluttanza non fosse solo carattere, eccesso di cautela, né pignoleria né tantomeno un perfezionismo che d’altra parte non gli si conosce. Anche Veltroni, neo leader democratico, s’era fatto avanti con lusinghiere profferte che, per quanto diluite nelle caute risposte di un personaggio così desiderato, sapevano di appuntamenti da rinviare, prenotazioni per un futuro più roseo. Ma mai niente, fino ad allargare le braccia con un sorriso quasi ribaldo: “Ho la coda davanti alla porta. Se solo volessi…”» (Salvatore Merlo).
• «La verità è molto semplice. A un certo punto è arrivato Mario Monti e io, che non ero nemmeno troppo convinto, mi sono fatto da parte. Finito il mio impegno da presidente di Confindustria ero sempre tra le prime cinque personalità più apprezzate del paese. E ancora dopo anni, nel 2010 e nel 2011, i sondaggi mi premiavano moltissimo. Tutto ciò malgrado io non abbia mai partecipato a nessun talk-show in tivù (…) Studiai molto i think tank americani, che non hanno niente a che vedere con le fondazioni che esistono in Italia, quella di D’Alema o quella di Fini… E insomma più la cosa di ItaliaFutura cresceva, più mi si chiedeva un impegno politico diretto. Ma non c’erano mai veri appuntamenti elettorali. E poi, quando finalmente arrivarono le elezioni, c’era Mario Monti. E devo dire che l’ho vissuta come una liberazione. Mi ero spinto un po’ oltre le mie intenzioni. Tutta la faccenda mi era un po’ sfuggita di mano. Non ero mica sicuro. Se non ci fosse stato Monti mi sarei sentito costretto a entrare in politica. Avevo alimentato speranze nelle persone che mi si erano fatte intorno» (a Salvatore Merlo).
• Indicato con insistenza come possibile ministro del nascituro governo Renzi (alle Attività produttive o al Made in Italy), fece sapere di non essere disponibile.
• Nel marzo 2014 fu confermato come presidente della Ferrari fino al 2016. Compenso ricevuto nel 2012 e nel 2013: 5,53 milioni di euro lordi l’anno (il terzo manager più pagato d’Italia). In attivo il bilancio 2013 del Cavallino: malgrado le vendite siano diminuite del 5,4% (6.922 vetture consegnate alla rete), il fatturato è salito a 2,3 miliardi (+5%), l’utile della gestione ordinaria a 363,5 milioni (+8,3%) e l’utile netto a 246 milioni (+5,4%). Tutti valori mai raggiunti prima, così come la posizione finanziaria industriale netta che, a fine 2013, è stata positiva per 1,36 miliardi.
• Nell’ottobre 2014 ha lasciato la presidenza della Ferrari a Sergio Marchionne, che lo aveva pubblicamente criticato al forum Ambrosetti di Cernobbio nell’agosto dello stesso anno. In quell’occasione Marchionne aveva dato atto a Montezemolo di aver fatto un «grandissimo lavoro» sui risultati economici e i volumi, «gli faccio i miei complimenti», però, per quanto riguarda la Formula 1, «l’obiettivo di Ferrari è quello di vincere. Vedere da anni la Ferrari in queste condizioni, avendo i migliori piloti, box di una qualità eccezionale, ingegneri che sono veramente bravi e vedere che non vinciamo dal 2008 no, non si può». La replica di Montezemolo, in un’intervista a Marco Mensurati nel maggio 2015: «Non ho nessuna intenzione di fare polemica. So di aver lasciato un’azienda sana, con più di due miliardi di liquidità in cassa, senza un euro di debito, e che era stata l’elemento chiave per il successo della quotazione di Fca, che porterà a un extra dividendo di due miliardi e sei, il cui 90% andrà alla Fca e il 10% a Piero Ferrari che intascherà 260 milioni. Però avevo il cruccio del 2014. L’unico vero fallimento della mia gestione. Ma sapevo di aver lavorato bene per il 2015».
• «Marchionne e Montezemolo, in pubblico si scambiano cortesie, ma in privato non si risparmiano frecciate. Al dissenso sotterraneo contribuiscono fattori diversi: la morte di Susanna Agnelli, l’ascesa di John Elkann che somiglia a una vera e propria presa del potere, la crisi economica. La conquista della Chrysler, mentre esalta il ruolo di Marchionne, mette in ombra quello di Montezemolo, anche perché intanto si crea un asse tra l’ad del Lingotto e John che nel 2009 assume la guida di Exor e nel 2011 quello di presidente della Fiat» (Salvatore Tropea).
• Per l’addio alla Ferrari Montezemolo riceverà una buonuscita di 27 milioni di euro (la metà da erogare in 20 anni). Percepirà «l’indennità di fine mandato attribuitagli sin dal 2003 e già descritta nella Relazione sulla Remunerazione pubblicata dalla società, pari a cinque volte la componente fissa della remunerazione annua di 2,7 milioni e quindi in totale di 13.710.000, pagabile nell’arco di vent’anni». A questa si sommano 13,2 milioni a fronte anche dell’impegno di Montezemolo di non svolgere attività in concorrenza con il gruppo Fiat sino al marzo 2017. La buonuscita si va ad aggiungere agli emolumenti passati. Montezemolo negli ultimi dieci anni, tra stipendi, stock option e bonus ha già incassato dalla Ferrari compensi per circa 112 milioni complessivi.
• «Lascia la Ferrari dopo 23 anni con una serie di record nel fatturato e negli utili, con 118 Gran Premi vinti, sei mondiali piloti e otto mondiali costruttori conquistati» (Vittorio Sabadin).
• Il 24 luglio 2015 è stato ufficialmente accolto nella Hall of Fame Automotive di Detroit, il più prestigioso club del settore automobilistico.
• Sposato con Ludovica Andreoni (stilista con laurea in Economia di 23 anni più giovane, vedi scheda), dalla quale ha avuto le figlie Guia (2001) e Maria (2003) e il figlio Lupo (2010). Se ne innamorò quand’era ancora fidanzato con Edwige Fenech (1983-1999), che però non gli serba rancore («Luca resterà nel mio cuore come un bel ricordo») e gli mandò un telegramma di felicitazioni il giorno delle nozze, celebrate nella chiesetta romanica di San Bartolomeo di Musiano sui colli di Pianoro, poco distante da Bologna. Testimoni per lui, l’Avvocato e Diego Della Valle; per lei Giovanni Malagò (che ha fatto conoscere la coppia) e Flavia Rebecchini. Tra gli invitati (in tight gli uomini, con gardenia bianca all’occhiello; in lungo le donne) Enrico Mentana, Carlo Rossella, Candido Cannavò, Paolo Fresco, Paolo Cantarella, Susanna Agnelli col figlio Cristiano Rattazzi, i fratelli Vanzina e Michael Schumacher (solo per la cena).
• Nel 1975 aveva sposato la regista Sandra Monteleoni (vedi scheda), da cui ha avuto il figlio Matteo (vedi scheda), nozze annullate dalla Sacra Rota: «Luca è l’uomo a cui ho voluto più bene, la persona più importante. Abbiamo molte affinità e abbiamo anche vissuto momenti meravigliosi. E mi ha dato uno splendido figlio. Il matrimonio è stato breve, ma ci eravamo conosciuti quando avevo 14 anni... È stato il mio primo ragazzo, appena arrivata a Roma da New York».
• Dalla relazione con la giornalista Barbara Parodi Delfino (Versailles 15 aprile 1959) è nata Clementina (1981).
• È nonno di Massimo e Andrea, figli di Matteo, e di Luce, che la figlia Clementina ha avuto dal gallerista Flavio Misciatelli.
• Nell’aprile 2013 ha creato il Trust Famiglia Montezemolo. Andrea Giacobino: «Il presidente della Ferrari ne è disponente mentre il trustee è Bim Fiduciaria, la fiduciaria di Banca Intermobiliare (gruppo Veneto Banca). Il primo asset trasferito da Montezemolo persona fisica al nuovo trust, oltre a 20 mila euro, è stata la quasi totalità del capitale di Fisvi, cassaforte del manager-imprenditore. In Fisvi il totale dell’attivo di 16 milioni è rappresentato dagli immobili che il presidente della Ferrari possiede nel centro di Roma e nella villa di Anacapri oltre alla controllata al 90% Fisvi Charter, ulteriormente finanziata per mezzo milione. L’atto di costituzione del trust spiega che, con questa forma societaria, Montezemolo “intende assicurare ai 5 figli in ogni momento tutto quanto loro necessiti per una vita serena e corrispondente alle loro aspirazioni”. Il trust è regolato dalla legge di Jersey (Isole del Canale) e suo guardiano è stato nominato Marco Nuzzo, da sempre vicino agli affari di famiglia del presidente della Ferrari».
• Il 7 maggio 2012 è stato condannato in via definitiva a un anno di reclusione (pena sospesa) per abusi edilizi nella sua villa di Anacapri.
Frasi «È il mio settimo successo costruttori e il sesto piloti. Negli ultimi 10 anni la Ferrari ha vinto più di quanto avesse vinto nei precedenti 50» (nel 2007 festeggiando il successo di Raikkonen nel mondiale di Formula 1).
• «Ad agosto, nei pochi giorni di pausa della Formula 1, invitavo sempre Michael e Corinna a casa mia, a Bologna. Venivano con Gina Marie e il piccolo Mick che aveva un anno o forse meno. Le serate erano molto luminose e cenavamo in giardino. In pochi lo sanno, ma Schumacher era, è, ossessionato dalle zanzare. E ricordo che continuava ad alzarsi per correre verso la culla di Mick che dormiva nel punto più fresco del patio e aggiustare la zanzariera. Si alzava anche cento volte a sera. Io e Corinna lo prendevamo in giro e ridevamo di lui. Se penso che adesso quel bambino va sul podio con lo champagne in mano e invece Michael…» (parlando di Schumacher, nel maggio 2015).
• «In F1 qualche soddisfazione me la sono tolta. Da Lauda e Regazzoni, da Schumacher a Raikkonen, ho vinto 19 titoli mondiali».
• «Io ho sempre avuto una grande passione per il marketing e la comunicazione. Giro, guardo. E applico le cose che ho capito».
• «Le aziende pubbliche sono discariche di politici trombati».
• «La labirintite mi farà cadere al centro».
Critica «Agnelli adottivo» (Giancarlo Perna).
• «Arriva Umberto Agnelli scortato da Luca Cordero di Montezemolo, che non è un incrociatore» (Fortebraccio).
• «Più che rappresentare tutto ciò che gli italiani vorrebbero essere, è tutto ciò che gli italiani “vorrebbero avere”» (Pietrangelo Buttafuoco).
• «Lo vedi quando entra in fabbrica, parla con l’ultimo operaio e lo chiama per nome e cognome. Ha una capacità di ricordare facce, nomi, ruoli e mansioni che ho visto solo in un’altra persona: Berlusconi» (Carlo Rossella).
• «È sempre stato un uomo affabile, sveglio e pratico. È cresciuto all’ombra di Agnelli. Fin troppo. Una decina d’anni più tardi, nella seconda metà degli anni Ottanta, l’allora amministratore delegato, un Cesare della finanza, il gladiatore Romiti, disse a proposito di poco edificanti avventure in Fiat: “Abbiamo pescato un paio di persone che pretendevano denaro per presentare qualcuno all’Avvocato. Uno dei due l’abbiamo mandato in galera, l’altro alla Cinzano”. Queste dichiarazioni erano in prima pagina su un quotidiano non del tutto clandestino, la Repubblica. Montezemolo, già dirottato alla Cinzano, con franchezza ammise: “È vero, ho sbagliato, per favorire il contatto con Gianni Agnelli mi son fatto dare 80 milioni nel cofanetto di un libro vuoto di Enzo Biagi”, formula quest’ultima che qualcuno definì “prettamente tautologica”» (Oliviero Beha).
• «Quando, a metà anni Novanta, Luchino era responsabile della Juventus, versò per l’acquisto di Dino Baggio quattro miliardi in nero su un conto svizzero. A denunciarlo ai giudici, fu lo stesso beneficiario e presidente del Torino, Gian Mauro Borsano. Montezemolo evitò la condanna per evasione fiscale grazie a una provvidente amnistia» (Giancarlo Perna).
• «Ha messo la faccia su una partita perduta, quando morto Umberto Agnelli, nessuno avrebbe scommesso un soldo su un titolo che andava precipitando sotto il suo valore nominale, e ha contribuito a tenere in piedi una famiglia di azionisti (gli Agnelli-Nasi) decisamente allargata. Certo, Montezemolo è un uomo molto pagato, ma se la Fiat fosse caduta, anche lui ne sarebbe stato investito. Nel suo genere – il consensus manager, l’organizzatore di sinergie – Montezemolo, pur con i suoi punti deboli, per esempio il suo tratto di comunicatore a volte troppo schematico, è uno che quando arriva il momento di pesare, di verificare il suo consenso, lo fa» (Il Foglio).
• «Conosco Luca da quand’era un bambino. È un uomo intelligente, colto, professionalmente preparato, sintetico. Poi, ha un’ultima grandissima qualità, è anche un uomo fortunato» (Maria Sole Agnelli).
• «È tutto tranne che uno sciocco, sa di essere un signore dell’alta borghesia, uno che organizza le riunioni della sua fondazione all’hotel Four Season. La politica non è per lui, lo hanno già inchiodato a battute come “I have a drink”, e al macchiettismo un po’ fru fru del “partito dei carini”» (Cesare Geronzi).
Tifo Bologna: «Ricordo come fosse ieri lo spareggio vinto contro l’Inter»; Lazio: «Andai a vivere a Roma dove tutti tifavano per la Roma, io per andare un po’ contro simpatizzai per la Lazio»; Juventus: «Prima quella di Sivori, Charles e Boniperti e poi quella di Platini, Scirea, Gentile, Tardelli, Zoff e Trapattoni».
• Nel 1993, quando il Bologna fallì, partecipò insieme all’amico Giuseppe Gazzoni Frascara (futuro presidente), alla cordata che fece rinascere il Bologna Football Club 1909. A Montezemolo andò l’incarico di vicepresidente onorario [Luca D’Ammando, Montezemolo, dalla Ferrari all’Italia, Lìmina, 2010].
Religione Cattolico. Nel dicembre 2005 portò in dono a Benedetto XVI un volante della F2004 di Schumacher con la dedica: «Il volante della F1 Campione del Mondo a Sua Santità Benedetto XVI, pilota della cristianità».