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 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Salvatore Contorno

• Palermo 28 maggio 1946. Pentito, a suo tempo mafioso. Detto Totuccio, soprannominato Coriolano della Foresta (come il protagonista dei Beati Paoli). Sposato con Carmela, un figlio, Antonello.
• Di professione macellaio, nel 75 viene affiliato da Stefano Bontate, il Principe di Villagrazia, alla famiglia di Santa Maria di Gesù. Dedito prima al contrabbando di sigarette poi allo spaccio di droga coi cugini Grado, diventa il braccio destro di Bontate, finché questo non viene ammazzato, il 23 aprile dell’81. È l’inizio della seconda guerra di mafia scatenata dai corleonesi contro i palermitani che non stanno dalla parte di Totò Riina, e perciò dello sterminio degli uomini d’onore della famiglia di Santa Maria di Gesù. Il 6 maggio si salva con intelligenza da una lupara bianca (rifiutandosi di presentarsi alla riunione indetta per un chiarimento nel baglio di Nino Sorci detto ‘ u Ricco, dove infatti entrarono senza uscirne vivi altri quattro uomini d’onore), e il 25 giugno sfugge con agilità a un agguato teso nel quartiere Brancaccio da Giuseppe Lucchese e Pino Greco detto Scarpuzzedda (che pur di ammazzarlo, a mitragliate, il 25 giugno 81, per poco non ammazzano l’amichetto undicenne di suo figlio, seduto al suo fianco in macchina).
• Riparato a Roma, il 23 marzo 82 si stava organizzando per uccidere un altro traditore di Bontate, Pippo Calò, quando viene arrestato dal funzionario di polizia Nicola Cavaliere e dal maresciallo Carlo Bertolini, detto Tassan Din, che seguendo le tracce di un macchinone blindato lo sorprendono nella fattoria dove si nascondeva, e nel garage trovano due auto blindate, due utilitarie, una “Smith & Wesson”, un fucile a canne mozze, pallottole di ogni calibro, due ricetrasmittenti e, fra i cavalli di una scuderia, 150 chili di hashish, due chili di eroina, 35 milioni di lire in contanti, documenti fasulli. In carcere comincia a fare da confidente al commissario di Palermo Ninni Cassarà, che ogni volta gli porta dalla Sicilia due cannoli siciliani (dalle sue dichiarazioni nel cosiddetto “rapporto dei 162”, dove in codice viene chiamato “Prima Luce”). Quando Tommaso Buscetta (il primo superpentito di mafia morto nel 2000 di cancro) rende le prime dichiarazioni al giudice Giovanni Falcone, nel luglio 84, i poliziotti vanno diretti da lui in carcere, in Toscana, per chiedergli di seguire il suo esempio. Prima di accettare Totuccio chiede di parlare con Buscetta nel suo rifugio segreto, e al suo cospetto si inginocchia ottenendone la benedizione (don Masino gli poggiò la mano sulla spalla e gli disse: «Cosa Nostra ormai è finita. Totuccio, puoi parlare»). In Italia non esiste ancora una legge sui collaboratori di giustizia, ma siccome Contorno sa molte cose anche sui fatti della Pizza Connection (un’indagine sul traffico di droga tra Usa e Italia iniziata nel 79), gli investigatori lo fanno inserire nel piano di protezione americano dei “ marshall . Completando le dichiarazioni di Buscetta con l’aggiornamento della mappa della Cupola, Totuccio consente 127 mandati di cattura (a carico, tra gli altri, anche di avvocati medici commercianti e perfino un nobile, il principe Alessandro Vanni Calvello). Per questo i corleonesi gli ammazzeranno chi dice una quarantina chi una trentina tra amici e parenti.
• Ripete tutto in aula durante il maxiprocesso, ma lo fa in un dialetto palermitano così stretto che i giudici devono nominare un interprete. Lui stesso viene condannato (a 6 anni).
• Il 26 maggio 89, quando dovrebbe trovarsi sotto protezione in America, viene invece arrestato in una villa bunker del cugino Gaetano Grado, a San Nicola l’Arena, in Sicilia, dove vengono trovate armi e munizioni (in quei mesi nel triangolo Bagheria-Altavilla-San Nicola c’erano stati una ventina di omicidi). Il mistero di come si sia potuto trovare in Sicilia all’insaputa delle istituzioni si intreccia col mistero del Corvo di Palermo, cioè l’anonimo che si prendeva la briga di spedire decine e decine di lettere in tutta la città per accusare poliziotti e magistrati, il giudice Falcone per primo, di avere richiamato Contorno per cercare i latitanti dandogli licenza di uccidere (sarà accusato, ma poi assolto in secondo grado un giudice di Palermo, Alberto Di Pisa). Dopo l’arresto (che porterà alla condanna solo dei cugini Grado), viene inserito nel programma di protezione italiano e si rimette a collaborare con la giustizia.
• Nell’aprile 1994 si salva da un altro attentato dei corleonesi (vicino alla sua villa a Formello, nella campagna intorno a Roma, dove grazie a una segnalazione i carabinieri trovarono nascosti tra le frasche settanta chili di esplosivo).
• A fine gennaio 97 viene arrestato con l’accusa di vendere droga alle prostitute del Villaggio Olimpico di Roma. Lo ammette: «Ma solo perché non avevo i soldi per vivere». Condannato a sei anni non ha mai scontato la pena.
• L’ultimo arresto il 3 dicembre 2004, per estorsione (aveva prestato 40 mila euro a un vecchio compagno di cella, e per farseli restituire lo stava costringendo a intestargli una lavanderia).
• «Ci usano come un limone e quando è finito il succo ci buttano (...) Sono pronto a mantenere l’impegno di collaborazione, ma penso che lo Stato non sarà all’altezza. I giudici (...) si ricordano di noi soltanto quando serve a loro. Ma non siamo delle cose appoggiate su un tavolino (...) Fiducia in Falcone non ne ho avuta mai, voglio precisarlo, ma a quel punto non avevo scelta o mi fidavo o mi ammazzavano in carcere. Falcone era un impiegato dello Stato, era nessuno. Non è che poteva dirmi: “Ti mando a casa”. A lui tante cose non le ho dette (...) ma gli ho detto sempre cose vere (...) Ci sarebbero tante cose da dire, se le cose si riprenderanno (...) io non vedo lo Stato deciso, vedo che i provvedimenti sono lenti e poco sicuri» (Totuccio Contorno intervistato nel 94 da Francesco La Licata). (a cura di Paola Bellone).