Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  maggio 28 Lunedì calendario

Biografia di Vittorio Colao

Brescia 3 ottobre 1961. Manager. Amministratore delegato di Vodafone. Ex amministratore delegato Rcs (2004-2006). «Sa qual è la prima regola di chi fa surf? Cavalcare l’onda, mai dominarla. Perché se cerchi di dominarla ti massacra».
Vita «Da ragazzo, sognava la carriera militare. Ha frequentato la scuola degli alpini e, per un certo periodo, è stato anche ufficiale dell’Arma dei carabinieri. Poi però le cose sono andate in un’altra direzione: la laurea alla Bocconi, il master in Business administration ad Harvard nel 1990, l’ingresso alla McKinsey prima come analista finanziario, poi come partner. L’anno della svolta è il 1996, quando diventa direttore generale Omnitel. E nel 1999, con l’improvviso addio di Scaglia, eccolo amministratore delegato. Prende in mano una società di telecomunicazioni cellulari che si chiama Omnitel, conta 2 mila dipendenti e fattura 200 milioni degli attuali euro. La lascia con il nome di Vodafone Italia (un’azienda gioiello che da sola rappresenta il 25% del cash flow dell’intero gruppo Vodafone), con 10 mila dipendenti e 7 miliardi di euro di fatturato. Per capire quale impronta lascia basta pensare ai tre soprannomi con i quali i dirigenti sintetizzano l’intera storia di quel miracolo industriale che è Omnitel: il Genio, il Mago, l’Internazionale. Dove il “genio” è Caio, l’uomo che ha “inventato” l’azienda dal nulla, il “mago” è Scaglia, il manager che l’ha fatta crescere da 300 mila a 8 milioni di abbonati, e “l’internazionale” è, appunto, Colao, quello che l’ha proiettata in una dimensione internazionale» (Giancarlo Radice).
• I due anni alla guida di Rcs non finirono bene: «Nel luglio 2004 Colao era arrivato in via Rizzoli come il grande risanatore dopo l’uscita del contestatissimo - dalla maggior parte dei soci - Maurizio Romiti. All’epoca si era anche parlato di una “buonentrata” milionaria per strappare l’ad di Vodafone Italia al suo posto e spostarlo dai telefonini alla carta stampata. Ma la luna di miele tra il manager di provenienza McKinsey e la compagine assai assortita di azionisti era durata davvero poco. Negli ultimi mesi - dopo che si erano acquietate le tensioni su Rcs legate alla presunta scalata di Stefano Ricucci - Colao, criticato da alcuni membri del patto, in tensione con il presidente della società Piergaetano Marchetti e con il direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli, accusato dalle rappresentanze sindacali di aver portato una robusta quanto sgradita dose di cultura e di uomini McKinsey nel gruppo, aveva trovato spazi di manovra sempre più stretti. A luglio 2006, poi, l’amministratore delegato era stato sostanzialmente “commissariato” dallo stesso patto di sindacato, che aveva deciso di affiancargli proprio Marchetti in un riesame di strategie e “governance” aziendale. Una mossa rispetto alla quale Colao aveva tratto immediatamente le conseguenze, annunciando nel giro di tre giorni le sue dimissioni dalla guida di Rcs» (Francesco Manacorda).
• Lo scontro finale era stato sull’acquisto del gruppo editoriale spagnolo Recoletos. «Il manager bresciano era convinto della valenza strategica dell’operazione, ma scettico sul prezzo. Lo stesso management di Mediobanca riteneva che valesse il 30% in meno. (…) Così nel 2007, subentrato l’attuale ad Antonello Perricone, fu completata l’acquisizione che oggi non ha retto alla prova dell’impairment, ma ha lasciato a Rcs l’eredità di un debito miliardario da rimborsare» (Antonella Olivieri).
• Contro Colao in particolare si erano coalizzati Tronchetti Provera, Diego Della Valle e Cesare Geronzi, all’epoca presidente di Capitalia, che poi in Confiteor (Feltrinelli 2012) ha ammesso «È stato un errore molto grave. Avremmo fatto meglio ad approvare l’acquisto della casa editrice francese Editis che lui aveva studiato, piuttosto che comprare la spagnola Recoletor, oggetto di tante delusioni».
• Tornato in Vodafone nell’estate 2006 come numero due mondiale e responsabile di tutte le attività europee, nel luglio 2008 succede all’indiano Arun Sarin, sedendosi al timone della seconda compagnia di telefonia mobile su scala mondiale, con 252 milioni di clienti, un fatturato di 35 miliardi in 27 paesi e una capitalizzazione di 99 miliardi di sterline: il manager italiano più in alto nel mondo.
• Nel 2013 ha concluso «l’operazione finanziaria del secolo» con la vendita del 40% di Vodafone a Verizon Wireless per 130 miliardi di dollari. «La bellezza di questo affare, è che ci permette di fare entrambe le cose: ricompensare gli azionisti e investire per crescere» [Micol degli Innocenti, S24 3/9/2013].
Negli ultimi anni ha tagliato i rami secchi in Francia e in Polonia. • «Ha dimostrato di essere un gran venditore, ma molti dubitano delle sue doti di compratore. Negli Stati Uniti ora è presente solo con la Cable & Wireless e deve recuperare gli introiti provenienti dalla Verizon Wireless. Dal Sud America è fuori. I nuovi mercati in via di sviluppo rallentano. E l’Europa diventa terreno di caccia per gli americani che vi stanno riversando i capitali in uscita dai paesi Brics. Insomma, la Vodafone ha bisogno di una nuova strategia» (Stefano Cingolani) [Pan 18/9/2013].
• «Detesta gli schemi»: in Vodafone decise che i dirigenti dovessero passare un giorno all’anno dietro il banco di un punto vendita di cellulari e un altro in un call center a prendere telefonate. «Da bambini, mentre giocavamo a mosca cieca sui prati di Desenzano, Vittorio Colao si divertiva col Piccolo chimico. A scuola era molto bravo, a ping pong addirittura imbattibile (più tardi lo è diventato anche a tennis). Rimasto orfano del padre quand’era adolescente, ha ricevuto un’educazione calvinisticamente severa e produttiva dalla madre, l’inflessibile Popi Pellizzari (...) Crescendo, Vittorio ha sviluppato un carattere appassionatamente onnivoro. Non potrà mai essere una persona tiepida, titubante, distaccata: non è nella sua natura (...) Il mondo dell’editoria lo ha appassionato (come la madre, è un gran lettore, e ancora adesso gli piace commentare i romanzi Bompiani che Elisabetta Sgarbi gli spedisce a Londra) e se ne è allontanato con dispiacere ma anche con un certo sollievo. Convinto che non ci sia futuro senza che si diffondano benessere e istruzione (lui stesso si è specializzato ad Harvard grazie a una borsa di studio), ha dato in beneficenza un terzo della sua liquidazione Rcs» (Camilla Baresani).
• «La sua azienda ha creato una Fondazione “per investire in progetti sociali nei mercati dove siamo presenti e nei Paesi emergenti, dalla Nuova Zelanda alla Romania al Sud Africa. D’altra parte è evidente che il settore pubblico, da solo, non ce la fa. E chiunque operi nel mercato sa bene che è l’integrazione di no profit e profit a rendere stabile una società”» (Gian Guido Vecchi).
• «Leale in amicizia e negli affari, non ha esitato a firmare una lettera aperta in favore della liberazione dell’ex patron di Frastweb, Silvio Scaglia, dopo che questi era stato arrestato a titolo preventivo, nella prigione di Rebibbia a Roma nel 2010, nel quadro di una vasta inchiesta per frode fiscale e riciclaggio. Quest’ultimo è stato scagionato dal tribunale di Roma dopo tre anni d’inchiesta» [Pierre de Gasquet, cit.].
• Sposato con Silvia Cassinis, da ragazza compagna di banco del fratello Paolo, ha due figli, che educa «con il rigore che gli è consono; al piccolo Edoardo, l’anno scorso, razionò i libri dei Gormiti, saga di gran successo che proprio lui aveva deciso di lanciare in allegato al Corriere. Gli ha spiegato che, comprati tutte le settimane, sbancano le famiglie».
• Amici: Giovanni Gorno Temprini, direttore generale di Mittel (insieme hanno studiato alla Bocconi e fatto il servizio militare), Silvio Scaglia, i banchieri ex McKinsey Corrado Passera e Alessandro Profumo.
Commenti «Probabilmente il difetto principale di Vittorio Colao va ricercato nella sua rigidità, nella fede giansenista nei confronti del mercato, nella ricerca ossessiva dei risultati a cominciare dal conseguimento del profitto. E nella presunzione di credere che la Rcs fosse un’azienda normale senza i miti e i riti di un gruppo industriale che presume di essere un’istituzione» (Giorgio Lonardi).
• «È uno dei nostri rari dirigenti ad avere una visione veramente internazionale degli affari, con un senso acuto del gioco di squadra e di strategia a lungo termine» (Rodolfo De Benedetti).
• «Con l’ad di Fiat Sergio Marchione e soprattutto con Mario Greco (Generali) e Andrea Guerra (Luxottica), due altri transfughi della McKinsey Italia, Colao incarna la nuovelle vague di dirigenti italiani decisi a rompere con un sistema di connivenze e di interessi incrociati, basati sulle relazioni personali e le amicizie politiche» (Pierre de Gasquet) [Les Echos, 21/10/2013].
Frasi I giornalisti: «Un investimento da mettere a miglior reddito. Per tutti i lavoratori, non solo i giornalisti, dovrebbe valere il modello spagnolo. Sopra una certa soglia di reddito, con tanto di ammortizzatori, si dovrebbe poter licenziare» (a Paolo Madron).
Vizi «Pennellone, come tutti lo chiamano per via dei 192 centimetri di statura, detesta i salotti mondani quasi quanto i convegni dai titoli più pensosi. Lui non gioca a golf. Pedala in bicicletta. Non ha la barca a vela. Va in wind-surf. I goal del Milan li guarda sul sito della Gazzetta dello Sport. Al sushi preferisce la pizza, gli hamburger e le patatine (...) Un po’ maniacale, per esempio, capace di inserire al primo punto nella scaletta delle cose da discutere con i manager dopo una pausa festiva la voce “Ciao, come stai?” (“Per non dimenticare di chiederlo”, spiegherà lui stesso) (...) Morigerato: con la moglie e i due figli piccoli è abituato a fare la spesa al supermercato. Abitudinario: immutabili weekend nella casa materna di San Gerolamo di Lonato, a due passi da Desenzano (...) Capace di sfuriate memorabili (“Senti un po’” è l’esordio telefonico che annuncia niente di buono)» (Stefano Livadiotti).