28 maggio 2012
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Biografia di Sergio Cofferati
Sesto ed Uniti (Cremona) 30 gennaio 1948. Politico. Europarlamentare del Pd dal giugno 2009. Sindaco di Bologna dal 2004 al 2009. Ex segretario della Cgil (1994-2002). «Ma una volta, quando eravamo piccoli, gli sceriffi non erano buoni?».
• Vita «Sono nato in un mulino nei giorni della merla». Il padre si chiamava Pietro: «È morto nel 1970. È di quella generazione a cui il secolo breve ha tolto una parte robusta di vita, perché fece il militare di leva, tornò a casa e partì per la guerra d’Africa, tornò dall’Africa e partì per la Russia. Quando le guerre finirono aveva almeno visto un po’ di mondo e sapeva solo che non voleva fare più il contadino. Fece il muratore, e poi il magazziniere a Milano (presso l’ospedale dell’azienda tranviaria, ndr). A dieci anni diventai un bambino di città». La madre, Norina, lavorava nell’osteria di famiglia: «È una deliziosa donna che vive sola a Milano e che ha una sua particolare riservatezza. Da quando ho un’attività pubblica, non mi ha mai chiesto nulla. Osserva, ma non chiede».
• Bambino taciturno, passava quasi tutta la settimana presso il nonno oste: «Agli inizi degli anni Cinquanta, nei paesi di campagna, l’osteria era il luogo elettivo di socializzazione. La mia curiosità delle cose e del mondo si è esercitata lì per anni. Dall’osteria passavano tutte le classi sociali, i proprietari terrieri, i professionisti, i contadini. A volte rimanevano distanti, a volte si mischiavano col gioco delle carte o con la chiacchiera serale. Era un mondo di soli uomini, le donne si vedevano poco. Solo la domenica mattina si fermavano con i mariti a bere un bicchiere di moscato. Era un luogo maschile, anzi maschilista per definizione, ma mia madre lo governava assieme ai fratelli con grande autorevolezza. Poi l’incanto dell’osteria finì con l’arrivo della televisione. Mio nonno resistette per un po’, ma il giovedì e il sabato nessuno veniva più. Si arrese».
• Dopo le elementari e le medie si iscrisse all’Istituto tecnico Feltrinelli, dove si diplomò perito elettrotecnico. Due anni di università (Matematica), lasciò dopo aver incontrato il sindacato e il Movimento studentesco di Mario Capanna (nella squadra 5, quella che si occupava della propaganda politica nella zona Niguarda - Bicocca). Assunto alla Pirelli Bicocca nel 1969 come impiegato addetto al cottimo, cioè il cosiddetto “marcatempo”: «Era un ruolo delicato e impegnativo, utile proprio alla tutela del lavoratore».
• Nel 1972 entrò nel consiglio di fabbrica della Pirelli e si iscrisse al Pci. Eletto delegato di fabbrica, dal 1976 si dedicò interamente al sindacato. Segretario della Cgil milanese, poi membro della segreteria nazionale dei Chimici (Filcea-Cgil), nell’88 si trasferì a Roma e divenne segretario nazionale della Filcea. Nel 1994 diventò segretario nazionale della Cgil: «Comincia il mito del Cinese (il soprannome che gli ha guadagnato il particolare taglio degli occhi, ndr), duro avversario del governo Berlusconi, ma fermo anche nelle trattative con i successivi governi e nei rapporti con i leader della sinistra» (Esp).
• «Riformista, Cofferati era stato sempre. Allievo di Napolitano, leader dei chimici – categoria tradizionalmente non certo estremista –, da segretario della Cgil aveva tenuto una linea opposta a quella di Bertinotti, che guidava la componente di sinistra. Cofferati uomo della concertazione (“un destro”, disse Fausto); Bertinotti delle rotture (“uno che firma intese e poi appoggia gli autoconvocati”, disse Sergio). “Vecchi rancori dei tempi del sindacato” dichiarò Pierluigi Bersani all’Unità per spiegare i rapporti tra i due; al che Bertinotti rispose perfido che “io mi scontravo semmai con Bruno Trentin”» (Aldo Cazzullo).
• «L’ho conosciuto a giugno del 1999 nel corso della trattativa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Mi sono convinto che sia un grande negoziatore: quando chiude una partita con un successo, è il momento in cui lui alza la posta» (Andrea Pininfarina).
• Salito al governo Berlusconi (2001) e montando l’ira della sinistra radicale contro i leader di partito, responsabili secondo loro di tutte le sconfitte, Cofferati diventò idealmente il punto di riferimento di questi spezzoni di arrabbiati scegliendo come terreno di battaglia l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, quello che impedisce ai datori di lavoro di licenziare e che il Cavaliere s’era intestardito di abolire. Su questo, il segretario della Cgil fece scendere in piazza tre milioni di persone (Roma, Circo Massimo, 23 marzo 2002) che gridavano «Tu sì, tu no/articolo 18 non ci sto».
• «Berlusconi ha proposto un cambiamento minimo: le imprese con quindici dipendenti che volessero assumere più persone non dovranno attenersi all’articolo 18. La reazione di Cofferati è stata di sdegno istrionico. Lui non sarebbe rimasto in disparte mentre i diritti dei lavoratori venivano calpestati. Ha convocato lo sciopero generale. Ha invitato i sostenitori del centrosinistra a una mobilitazione di massa, a cui hanno partecipato milioni di persone. Tutti sono stati d’accordo sul fatto che il significato della campagna era molto più vasto della singola questione: se Cofferati fosse riuscito a fermare Berlusconi sull’articolo 18, poteva riuscirci anche sulle cose davvero importanti» (Joe Klein). Spaventati dal seguito di Cofferati, Bertinotti e D’Alema reagirono con una mossa a tenaglia: l’articolo 18, che vietava i licenziamenti, lasciava però mano libera agli imprenditori che avessero meno di 15 dipendenti. Bertinotti fece sapere che avrebbe proposto un referendum abrogativo di questa parte della legge: costretto a pronunciarsi, Cofferati, da riformista moderato qual è, disse che, se il referendum fosse stato indetto, si sarebbe astenuto. Non era quello che il popolo del Circo Massimo si aspettava di sentire. D’Alema allora, completando il gioco, gli offrì di candidarsi a sindaco di Bologna, contro Giorgio Guazzaloca, l’uomo che aveva a suo tempo strappato la città alla sinistra. Cofferati, che aveva bisogno di una via d’uscita, accettò.
• «A sinistra, c’è un caso misterioso, l’affare Cofferati. Un incidente di percorso che rimane oscuro a noi italiani. Non si capisce cosa sia successo tranne il fatto che uno invece di diventare capo della sinistra di opposizione è diventato sindaco di Bologna» (Erri De Luca).
• Vinto al primo turno (56 per cento dei voti), Cofferati ha nuovamente sorpreso tutti, proclamandosi paladino della legalità e facendo la guerra ai lavavetri, ai graffitari, ai bivacchi in centro, agli occupanti di case, ai romeni accampati abusivamente lungo il Reno ecc. Il 2 novembre 2005 fece votare un ordine del giorno sulla legalità, incassando il voto contrario di Rifondazione. Il giorno dopo gli fu recapitato in ufficio un pacco bomba, fortunosamente neutralizzato da una segretaria (in una videocassetta erano stati stipati 60 grammi di polvere e innesco).
• Nonostante con il motto “legalità e sicurezza sono valori di sinistra” si sia avviato «per una strada lungo la quale l’hanno poi raggiunto tutti, Veltroni perfino» (Federico Geremicca), da allora i sondaggi hanno mostrato una perdita di consensi del “sindaco-sceriffo”: «A sentir lui non è cambiato niente. È sempre lo stesso: i diritti, la legge come garanzia di tutela dei più deboli, come strumento di eguaglianza sociale. Ma a seguirlo dal trasferimento da Roma a Bologna via Milano, Sergio Cofferati, ora sindaco della città felsinea, sembra il prototipo darwiniano dell’evoluzione della specie condizionata da fattori ambientali. Eppure - teorizza fin dai primi giorni del suo mandato - non c’è differenza tra la battaglia sull’articolo 18 e quella sulla legalità. Che non è legge e ordine, ma legalità e solidarietà. Una coniugazione “di sinistra” di uno slogan con copyright destrorso (Alberto Orioli).
• Dopo le ripetute accuse di «scarsa propensione negoziale» in Consiglio comunale, di «autoritarsimo» sui provvedimenti contro il degrado cittadino e soprattutto dopo la sottoscrizione del “Patto sulla legalità” con An, nell’ottobre 2007 Rifondazione Comunista, Verdi e Sinistra Democratica uscirono dalla giunta Cofferati limitandosi a un appoggio esterno.
• «È anche questo modo di fare – aspro fino all’eccesso - ad appesantire le critiche che gli indirizzano, e a testimoniare addirittura - secondo alcuni – della fondatezza dell’accusa capitale che gli vien mossa: di non amare Bologna, di non essersi integrato e, a dirla tutta, di non avere alcuna voglia di farlo (...) La sensazione è che i rilievi circa l’”estraneità” di Cofferati rispetto alla città, non è che non siano magari fondati, ma servano soprattutto a rafforzare obiezioni ben più politiche: che riguardano la collisione cercata con la sinistra radicale sul tema-sicurezza e il vizio d’origine d’esser stato scelto dai soli ds come candidato sindaco, nella città di Prodi» (Federico Geremicca).
• Polemiche anche con la Lega dopo l’accordo con il Centro di cultura islamica per la costruzione di una mega-moschea.
• Nell’ottobre 2008 fece sapere di non volersi ricandidare alle amministrative 2009.
• Tra i 45 membri del Comitato nazionale del Pd, all’indomani della sconfitta elettorale del 2008 lanciò l’idea (con Massimo Cacciari) del Partito democratico del Nord ovvero di un partito «dove la dimensione federativa non è la regione, ma sono le macro-regioni».
• Dal 2013 ha una rubrica di commento politico sul sito Blitz quotidiano, Le opinioni di Cofferati. Si è detto contratrio al governo di larghe intese guidato da Enrico Letta: «Fossi stato un eletto al Parlamento nazionale anziché a quello europeo, non avrei votato la fiducia a Letta, questo governo è l’ultimo errore di una lunga catena».
• Nel 1970 sposò Daniela Grazioli, sperimentatrice di terapie antidolore in campo pediatrico (cattedra a Imola) nata nel suo stesso paese e conosciuta all’età di 16 anni, ne ha avuto il figlio Simone (1972) e un grande sostegno (dato che Cofferati non guida, la moglie gli ha fatto anche da autista). Rottura nel 2005. Dal settimanale Oggi del 17 marzo 2005: «Raffaella Rocca, 34 anni, genovese, impiegata nelle relazioni esterne del Teatro Stabile di Genova, naso importante su un viso ovale e regolare, capelli neri e lisci lunghi alle spalle, finora sposata con un funzionario di banca. Di lei s’è innamorato il sindaco di Bologna Sergio Cofferati, 56 anni, che alle persone più vicine avrebbe confessato: “Non avrei creduto che alla mia età potessero accadere certe cose; invece ci si può innamorare in ogni momento: a me è successo”. L’incontro, la primavera scorsa quando Cofferati, ancora aspirante sindaco, fece organizzare a Bologna una kermesse dello spettacolo con attori di tutta Italia. Nonostante i pettegolezzi, la storia è rimasta segreta fino a domenica 27 febbraio, quando al Teatro Comunale di Bologna, durante la prima di Pierino e il lupo, sono stati visti far capolino dal buio di un palco». «La loro storia è una di quelle che hanno fatto parlare l’Italia, suscitando commenti in stile bar sport e più dotte riflessioni sugli “amori difficili” dei leader, soprattutto se di sinistra (con Fabrizio Rondolino che rispolverava un lungo elenco di vicende sentimentali, da Togliatti a Occhetto, sullo sfondo della “reticenza dal sapore moralistico” del vecchio Pci)» (Gabriela Jacomella). Il 13 novembre 2007 è nato all’ospedale Galliera di Genova il figlio Edoardo.
• Frasi «A quelli della Cgil ho insegnato molto. Il guaio è che poi hanno dimenticato tutto».
• «Fare il sindaco è molto bello e impegnativo. Ma in comune con l’attività di un sindacalista non c’è nulla. Richiede la pazienza di ascoltare tutti, ma anche di assumersi la responsabilità di scegliere».
• «C’è una specie di auto-giustificazione della sinistra di fronte alle proprie insufficienze. Visto che non riesco a incidere sulle radici sociali dell’illegalità, visto che non riesco a rispondere ai bisogni del povero, gli dico “arrangiati, e io chiudo un occhio”».
• «Il modo con il quale cerchi di dar peso alle tue opinioni – le forme di lotta che usi, insomma – non è mai irrilevante rispetto al consenso e al risultato finale».
• Critica «È stato un grande leader sindacale. Che ha perso però un’occasione storica e ha impresso anche una battuta d’arresto alla linea politica della sinistra. Un’occasione che nessuno prima di lui, da Giuseppe Di Vittorio a Luciano Lama e Bruno Trentin, ha avuto: è stato a capo del sindacato della sinistra quando la sinistra era al governo, ma non ha usato il potere del sindacato per sostenere un processo di riforme, bensì per bloccarlo» (Franco Debenedetti).
• «A molti politici ogni tanto scappa il famoso “io amo questo paese”, no? Bene: se a Cofferati scappasse di dire “io amo Bologna” la città non gli crederebbe, perché non gliel’ha mai dimostrato» (Gianfranco Pasquino).
• «In piazza Verdi non esiste legge, per quanti ruggiti faccia Sergio Cofferati, leone sdentato che non mette paura nemmeno al cane più pulcioso dei punkabestia» (Camillo Langone).
• «È un mistero. Cinque anni fa sembrava che avesse il Paese in mano, che riuscisse a tenere insieme l’orgoglio di appartenenza e l’innovazione contro gli apparati. Tutti eravamo lì pronti a seguirlo. E poi... un mistero» (Michele Serra).
• «Cofferati ci vuole tutti a letto presto» (scritta su un muro di Bologna).
• «È la coscienza di destra del governo di sinistra» (Luca Casarini).
• Vizi Si è scelto come biografo, e come giornalista preferito, Luca Telese (La lunga marcia, Sperling & Kupfer 2003), all’epoca cronista politico del Giornale: «Gli ha confidato i rimpianti di ex artigliere, le emozioni del matrimonio in Comune, i brividi di famiglia, e così, giorno dopo giorno, ha costruito il proprio mito sul giornale di quel nemico di classe col quale dice che non bisogna neppure trattare» (Francesco Merlo).
• «Quando lavorava al sindacato dei chimici, Sergio teneva sotto la scrivania un’enorme palla di almeno un metro di diametro, muovendo la quale teneva in esercizio le gambe» (Giuliano Cazzola).
• «Allibirono i sindaci e i dignitari di partito quando, in una cena nella Bassa, lo videro versare un bicchiere di vino rosso nel brodo dei tortellini. Lui, per difendersi ieraticamente, raccontò senza convincere gli stupefatti astanti, che è una vecchia e nobile tradizione contadina chiamata “Sorbir d’agnoli” mischiare il vino col brodo per poi sorbirlo in piedi, con le spalle rivolte all’interlocutore, in segno di rispetto, visto che la mistura rilascia un odore piuttosto acre. Edoardo Raspelli gli dà ragione» (Alberto Statera).
• Adora i fumetti (in particolare Tex Willer) e l’opera lirica (in particolare Verdi). Sui fumetti: «Da ragazzo adoravo il Superbone del Monello che era disegnato da Erio Nicolò. Poi ho fatto tutto il percorso del Linus di Oreste Del Buono». «Tex è una figura positiva: si schiera sempre con i più deboli ed è a favore delle minoranze». Sulla musica: «Ho conosciuto prima Rigoletto di Cappuccetto rosso e a quattro anni ascoltavo rapito “Bella figlia dell’amore”. Però non disdegno affatto le altre forme musicali e sono innamorato del rock, specie di quello di Springsteen e dei primi U2». Una passione anche per Philiph Dick, «ingiustamente considerato un autore di fantascienza», e per il cinema di impegno civile, «sia nelle forme leggere alla Full Monthy, sia in quelle più impegnate come Il posto nell’anima» (a Stefania Rossini).
• Tifo Cremonese e Inter: «Tra Luciano Lama e me – lui juventino e pucciniano, io interista e verdiano – era polemica sempre».
• «Quando ero segretario dei chimici conoscevo i Moratti, ma niente è paragonabile al legame tra Agnelli e Lama».