28 maggio 2012
Tags : Antonino Cinà
Biografia di Antonino Cinà
• Palermo 28 aprile 1945. Mafioso, discendente di famiglia mafiosa (operante fin dagli anni Sessanta). Indicato col numero 164 nei pizzini usati da Bernardo Provenzano per comunicare durante la latitanza. Detenuto dal 20 giugno 2006.
• Medico analista, lavorava presso il reparto di Neurologia dell’Ospedale Civico di Palermo. Il suo numero di telefono fu trovato in un covo di mafia da Boris Giuliano, allora capo della Squadra mobile di Palermo (ammazzato da Leoluca Bagarella il 21 luglio del 79). Inizialmente prestava assistenza sanitaria, anche di pronto soccorso di urgenza dopo conflitti a fuoco, in favore di uomini d’onore. Poi diventa medico di fiducia di latitanti eccellenti, come Totò Riina, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano. Per questo viene arrestato per la prima volta il 23 febbraio 93 (accusato dal pentito Balduccio di Maggio), e condannato in via definitiva per associazione mafiosa (pena espiata). Viene incarcerato di nuovo per associazione mafiosa nel 2000, accusato dal pentito Giovanni Brusca di avere scritto il Papello, cioè la lista delle richieste rivolte allo Stato da Totò Riina dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio. Condannato in primo grado, viene scarcerato prima della sentenza definitiva, e sottoposto, nel 2002, alla misura di prevenzione del soggiorno obbligato a Palermo per cinque anni (con imposizione di una cauzione di diecimila euro).
• A Palermo si dà da fare per tenere i rapporti tra Antonino Rotolo, capo mandamento di Pagliarelli (condannato all’ergastolo, fingendosi malato nel 2003 ha ottenuto gli arresti domiciliari), e Giovanni Mercadante, deputato alla Regione Sicilia per Forza Italia. Si tratta di pilotare il concorso di primario del reparto di Neurochirurgia dell’Ospedale Civico e far candidare al Consiglio comunale Marcello Parisi (nipote di un boss legato a Rotolo). Nel frattempo continua a curare Provenzano nel suo rifugio segreto, ma la fiducia nei suoi confronti si incrina, quando sia lui che Rotolo vorrebbero che Provenzano autorizzasse l’eliminazione di Salvatore Lo Piccolo, capo mandamento di San Lorenzo, latitante. Cinà perché ambisce al mandamento di San Lorenzo, Rotolo perché teme il ritorno degli Inzerillo in Sicilia voluto da Lo Piccolo (vedi Antonino Rotolo). Nel 2005 i due sono intercettati da una microspia in un capanno di lamiera a dieci metri da casa di Rotolo, mentre si accordano nel senso di fare un ultimo tentativo di convincere Provenzano e, in caso contrario, di rompere con lui.
• Sta per scoppiare un’altra guerra di mafia, quando (20 giugno 2006) scatta l’operazione “Gotha” (52 misure di custodia cautelare, di cui 45 eseguite). Cinà viene arrestato per associazione mafiosa, e con lui anche Rotolo e Francesco Bonura (tutti e tre accusati, nell’ordinanza di misura cautelare, di far parte di un ristretto direttorio di Cosa Nostra). Il 24 febbraio 2012 è diventata definitiva la condanna a 16 anni di reclusione per associazione mafiosa con il ruolo di dirigente.
• Il 7 giugno 2007 gli è stata notificata in carcere un’altra ordinanza di custodia con l’accusa di concorso nell’omicidio di Giovanni Bonanno, vittima di lupara bianca l’11 gennaio 2006 (reggente del mandamento di Resuttana, era stato punito per essersi appropriato di somme provenienti da estorsioni di competenza di altre famiglie, che invece servivano ad assicurare la Mesata ai parenti dei detenuti). Condannato all’ergastolo per l’omicidio, la sentenza è diventata definitiva il 19 maggio 2011.
• Quando, intercettato da una microspia nel capanno di lamiera di Rotolo, commenta un fatto di cronaca avvenuto a Rio de Janeiro, dove un ramo della polizia deviata ha fatto un raid uccidendo 34 delinquenti: «La chiamano squadra della morte, e sono sbirri che hanno questa… questo scopo, minchia. Ma questa volta il presidente del Brasile li sta cercando, vuole sapere chi sono perché dice “questa storia deve finire”, è un fatto di civiltà… Se tu sei con la divisa, tu a me mi devi venire a prendere… quando mi devi venire a prendere».
• Il 7 marzo 2013 è stato rinviato a giudizio dal GIP di Palermo Piergiorgio Morosini per il reato di violenza e minaccia a un corpo politico (processo sulla c.d. trattativa Stato-Mafia) (a cura di Paola Bellone).