28 maggio 2012
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Biografia di Fabrizio Cicchitto
• Roma 26 ottobre 1940. Politico. Capogruppo del Pdl alla Camera dal maggio 2008 al marzo 2013, dal 7 maggio 2013 presidente della III commissione Affari esteri e comunitari della Camera. Eletto deputato nel 2001, 2006, 2008 e 2013 con Forza Italia (di cui è stato vicecoordinatore) e Pdl, nel novembre 2013 aderì al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Nel 1976 e 1979 deputato per il Psi, senatore nel 1992.
• Laurea in Giurisprudenza, specializzazione in Economia, «durante la Prima Repubblica è uomo di punta della sinistra lombardiana, la corrente “pura e dura” del Psi che per molti anni non entrò al governo per distinguersi dal resto del partito. Nel Psi l’ascesa si interrompe appena il suo nome viene scoperto nelle liste della P2 di Licio Gelli: Cicchitto è peraltro uno dei pochissimi ad ammettere francamente di aver aderito e di aver fatto una sciocchezza. Ritorno sulla scena soltanto alla fine degli anni Novanta, quando approda in Forza Italia, dove inizia una graduale scalata, fino a diventare vicecoordinatore del partito, una sorta di “numero cinque” nella gerarchia interna, dietro il presidente Silvio Berlusconi, il vicepresidente Giulio Tremonti, il portavoce Paolo Bonaiuti e il coordinatore Sandro Bondi» (Fabio Martini).
• Tra le pubblicazioni: Il G8 di Genova (Bietti 2002, è stato anche componente della Commissione d’inchiesta), Il paradosso socialista. Da Turati a Craxi a Berlusconi (Liberal 2003), L’uso politico della giustizia (Mondadori 2006). Direttore dell’Ircocervo, rivista trimestrale dei riformisti, liberalsocialisti e cattolici liberali.
• «La mia fede è la tenerezza dei tuoi sguardi» (Sandro Bondi a Cicchitto).
• «Secondo chi lo conosce meglio, Fabrizio Cicchitto non è per nulla ostile al Cav come parrebbe dal suo atteggiamento. Anzi. Essendo però iracondo, è anche in lite con le buone maniere e appare stizzoso. D’animo, tuttavia, è buono. Cicchitto passa per portabandiera dei “governativi” – Alfano, Lupi & co. – con i quali in realtà nulla ha da spartire né per storia politica, democristiani loro, socialista lui, né per età: i suoi 73 anni, contro i 40-50 dei ministri. Anche per questo ha stupito, dopo lustri di berlusconismo senza macchia, la sua recente smania di staccarsi dal Cav. Ma più che amore per gli alfaniani lo ispira la diffidenza verso i cosiddetti falchi del Pdl. (…) Il Cav è un ottimista. Cicchitto un catastrofista al cubo. Questo li differenzia aldilà dell’affetto. Se Fabrizio addenta una mela, dà per certo che ci sarà il verme. È quest’ansia a renderlo pensoso, distratto e a tratti iroso. (…) Fabrizio fu il primo ad accorgersi che le cose con Gianfranco Fini non andavano per il verso giusto. Ammonì il Cav, allora premier, a non tirare la corda perché al governo e al Pdl convenivano l’armonia. Fece lo stesso con Gianfranco e altrettanto inutilmente. Quando finì a torte in faccia, Cicchitto disse oracolare: “Poi dicono che sono pessimista. Mille volte di più devo esserlo”. La vita del Nostro non è stata facile. Di origini molisane, ma nato a Roma, Fabrizio frequentò il classico al Liceo Dante Alighieri, nel quartiere Prati, e si laureò in Legge alla Sapienza. Si appassionò di Economia e, avendo già la tessera Psi, entrò nell’ufficio studi della Cgil. Era un massimalista seguace di Riccardo Lombardi, il duro pugliese che aveva preteso la statalizzazione dell’elettricità, uomo onesto e paracomunista. Cicchitto fu, con Claudio Signorile, il giovane più in vista della congrega. Arrogante, vestito col gilè, sdottorava nel partito e sui giornali. Era la pupilla degli occhi di Lombardi e a 36 anni, nel 1976, fu eletto deputato. Confermato nel ’79, incappò nello scandalo P2. Nel Psi, c’era una lotta per bande. Sentendosi indifeso, nel dicembre 1980 Fabrizio cercò “protezione” nella Loggia di Licio Gelli. Con una iella stratosferica, che ha poi nutrito il suo pessimismo cosmico, gli elenchi segreti con il suo nome furono scoperti dopo meno di tre mesi. (…) Tutte le cariche che aveva nel Psi furono congelate e per anni fu dimenticato. La sola cosa che non si fece mancare durante il purgatorio furono le belle donne. Strinse una relazione con l’affascinante femminista, Marta Ajò, da cui ebbe una figlia. Sposò poi l’attuale moglie che sembra una modella. Tornò in politica nel 1992, ripescato da Craxi che lo fece eleggere senatore. Fabrizio, che in gioventù lo aveva combattuto, gliene fu grato rimanendogli fedele nella disgrazia fino alla morte. Solo dopo, quando ogni speme di rifare il Psi, era tramontata, si avvicinò al Cav e al centrodestra. Il Berlusca lo rispedì alla Camera, dov’è da quattro legislature col Pdl, affidandogli i massimi incarichi. (…) Fabrizio è uno stakanovista sulle quattordici ore, metà delle quali passa urlando con i collaboratori ma senza creare rancori essendo arcinote le sue fisime. L’unico modo che ha per distendersi è andare al tirassegno a sparare con la pistola. Dopo cinquecento colpi e dieci sagome crivellate, è in pace con se stesso. È forse connessa a questa abitudine una certa durezza di orecchio. Di certo, il suo udito preoccupò parecchio il Cav quando lo spedì in missione al Quirinale ai tempi dello spread impazzito nel settembre 2011. “Purché si metta l’apparecchio acustico”, sospirava il Berlusca che sapeva quanto Cicchitto fosse restio a mostrarsi con l’aggeggio ma consapevole di quanto fosse necessario che cogliesse ogni sussurro di Napolitano. Mandò messaggeri per raccomandarsi che però Fabrizio spedì all’inferno, lasciando insoluta la questione. Tanto che, per ore, mentre si svolgeva il colloquio sul Colle, risuonò in ogni stanza di via dell’Umiltà (vecchia sede del Pdl) l’angosciata domanda: “Ce l’avrà o no l’amplifon?”. La mansione, in ogni caso, fu svolta felicemente. Cicchitto è un romanista perso. Quando la “maggica” gioca in casa è sempre allo stadio. Se ha di fronte un laziale lo mette in croce e l’ex capufficio stampa del Pdl, oggi deputato, Luca D’Alessandro, è laziale. Una volta che D’Alessandro prese una settimanella di vacanza, mentre lui lo voleva accanto sé, profittò dell’assenza per fargli dipingere in giallorosso le pareti dell’ufficio, a mo’ di punizione. Quando l’altro, di ritorno, vide lo scempio del locale, il suo cuore laziale gli comandò di non entrare, a costo di licenziarsi. Così Cicchitto, ancora a spese sue, richiamò i pittori e, abbracciando Luca, gli ripristinò la stanza. (…)» (Giancarlo Perna) [Grn 11/11/2013].
• Romanista.
• Sposato con Manuela. In precedenza una relazione, e una figlia, con Marta Ajò.